Due fatti di cronaca, e due aneddoti nei quali lo scrivente chiede lo si lasci indulgere. Settembre 2019, test d’ingresso delle facoltà italiane di medicina: solo un candidato su sei supera la prova di cultura generale. Cinque aspiranti medici su sei non sanno chi fosse l’ayatollah Khomeini. Pochi giorni dopo: dalla Mostra di Venezia, il sedicente paladino antimafia Roberto Saviano, prezzolato per sponsorizzare la liberalizzazione delle droghe (e altri fattori di degrado, come il traffico di esseri umani), bercia che la cocaina va legalizzata – noncurante né del fatto che un eroe antimafia autentico (e per nulla avvezzo ai tappeti rossi), Paolo Borsellino, argomentò che il narcotraffico aumenta laddove lo stato legalizza la vendita di stupefacenti; né dell’incremento d’incidenti stradali per consumo di dette sostanze laddove lo si sia legalizzato; né di tragedie direttamente legate alla cultura dello sballo e allo sfacelo di un’intera generazione, come il massacro di Corinaldo dello scorso anno.
Settembre 2018, Università degli Studi di Genova, durante un esame per la specialistica in storia dell’arte. Siamo in tre, perciò la professoressa ci fa sostenere l’esame nel suo studio: un interrogato per volta, gli altri due a far da testimone. Per cavalleria accordo la precedenza alle due fanciulle. La docente chiede a una delle due chi fosse Aby Warburg, e costei lo ignora (come se uno studente di psicologia non conoscesse Sigmund Freud – lacuna in effetti frequente tra gli allievi del figlio peggiore della splendida Vienna). Anziché invitarla a ripresentarsi (o meglio ancora, a sparire dall’ateneo per sempre), la gentildonna dice brevemente alla studentessa di chi si trattava. Chiede poi il perché del trasferimento del Warburg Institute da Amburgo a Londra; di fronte alla confusione della studentessa, prova a imboccarla: scusi, perché i discepoli, per lo più ebrei, d’un compianto maestro ebreo se ne vanno dalla Germania nel 1933? Boh… scusi, che succede nel 1933 in Germania? La guerra… Voto: 26.

Non pretendo che una laureata alla triennale, che inevitabilmente conseguirà anche la laurea specialistica, arrivi a dire “Hitler diventa cancelliere”; ma almeno che sappia che la Prima Guerra Mondiale va dal 1914 al 1918 e la Seconda dal 1939 al 1945; e se proprio intende passare per secchiona, che in entrambi i conflitti l’Italia partecipa con un anno di ritardo. Nell’università di oggi non lo si può pretendere. Qualche anno fa, una studentessa così sarebbe stata allontanata con ignominia; e la società tutta avrebbe evitato un tassello scadente nella propria classe dirigente.
Che lo studio sia il solo strumento valido di promozione sociale lo diceva Antonio Gramsci, non un Bernie Sanders qualsiasi. Ma ahinoi i maestri delle nuove generazioni sono questi; e maestri scadenti istruiscono allievi scadenti.
Lo stesso ’68 che ha prodotto Sanders ha creato la convinzione che un medico possa non sapere chi sia Khomeini… tanto in sala operatoria mica si parla della rivoluzione iraniana! Ma il medico – come la bi-laureata in scienze umanistiche ignara delle guerre mondiali – dovrebbe far parte della classe dirigente; e una classe dirigente all’oscuro degli sconvolgimenti in Medio Oriente può essere tanto stupida da credere che un signore di Wall Street possa essere un rivoluzionario di sinistra. Il vento fa il suo giro.
Maggio 2019: appena dopo le elezioni europee ne parlo con una fervente progressista, la quale nel fiasco (l’ennesimo) di +Europa vede il segnale dell’abbruttimento dell’elettorato italiano, e in me un buzzurro fascista con problemi di comprendonio (una tesserata del medesimo partito me ne ha attribuiti di apprendimento), perché non capisco cosa ci vuole per migliorare la nazione e il mondo: diritti civili, droga libera, accoglienza e meticciato, e farla finita con le destre. Le ho chiesto se sa che la sinistra autentica e migliore non ha mai posto le problematiche LGBT nella propria agenda (anzi, il PCI ha spesso avuto atteggiamenti omofobici, si pensi solo all’emarginazione di Pasolini – diversamente da quel buzzurro fascista dello scrivente, che non è stato né sarà mai omofobico); e tanto meno ha fatto dell’accoglienza agli immigrati una priorità – anzi, la sinistra internazionale migliore ha sempre saputo che si tratta di un business globalista; che la liberalizzazione della droga avrà, e sta già avendo, effetti sociali disastrosi, e che interessa soltanto a chi ci specula (e l’assioma “se comporta un guadagno si può fare” è in linea col livellamento verso il basso cominciato col ’68), e che è una fandonia il teorema per cui “fare controllare il traffico dallo stato significa far perdere un guadagno alla mafia” (California, Nevada, Canada, Uruguay: non appena la droga “leggera” è stata legalizzata, il narcotraffico ha incrementato i propri affari); e che la sinistra (quella autentica) nulla c’entra con un partito che in materia economica propugna il liberismo.
