“Non abbiamo più niente da perdere, perché abbiamo già perso tutto”. Da Tiro ad Akkar, da Nabatiyé a Saïda, dalla capitale a Békaa, Jbeil, Tripoli e Batroun, una folla inferocita si è riversata per le vie e piazze delle città libanesi per manifestare contro una classe dirigente sempre più considerata origine e causa della crisi che avvolge il Paese dei cedri da oltre un anno e mezzo. Continua intanto il crollo della moneta locale: al mercato nero un dollaro è ormai scambiato alla cifra record di 10mila lire libanesi, un record – in negativo – senza precedenti.
Unico punto di riferimento per gran parte della popolazione (cristiana ma anche islamica e drusa) rimane il patriarca maronita Béchara Raï. Il 28 febbraio scorso il religioso è intervenuto davanti a una folla di quindicimila libanesi riuniti nel cortile esterno del patriarcato maronita, a Bkerké (a nord di Beirut). Poche parole ma chiare: “Non voglio più uno Stato nello Stato, né un esercito parallelo all’esercito”. Da tempo il patriarca denuncia la deriva istituzionale che dallo scorso agosto — con le dimissioni del governo di Hassane Diab dopo la terribile esplosione nel porto di Beirut — impedisce la formazione di un “governo di scopo”. Una paralisi istituzionale che impedisce la ripresa economica e finanziaria del Libano e un “colpo di Stato” strisciante attuato da Hezbollah e dai suoi alleati cristiani di Courant patriotique libre, il partito del presidente Michel Aoun.
La soluzione, per Béchara Raï e per i gruppi della società civile che lo sostengono, è sancire la “neutralità” del Libano. Maturata da mesi, questa proposta è stata trasmessa dal capo della Chiesa maronita al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Commentando l’iniziativa, il redattore capo del quotidiano L’Orient-Le Jour, Elie Fayad, ha scritto: “Non è certo solo come capo della Chiesa che Béchara Raï ha parlato sabato. Lo ha fatto soprattutto come capo dell’istituzione che ha voluto e creato l’entità libanese moderna nella sua pluralità”. Il capo della Chiesa maronita chiede anche l’applicazione delle risoluzioni internazionali riguardanti il Libano, la delimitazione dei suoi confini con la Siria e una soluzione radicale al problema della presenza in Libano di rifugiati siriani e profughi palestinesi, tra 1,5 e 2 milioni di persone secondo statistiche non ufficiali. Idee e proposte condivise pienamente dai partiti cristiani (Forze libanesi e Kataëb), sunniti, (Courant du Futur di Saad Hariri) nonché da molti gruppi multireligiosi.