In questi giorni stressanti e drammatici, provocati, con buona pace di Stella, dal “male cinese”, irresponsabilmente sottovalutato dall’esecutivo, guidato (!!!!) dal “conte Tacchia” del Tavoliere, capita l’incredibile di convenire con la nota di Antonio Polito (Il mondo aperto e noi) sulla necessità morale di non chiudere le Camere, sfuggendo, sottraendoci, alla logica demonizzante e deleteria dei grillini, ieri amici di Salvini ed oggi di Zingaretti. L’editorialista osserva che “il rischio di una prolungata inazione della democrazia parlamentare sarebbe quella di mitridizzare un Paese sempre più indifferente e insofferente verso questa forma di governo che, pur essendo pessima, resta la migliore finora conosciuta. I “facciamo come in Cina” essendo pessima, resta la migliore finora conosciuta. I “facciamo come in Cina” (nazione tanto vicina al cuore dei seguaci del comico genovese), il modello di autocrazia asiatica che l’epidemia ha rilanciato nell’opinione pubblica italiana e occidentale; la seduzione di un governo degli esperti che decida per decreto o stato di emergenza; la possibilità concreta di controllare e guidare da lontano la vita anche privata dei cittadini che le nuove tecnologie garantiscono a chi è al comando, sono virus certo meno letali del Covid 19, ma che una volta inoculati nel tessuto della nazione potrebbero sfinirne la forza morale e il senso civico”.
Il “senso civico” è purtroppo sempre più vago, assediato da infinite contestazioni e irriso da altrettante confutazioni, dal grillismo controproducente, irridente e sabotatore (vedasi il caso del referendum sulla riduzione dei parlamentari, irresponsabilmente e supinamente accettato dall’opposizione), teso alla polverizzazione della vita pubblica, all’isterilimento e alla conseguente cancellazione dell’identità comune e del patrimonio culturale nazionale.

Polito, poggiando sul richiamo di Cassese alla “riunione” del Parlamento, inteso come “continuità” dello Stato, ritiene l’intervento delle Camere, legittimo o meglio ancora naturale. “Vuol dire – avverte, in implicita connessione con la sacrosanta istanza dell’opposizione di destra, leghista e forzista, non poco equivoca – che il “demos” resta il sovrano, e anzi che un “demos” esiste ancora e non è stato frantumato in una miriade di monadi confinate nelle loro abitazioni, che la democrazia non è una “chat”. Si potrebbe anzi dire che più il popolo è costretto a casa e più il Parlamento, composto dai suoi rappresentanti [non tutti, grazie a Dio, pecorilmente asserviti] dovrebbe mettersi al centro della vita nazionale”.
Se poi quel “ministro”, autore l’altro giorno di una squallida sceneggiata, denunzia il numero eccessivo di ordinanze locali, dovrebbe piangere sugli errori commessi e sull’inazione sostanziale dell’esecutivo e non promuovere polemiche autolesionistiche e principalmente inutili in difesa dello Stato, dal quale il tizio è, in maniera insanabile, contrapposto.
Siamo alle solite, usano la pandemia per restare attaccati alle poltrone