Perché, detto con il massimo rispetto e tutta la cordialità possibile, ritenersi di sinistra votando un partito liberista significa non avere una cognizione nemmeno scarsa di cosa siano la politica, il partito in questione e l’economia; se a ciò si aggiunge la pretesa di trattare con sufficienza l’elettorato avverso, la combinazione d’impreparazione e arroganza è micidiale. Non per nulla il partito che, stando alla signorina “open-minded” (e in quanto tale, ortodossamente allineata al pensiero unico), dovevo guardarmi bene dal criticare, propugna l’eliminazione degli studi umanistici. Stando infatti alla sua leader, le università non solo italiane, ma europee devono smettere di distrarre risorse per insegnamenti inutili, decorativi: si producano soltanto funzionari! Tutti ragionieri, produci-consuma-crepa!
Gli utili idioti del globalismo rifiutano di capire che privilegio sia, vivere in un paese il cui patrimonio artistico stacca qualsiasi altro non di qualche lunghezza, ma in progressione esponenziale. Se ne fregano di vivere a un paio, tre o quattro ore di treno da Venezia, Firenze o Roma: loro sono il nuovo che avanza della canzone dei pessimi Stato Sociale – il nulla, il vuoto, la volgarità compiaciuta, il progressismo ottuso che cancella il bello.
Non siamo più sull’orlo del precipizio: stiamo cadendo nel baratro.
La sfida culturale, e soprattutto educativa, non è tra destra e sinistra: la destra partitica è a oggi persino più inadeguata che in pieno berlusconismo; la sinistra invece non è più parte in causa. L’avversario non è la “cultura di sinistra”: è il globalismo.
Il patatrac del governo gialloverde non ha solo riportato Salvini a quel che era due anni fa (un politicante tanto ambizioso quanto imbranato), ha anche fatto crollare le possibilità d’un rilancio delle politiche educative. Il ministro Lorenzo Fontana ha avuto soltanto il tempo di patrocinare un evento molto brutto (il congresso sulla famiglia a Verona): male, malissimo, perché le sue proposte sono rimaste tali.
I cattivi maestri sono tornati subito alla ribalta. La Cirinnà ha immediatamente sventolato il suo programma di distruzione del tessuto sociale: paccottiglia arcobaleno, porti aperti e droga. Inaspettatamente la pattuglia della Bonino è rimasta indietro (strano, sono sempre così attratti dalle maggioranze di comodo): ma non smettono mai, i devoti della pacifista che pretese il bombardamento della Serbia, prezzolati come lei dal nefando Soros, di chiedere la liberalizzazione della droga; la chiede Cappato, non pago d’essersi fatto pubblicità col povero DJ Fabo; la chiede Della Vedova, uno che è passato da Fini a Monti alla Bonino e in tutti questi passaggi non ha mai trovato il tempo per fare il politico, perché troppo impegnato a sponsorizzare la legalizzazione della droga, su commissione del bieco Ethan Nadelmann e della Drug Policy Alliance (l’organizzazione che, col benestare di Obama, ha sommerso di droga gli USA, con sulla coscienza l’aumento dei decessi da overdose e tanti ringraziamenti dalla criminalità organizzata).

L’emergenza educativa non è una peculiarità per fazioni religiose o politiche, ma questione di civiltà; e la battaglia contro il globalismo è salvaguardia del mondo civile. Si ripete la frase di Chesterton: si dovranno sguainare spade per difendere l’ovvio… al 2019 i cultori del brutto hanno demolito buona parte dell’ovvio. La Lega salviniana si è detta paladina del “buon senso”, ma ha distrutto il castello di carte. La destra meloniana si ammanta di slogan, ma rifiuta pervicacemente consigli e critiche costruttive.
