Chissà se Neil Simon, l’autore de la Strana Coppia – la celeberrima commedia di Broadway poi cult movie con Jack Lemmon e Walther Matthau – avrebbe immaginato una vicenda come quella dei due coinquilini Donzelli-Delmastro e del pasticcio politico-istituzionale che hanno combinato. Senza nulla togliere a Lemmon e Matthau, però, anche i nostrani Totò e Peppino potrebbero essere un riferimento adeguato per la vicenda, ben descritta dalla secolare saggezza popolare partenopea: a fessa mano `e creature…
Il fatto è oramai arcinoto: Donzelli-Lemmon e Delmastro-Matthau, due lanciatissimi luogotenenti di Giorgia Meloni assurti a posizioni di grande responsabilità istituzionale (a rising tide lifts all boats direbbe JFK) – l’uno vice presidente del Copasir l’altro sottosegretario alla Giustizia – vivono a Roma sotto lo stesso tetto. A quanto pare, però, invece di parlare della lista della spesa, delle pulizie o dei costi delle bollette come fanno di solito i coinquilini, la strana coppia discute di affari di stato e di documenti che dovrebbero restare riservati. E dopo averne discusso ben bene uno dei due, non si capisce se e quanto coscientemente, pensando di mettere in difficoltà l’opposizione decide di spiattellare in Parlamento le notizie riservate di cui è venuto a conoscenza.
Apriti cielo, ovviamente: invece di impallinare lui l’opposizione è l’opposizione che impallina lui, quindi il suo coinquilino e di riflesso il governo mettendo in imbarazzo anche il Presidente del Consiglio (che però ha fatto orecchie da mercante). Al fatto, oggettivamente grave per molti motivi, si aggiungono poi le molte toppe, peggiori del buco, maldestramente cucite sullo sbrego istituzionale nell’affannoso tentativo di rimediare in qualche modo. Alla fine, per il bene comune governativo, è stato il Ministro della Giustizia Nordio, col quale la strana coppia forse non è del tutto in sintonia, a lanciare un cavilloso salvagente che è in realtà più che altro una foglia di fico: “la natura del documento non rileva e disvela contenuti sottoposti al segreto investigativo o rientranti nella disciplina degli atti classificati”.
In pratica, dice il ministro, le esternazioni parlamentari di Donzelli-Lemmon non sono coperte da segreto né di stato né investigativo e non sono neppure classificate per motivi di sicurezza nazionale. Tanto basta al capogruppo di FDI alla Camera per annunciare trionfalmente che “la partita sul caso Donzelli è chiusa […] Ora la sinistra si scusi e si vergogni per l’odio alimentato contro di noi” (un po’ di vittimismo non fa mai male).
Me è proprio così? La questione in realtà è più complessa e si presta a considerazioni meno superficiali, sia di natura tecnica che politica. Innanzitutto se la partita sia chiusa o meno lo dirà la magistratura, attivata da un esposto del verde Angelo Bonelli (e finire in un fascicolo della procura per via di uno come Bonelli fa già abbastanza ridere).
Tecnicamente che il contenuto dei documenti riferito da Delmastro-Matthau a Donzelli-Lemmon non fosse formalmente classificato significa poco. Esiste innanzitutto il dovere di carattere generale, imposto anche a chi occupa cariche o incarichi pubblici come in questo caso Delmastro, di non comunicare all’esterno dell’amministrazione notizie o informazioni riguardanti l’esercizio della funzione pubblica o comunque relative all’attività dell’amministrazione. Oltretutto in questo caso esisteva anche la specifica raccomandazione del DAP, cioè l’amministrazione di provenienza, di mantenere i documenti “a divulgazione limitata”, quindi non “divulgabili né cedibili a terzi, pur non essendo secretati”. Saranno quindi i magistrati a stabilire se le confidenze tra roommates poi strombazzate in parlamento possano eventualmente costituire, quanto meno a carico del sottosegretario, un’ipotesi di reato (art. 326 cp).
Ma la questione giuridico-formale, sulla quale insiste la difesa politica dei due coinquilini, è solo una parte del problema, nemmeno la più rilevante. Vi sono altre considerazioni più sostanziali. A cominciare dalla faciloneria e dalla superficialità di chi, trovandosi a ricoprire incarichi di grande responsabilità, non riesce a capire il confine tra affari di Stato e affari di partito, convinto -evidentemente – che una volta piazzati nella stanza dei bottoni gli uni possano essere usati a piacimento per gestire gli altri.
