Ha suscitato molto scalpore la vicenda, tutta americana, della lezione sul David di Michelangelo. Il capolavoro italiano è stato trattato alla stregua di un’immagine scandalosa, di un contenuto inappropriato per l’età di riferimento dei giovanissimi alunni. L’episodio in questione appare surreale e grottesco, ma non dovrebbe suscitare eccessiva sorpresa in un osservatore acuto e attento dei nostri tempi. Assistiamo a un progressivo proliferare di immagini crude, spesso violente: nel mondo della rete e dei social, in modo particolare, il cattivo gusto imperversa senza limite e ritegno, testimoniando una problematica assuefazione alla bruttezza etica, artistica e culturale nella sua accezione più ampia.
L’uomo contemporaneo nutre quotidianamente, tanto il corpo quanto l’animo, di immoralità diffuse, di capricci adolescenziali, di paure e timori, di violenze terribili: si è lentamente abituato al gusto del veleno, diventandone dipendente per la propria sopravvivenza. Ci si accontenta di sopravvivere, conducendo un’esistenza priva di slancio vitale, di bellezza e di conoscenza. Pur non essendo fatti per vivere da bruti, parafrasando il Sommo Poeta, l’umanità si avvia gioiosamente, e in modo del tutto inconsapevole, lungo un sentiero pericoloso, smarrendo se stessa a ogni passo, nell’oblio del pensiero, della giustizia e della verità. Assistiamo, pertanto, a una disumanizzazione profonda e radicata, una spoliazione delle identità, una dimenticanza della storia, un letargo della filosofia: un’involuzione pseudoculturale della specie, soprattutto in Occidente.
L’etica generale e astratta ha divorziato dalla morale storicamente determinata, l’arte dalla rappresentazione del verosimile e del bello, l’indagine scientifica dalla metodologia rigorosa, la politica dal servizio agli uomini. La sfida del domani abita il presente: recuperare il legame fondativo tra bellezza e virtù, tra spirito e carne.