Si fa così sempre più forte l’offensiva dei Gog e Magog in sedicesimo, che mandano avanti la loro truppaglia – i prosaici, i qualunquisti, gli sballati, i conformisti del venerdì e del sabato sera, gli studenti ossessionati dallo spritz e dal fumo, il vuoto pneumatico della Generazione X e dei “millennials”, gli “hipster” e i semicolti, gli “open-minded” che parlano per anglismi e frasi fatte e si fanno pre-confenzionare la visione del mondo da Selvaggia Lucarelli, da Wired e dall’Huffington Post, gli apologeti del meticciato e gli sfruttatori dell’invasione, gli spacciatori, i cretini senza memoria storica, gli odiatori della tradizione artistica. Sono i soldatini incaricati di costruire un nuovo, bruttissimo mondo. Arcobaleni, droga e sotto-istruzione per distruggere la civiltà. Gli stregoni della Open Society e schifezze affini non si dolgono di mettere le grinfie su di un mondo rovinato: l’importante è impadronirsene.
Noialtri dovremmo dolercene – preventivamente, per non dover piangere quando sarà troppo tardi.
a me questo articolo sembra scritto da uno di estrema sinistra: omofilo, contro il convegno veronese sulla famiglia, contro Salvini, addirittura pensa bene di warburg, che e’ l’idolo della sinistra pseudocolta e riteneva la civilta’ dei pellerossa della stessa dignita’ del rinascimento. La ‘mia’ destra e’ l’opposto: orgogliosamente omofoba, a favore della famiglia tradizionale, penso bene di Salvini e non penso neanche un poco che warburg fosse un genio.
Corso, legga bene il passaggio del nostro collaboratore:«Settembre 2018, Università degli Studi di Genova, durante un esame per la specialistica in storia dell’arte. Siamo in tre, perciò la professoressa ci fa sostenere l’esame nel suo studio: un interrogato per volta, gli altri due a far da testimone. Per cavalleria accordo la precedenza alle due fanciulle. La docente chiede a una delle due chi fosse Aby Warburg, e costei lo ignora (come se uno studente di psicologia non conoscesse Sigmund Freud – lacuna in effetti frequente tra gli allievi del figlio peggiore della splendida Vienna). Anziché invitarla a ripresentarsi (o meglio ancora, a sparire dall’ateneo per sempre), la gentildonna dice brevemente alla studentessa di chi si trattava. Chiede poi il perché del trasferimento del Warburg Institute da Amburgo a Londra; di fronte alla confusione della studentessa, prova a imboccarla: scusi, perché i discepoli, per lo più ebrei, d’un compianto maestro ebreo se ne vanno dalla Germania nel 1933? Boh… scusi, che succede nel 1933 in Germania? La guerra… Voto: 26.
Dunque nessuna eligia del personaggio ma solo la constatazione (amara) del disastro educativo italiano. Rilegga (meno frettolosamente) anche i passi su Verona etc. Cordiali saluti.
analisi esemplare della nazione che ostinatamente continuiamo a chiamare italia.
Per non parlare dell idiozia dei mezzi di informazione nel giro di 24 ore hanno trasformato Conte da personaggetto opportunista in Statista con visione europea e i 5 stelle, Grillo e via dicendo in patrioti che comprendono le necessità vere del paese. (concessioni autostradali docet) neanche la piu’ pervicace propaganda fascista sarebbe riuscita in una cosi vomitevole giravolta. Complimenti al codazzo opportunista della categoria che ostinatamente definiamo “giornalisti” ma che sarebbe da qualificare in opportunisti lecca…..
Buongiorno sig. Corso e grazie della critica.
Come notato dal mio direttore, non intendevo elogiare Warburg (cui tributo comunque una certa grandezza), quanto far notare quanto sia scadente l’insegnamento universitario: non si pretende nemmeno che una studentessa di storia dell’arte sappia chi sia il fondatore (perché Warburg, piaccia o non piaccia, questo è) della disciplina in oggetto.
Abbiamo due modi diversi d’intendere la destra.
Cordialmente,
de Brabant
Moltissime grazie dell’apprezzamento, gentile sig. Baraldi.
Sarò sintetico.
Non c’è nessun cedimento, nell’analisi giustamente spietata di De Brabant, ad un’ “altra” destra ( in odore di eresia?)
Il suo articolo resta lucido, tagliente, necessario.
E bene fa Marco Valle a sostenerlo.