Clap, clap, clap. Complimenti ad Enrico Letta che ha resuscitato il cadavere del prodismo ulivista versione 4.0. Non era cosa semplice. Nonostante il sostegno del Deep State nostrano — lo Stato profondo: Quirinale, Palazzo Chigi, segmenti importanti di magistratura, confindustria, mass media, burocrazie assortite — riportare uno scassatissimo e molto lacerato partito democratico alla vittoria quasi totale nelle principali città italiane è stata cosa ardua. In più con la polverizzazione dei grillini (unico dato simpatico e benefico…) è un successo pieno. Spiace ammetterlo ma così è. Punto.
Il problema è un altro. Ad aiutare, sostenere, rilanciare il mesto Enrico non è stata un’avanzata clamorosa di popolo (ricordate Berlinguer ’76 o Occhetto ’93?), ma la mancanza di concorrenti credibili e l’avanzare del disincanto misto a rassegnazione. Una replica delle elezioni regionali francesi dello scorso giugno che (causa l’assenza di 2 gallici su tre) precipitarono la favoritissima Marine Le Pen nell’irrilevanza (vatti poi a fidare dei sondaggi, sempre assegni post-datati…). Come in Francia la “pancia” o/e la “testa” dell’elettorato destrista e simil moderato è rimasto a casa.
Letta, dunque, ringrazi i suoi tifosi — un compatto blocco sociale di assistiti e garantiti: statali, cooperative, sindacati, banche, fondazioni, etc. — ma soprattutto benedica i tanti, tantissimi astensionisti e la dabbenaggine o/e la superficialità dei leaders “sovranisti”. Salvini e Meloni. E lasciamo perdere Berlusconi. Il Cav. gioca da tempo un’altra partita su altri tavoli.
Chiuse le urne — così nessun idiota potrà accusarci di “fuoco amico” — sul fronte delle destre differentemente perdenti qualche analisi fa fatta. Perdere ovunque, tranne Trieste (grazie Roberto Di Piazza…), ridimensiona i sondaggi e le ambizioni e impone una riflessione profonda sulla classe dirigente (modesta) e sul progetto complessivo (evanescente).
La botta — pesante e dolorosa da Roma a Torino, da Latina a Varese— sottolinea e conferma l’incapacità di leggere l’Italia e il mondo post pandemia. Piaccia o meno il virus ha segnato una rottura traumatica nel corpo vivo del Paese e ha archiviato le narrazioni pre-2019. Invece di occhieggiare alle lunatic fringe — i bizzarri che temono i vaccini e rompono le balle sul green pass —, solidarizzare con un micro sindacato che blocca un porto strategico come Trieste o perdersi in inutili abiure e scivoloni imbarazzanti su un’esperienza storica (leggere talvolta qualche libro, no?) conclusasi definitivamente nel 1945, i “nostri” si sono rivelati incapaci di analizzare il passato, ragionare sul presente e immaginare il futuro. In più i vari candidati (bravi professionisti, ottime persone ma tutti politicamente inadeguati) e i loro sponsor non avevano e non hanno una visione innovativa, fresca, complessa delle città che volevano amministrare. L’appello alle “mitiche” periferie (come dimostrato dal disastro milanese e campano) si è confermata l’ennesima illusione populista.
Bisognava — piccolo e non richiesto consiglio — ragionare sull’esperimento sociale in atto. Un problema di livello planetario. Come ho già scritto la pandemia ha incrinato e reso obsoleti cento anni di conquiste sindacali, modificato la cultura del lavoro, le gerarchie dei bisogni e delle necessità, stravolto l’economia mondiale. Una destra seria si occuperebbe di questo come della desertificazione di diritti e rapporti umani, l’invadenza dei social e le paure diffuse che portano (il caso Trieste lo conferma) all’irrealtà. Altra annotazione. Varrebbe la pena, tra le tante cose, di occuparsi di quello che succederà al commercio dopo che pure gli over 80 hanno scoperto che possono ordinare qualsiasi cosa da casa senza passare per un negozio. Il virus segna il trionfo di Amazon e mostri similari e la morte annunciata di un comparto vitale (ben più importante dei no vax e dintorni) del sistema Italia.
La schiaffone (speriamo) sia salutare. Perdute malamente le principali città italiane, è tempo di raddrizzare il timone. Di studiare e analizzare. Capire e comprendere. E abbandonare i lunatici (e rottami assortiti) al loro triste destino e includere intelligenze, aprirsi al mondo del sapere e della produzione. E prepararsi per tempo alla grande sfida del 2023. Buon lavoro a Meloni e Salvini.
Il problema è l’astensionismo che colpisce principalmente la/le destre: l’italiano è un popolo che preferisce protestare, borbottare e magari bestemmiare, ma non sacrificarsi pur per andare a votare. Ha preferito rimanere a casa a cucinare la coda alla vaccinara piuttosto che mettersi le scarpe per andare al seggio. A questo si aggiunge, voglio essere cinico ma realistico, che la sinistra è capace di mobilitare le proprie truppe cammellate perché è riuscita a creare un humus culturale ma anche e soprattutto economico intorno a sè: i tifosi, come lei li ha definiti, ripagano col voto i favori ottenuti. Gli amici si aiutano tra loro, si promuovono in tv, si accompagnano nelle carriere e si sistemano quando malauguratamente non vengono rieletti…
Ma c’è da chiedersi perché la destra non è stata capace in settant’anni di coltivarsi un terreno umano fertile e fedele. Perché è diversa e migliore? Forse, e si vedono i risultati.
Chi teme i vaccini è bizzarro, mentre la campagna di comunicazione a supporto della vaccinazione è stata esemplare, vero ? Caso Astrazeneca docet. Senza contare che la maggioranza dei vaccinati ha scelto di farsi inoculare solo per evitare le restrizioni, non certo perché nutre fede incondizionata nei vaccini autorizzati (lo sputnik ovviamente non possedeva le caratteristiche richieste). Ciò detto, leggo spesso di questo presunto errore “elettorale” della Destra che strizza l’occhio ai no green pass e no vax. Io credo invece che la mancanza di unità nella coalizione abbia inciso molto di più sulla sconfitta. D’altronde, come conciliare la compagine di Forza Italia, a totale sostegno della linea Draghi, la Lega, un po’ de quà un po’ de là e Fratelli d’Italia, unica forza di opposizione (soft) ? Gli astenuti di Destra hanno punito questo aspetto, a mio avviso. Candidati non all’altezza e campagna diffamatoria hanno fatto il resto. Sugli epocali cambiamenti sociali ed economici post-pandemia sono d’accordo con il dott. Valle, la Destra non si interroga abbastanza, forse perché non ne è capace. Amazon & Co. sono di gran lunga più “smart” di loro.