Miriam Candurro, napoletana, madre di due bambini, non è soltanto uno dei volti più belli della televisione (da otto anni è nel cast fisso della soap “Un posto al sole”, e ha partecipato, fra le altre cose, a più serie di “Capri” e “Don Matteo”), che può vantare anche alcuni ruoli cinematografici e molte esperienze da fotomodella (è “ambassador” per marchi di vestiti e gioielli). Ha all’attivo un romanzo per Garzanti (“Vorrei che fosse già domani”) e ne sta preparando un secondo; scrive dei corsivi per Repubblica; e la sua grafomania le ha dato lo spunto per una bella pensata, nel tragico frangente dell’emergenza per il coronavirus. Con un amico torinese, Andrea, ha sviluppato la loro corrispondenza da due parti tanto diverse dell’Italia, per creare un sito che raccogliesse racconti di vita vissuta da vari luoghi della Nazione (dalla Lombardia, il suo intervistatore ha potuto contribuire con la pagina del giorno 33, pubblicata il sabato di Pasqua col titolo “Il cambiamento”). Ciò ha portato all’esperienza di 1000kmrossi.com: il “Diario degli Italiani”.
Il motivo dichiarato di “1000 km rossi” è la raccolta di voci, testimonianze riguardo come gli italiani vivono l’emergenza del coronavirus. Quale però è stato lo spunto che ha fatto scattare l’idea?
Lo spunto è stato una serie di lunghi messaggi tra me e Andrea, proprio le prime ore dopo il lockdown. Messaggi in cui ci scambiavamo paure, perplessità, dubbi, emozioni. Non era destinato alla rete, inizialmente. Ma quando abbiamo iniziato a capire che le nostre emozioni erano le stesse di tantissimi altri italiani, allora abbiamo pensato di condividerlo. Ma non ci aspettavamo che qualcuno rispondesse con il proprio diario. Quella è stata la vera sorpresa.
Miriam scrive da Napoli, Andrea da Torino. Avete notato qualcosa riguardo la provenienza dei diari, qualche zona ha risposto più di altre? Penso in particolare al fatto che Miriam è tanto legata alla sua città, ma non vi si chiude (come dice lei stessa, “trottolina sempre in viaggio”): così come i progetti televisivi cui partecipa (“Un posto al sole”, “I bastardi di Pizzofalcone”) hanno una chiara identità locale, ma un pubblico nazionale. È stato così anche con i diari?
La provenienza ha dato una piccola sfumatura di colore, ma c’è un’uguaglianza di fondo tra i temi trattati e il modo di affrontare la quarantena. La famosa “Livella” ha permesso di essere tutti sullo stesso piano, non solo umanamente ma anche geograficamente.
Ci sono dei tratti in comune fra i diari che ricevete? E vi sono state, invece, delle particolarità?
Abbiamo iniziato a conoscere chi c’era dietro i singoli diari dal modo in cui ognuno raccontava la sua quotidianità. Quindi pur raccontando giornate apparentemente identiche, le voci sono assolutamente personali: c’è Marcello, il praticante avvocato; Giulia, la scrittrice; Francesca, che lavora in una struttura per anziani, Maria Rosaria, una mamma. Tante voci diverse, un’unica storia.
C’è un elemento, oltre all’iniziativa che state svolgendo, che vi fa vivere bene questa situazione d’isolamento e di emergenza, qualcosa che in questo periodo potete valorizzare?
Il tempo dedicato alla riflessione. Una pausa da tutti ma non da noi stessi. Un momento di confronto con la propria natura, nel silenzio irreale di questi due mesi.
Cosa invece vi manca dell’era pre-virus?
La semplicità di movimento, di azione. Non sappiamo cosa succederà il 4 maggio, ma sicuramente ripartiremo con più fatica.
1000 km rossi avrà un seguito? Cosa ne resterà, sarà raccolto in un qualche progetto? O magari continuerà alla fine del “lockdown”?
Il blog chiuderà al giorno 60 [N.d.C.: il 7 maggio], includendo quindi i primi giorni di fase 2. Non sappiamo ancora cosa ne faremo, per il momento sarà stato un modo per unire 1000 km di racconti, di vite, di storie. Lo lasceremo aperto, in modo che ognuno possa continuare a tenersi in contatto, visto che sono nate amicizie virtuali tra i vari scrittori. Poi vedremo il tempo cosa ci porterà.
Si può tracciare, per usare un termine brusco, un “bilancio” di questo progetto?
Il bilancio di questa esperienza è del tutto positivo, dal punto di vista personale, privato e pubblico. Personale perché non credevo di riuscire a scrivere con costanza ogni giorno di questa quarantena. Privato perché ho messo fuori una quantità enorme di emozioni che, sono certa, mi servirà rileggere in futuro ogni volta che “perderò la rotta”. Pubblico perché credo che, in un momento di sconforto, sia stato importante per ognuno di quelli che hanno scritto in questi 60 giorni, avere un piccolo blog su cui raccontarsi in piena libertà e confrontarsi con altri.
Molte grazie a Miriam Candurro, Andrea Bello e 1000kmrossi.com