Può piacere o meno, ma una cosa è certa: Matteo Renzi è fra i pochi politici che non le mandano a dire. Non è tipo che si nasconde e sfugge alle critiche. Le sue esternazioni non sono mai banali. E se è riuscito persino a trasformare una certa inclinazione egocentrica, supponente e talvolta presuntuosa in abbondanti dosi di antipatia, non per questo ne vanno sottovalutate le doti di mattatore, di personaggio a volte scomodo a volte utile, comunque unico nel teatrino della politica italiana. Gli va dato atto di essere riuscito ad attraversare confuse e contradditorie stagioni della politica senza mai rinunciare a quel marchio da guastafeste che gli hanno appiccicato addosso più gli “amici” che gli avversari. Dove il termine amici, debitamente virgolettato, sta ad indicare la schiera dei malpancisti che nel Pd gli hanno fatto la guerra, dopo i nefasti esiti di un referendum talmente personalizzato da svuotarne il significato e il valore riformatore. Esiti che ne hanno segnato il destino e il percorso. Ma non è di questo che qui ci interessa parlare, bensì del suo ultimo libro dal titolo, al tempo stesso provocatorio ed efficace, Il Mostro.
“Sono un uomo felice”, confessa Renzi all’inizio. ”La lamentazione di chi si compiace nel farsi compiangere non mi appartiene. Io sono altro, io sono altrove. Io sono felice. E questo mi fa vivere bene, affrontando anche una mole di ingiustizie e di scandalose aggressioni che mi hanno trasformato agli occhi di molti italiani in un mostro. Gli americani la chiamano “character assassination”: è la distruzione della reputazione delle persone. In una stagione della storia in cui il mi piace sembra essere l’unica cosa che conta, la distruzione della reputazione è un danno enorme”. La reputazione appunto. Quel sentimento valoriale che ogni politico dovrebbe avere a cuore e salvaguardare. Renzi lo fa, con coraggio e senza infingimenti, con un libro-denuncia. Un libro in cui “racconto dei fatti. Atti e fatti. Non ci sono commenti, suggestioni, analisi sociologiche. Ci sono dei dati di fatto”.
Quali fatti e quali atti? “Hanno arrestato i miei genitori con un provvedimento subito dopo annullato, hanno sequestrato i telefonini ai miei amici non indagati, hanno cambiato nomi nei documenti ufficiali per indagare sulle persone a me vicine, hanno scritto il falso in centinaia di articoli, hanno pubblicato lettere privatissime tra me e mio padre, mi hanno fotografato negli autogrill e mentre uscivo dal bagno di un aereo, hanno controllato e pubblicato tutte le voci del mio estratto conto, hanno violato la Costituzione per controllare i mie messaggi di Whats-App, hanno coinvolto strutture dei servizi di intelligence non solo italiani. Io non voglio fare la vittima. Voglio raccontare ciò che è successo dicendo perché ho scelto di combattere a viso aperto contro le ingiustizie. Perché ho scelto di denunciare in sede civile e penale, convinto che la legge sia uguale per tutti. Per i politici, certo. Ma deve essere uguale per tutti davvero, anche per certi magistrati, anche per certi giornalisti”.
Renzi mira dritto al tema di fondo: lo scontro magistratura-politica. Uno scontro sempre raccontato con una voce sola. Come in un film western: da una parte i buoni (i magistrati) dall’altra i cattivi (i politici). Un “film dell’orrore”, scrive. Una sorta di “pensiero unico che vuole la politica colpevole di tutto e i magistrati simbolo della santità e della perfezione”.
Di chi la colpa di una tale trasfigurazione delle realtà? Per l’ex presidente del Consiglio non ci sono dubbi: “Il principale colpevole di questo racconto è la pavidità pigra e mediocre della classe politica prima ancora che il protagonismo di qualche toga: è la paura che fa la differenza in questi casi. Troppi scelgono il silenzio perché temono conseguenze più gravi. Perché troppe volte la classe politica per convenienza o per viltà ha chinato il capo. E molti politici hanno accettato uno strisciante e sottile ricatto: starsene zitti e buoni nella convinzione che la campana sarebbe suonata per gli altri. Da anni ci sono forze politiche che confondono la giustizia con il giustizialismo. Che scambiano la trasparenza con la gogna. E che in nome del tutti colpevoli, nessuno onesto hanno ridicolizzato il servizio della cosa pubblica arrivando al paradosso per cui in pochi pagano davvero. E quelli che pagano spesso pagano per tutti”
Forte di questa convinzione che, ammettiamolo, non fa una piega, soprattutto dopo le clamorose rivelazioni dell’ex presidente dell’Associazione magistrati, Luca Palamara, sul “sistema” corrotto e corrosivo della magistratura e del Csm, suo organo di controllo, Renzi snocciola le questioni che lo hanno visto sul banco degli imputati. A partire dalle indagini sulla fondazione Open, quella che organizzava la manifestazione Leopolda, accusata di finanziamento illecito, come fosse il luogo in cui si organizzava una corrente del Pd, e quindi un partito politico. Tesi successivamente affossata dalla Cassazione che ha definito l’attività istruttoria del Pm di Firenze “un inutile sacrificio di diritti”. “La Cassazione – scrive ancora Renzi – per cinque volte dà torto ai PM, ma ormai il danno mediatico e politico è fatto. Perché siamo in un tempo in cui le sentenze della Cassazione valgono meno di un Talk show e dei tweet”.
Il calvario giudiziario si snoda per diverse puntate e una serie di ricostruzioni e rivelazioni che lasciano il lettore basito di fronte alla grossolanità degli impianti accusatori e la persecuzione lamentata da Renzi. Nei venti punti finali del capitolo conclusivo si trovano aspetti inquietanti delle vicende descritte con dovizia di particolari e riferimenti temporali e documentali difficilmente smentibili, scorrono i nomi e cognomi dei Pm che hanno curiosato nelle faccende familiari, private e non dell’ex presidente del Consiglio, senza cavare un ragno dal buco e , anzi, oscurando e infangando la reputazione di un uomo politico, discutibile quanto si vuole per le sue posizioni politiche, ma assurdamente messo sulla graticola come fosse un delinquente comune. Anzi, un mostro, come lui stesso si definisce. Suona come un monito la frase scritta da Matteo Renzi quasi a chiusura del libro: “Voglio che arrivi forte e chiaro il messaggio che si fa politica per cambiare le cose e combattere le ingiustizie che ci sono nel mondo. E allora se all’improvviso l’ingiustizia ti viene incontro e ti colpisce personalmente, lì capisci che non puoi cadere. Che ciò che fai per te vale anche un messaggio agli altri”.
MATTEO RENZI “IL MOSTRO”, Piemme edizioni. Pp. 189, euro 17,90