Vale per il sottosegretario che confida al coinquilino informazioni sensibili e vale per il coinquilino che crede di poterle usare come una clava contro gli avversari politici, ottenendo oltretutto l’effetto contrario. Impreparazione (altro che “siamo pronti”), improvvisazione, incapacità di fare il salto di qualità che le circostanze richiederebbero ad un sottosegretario con una delega pesante e al vice presidente del comitato parlamentare di controllo degli apparati di sicurezza dello Stato che ci riportano inevitabilmente al proverbio napoletano di cui sopra.
Per non parlare del favore fatto al PD, che invece di ritrovarsi in imbarazzo per un’iniziativa maldestra e strumentale – Alfredo Cospito era stato spedito al 41 bis dal governo Draghi di cui Orlando era ministro – si è visto servire su un piatto d’argento la possibilità di attaccare il governo. Già, perché Serracchiani, Orlando e Verini, i tre amigos piddini che si erano precipitati a rendere omaggio in carcere a Cospito nel tentativo di strumentalizzare la sua protesta (ci sono altri 32 detenuti in sciopero della fame, ma di questi il PD non si intessa) avevano finito per fare da sponda, più o meno involontariamente, a camorristi e mafiosi desiderosi di abolire il regime del 41 bis intrattenendosi anche con loro durante la visita.
Solo che invece di rendere conto del loro comportamento ambiguo ed azzardato si sono ritrovati, con validi motivi, ad accusare ed inveire contro il governo efficacemente supportati dalla cagnara strumentale del baraccone mediatico. Cioè da giornalisti abituati a pubblicare senza scrupoli né remore qualsiasi documento riservato o segreto gli venga recapitato, per qualsiasi motivo, sulla scrivania ma che nella circostanza si scandalizzano come verginelle finite per caso in un bordello. Conseguenza inevitabile della sguaiataggine di certe iniziative e di un modo di fare politica che privilegia il baccano, la provocazione, la battuta estemporanea, la trovata ad effetto ad una seria analisi delle questioni, alle idee, alla preparazione.
Col risultato di trasmettere all’esterno una sensazione di precarietà, improvvisazione e inadeguatezza testimoniate anche dalle molte contraddizioni e marce indietro di questi primi e contraddittori 100 giorni di governo. In ogni caso almeno un effetto questa vicenda lo avrà: come nella commedia e nel film la strana coppia si separerà: Delmastro-Matthau ha dichiarato che lascerà la casa che condivide con Donzelli-Lemmon. Speriamo almeno che trovi anche lui una Gwendolyn e una Cecily.
Che la questione sia stata affrontata con superficialità e sotto gli occhi di tutti ma il pericolo è di guardare il dito e non la luna. Partendo mettendo in ordine cronologico i fatti a partire dall’inizio dello sciopero della fame di Cospito coincidente con l’insediamento del governo Meloni i dubbi che una manovra atta a colpire il governo (mano giudiziaria) Meloni possa essere orchestrata non è del tutto peregrina a partire dalle incomprensibi posizioni politiche del P.D. in merito al 41 bis anche se non è una novità, (non mi sembra che le condizioni carcerarie abbiano mai destato particolare attenzione nel P.D. negli ultimi 10 ani di governo) ma certo esistono diversi elementi che potrebbero far sospettare verso questa ipotesi. Non è un segreto che il governo Meloni possa costituire per diversi motivi “contrarietà” in Europa e più segnatamente in Francia (Algeria/Libia) e i coinvolgimenti dei servizi stranieri in Italia non è purtroppo una novità e guarda caso il movimento anarchico è esteso in diverse nazioni d’Europa, poi gli interessi mafiosi sull’ abrogazione del 41 bis e evidente, e porterebbe tramite pentiti colpire allo scopo il governo Meloni a cominciare da Matteo Messina Denaro.Non è nuova la tecnica usata spesso non senza risultati, certo è solo una ipotesi complottista ma è innegabile che diversi elementi potrebbero confluire per lo stesso obbiettivo. Questione esilarante e che si discuta su delle “rivelazioni” non rivelazioni, credo non ci voglia Scherlook Olms per capire che i mafiosi sono felici se venisse abrogato il 41 bis quindi inutile che Donzelli abbia rivelato i colloqui tra detenuti prestando il fianco alle critiche ma, sicuro è che sospendere il 41 bis per Cospito per motivi di salute equivarrebbe alla abrogazione. E soprattutto vorrei capire cosa pensa nel merito il Dott. Weilbacher sul 41 bis e la redazione più in generale.