Come scrive Giorgio Galli nella prefazione di questa ultima fatica di Gianfranco Peroncini, giornalista e storico di lungo corso, “ il merito principale di questo libro è il collocare il problema dell’euro, della sua istituzione e della possibile uscita in un quadro storico che parte dal piano Marshall per giungere alla Brexit.”
La nascita dell’euro viene descritta come l’attrazione fatale verso una moneta unica europea che riesce ad imporsi grazie ad una cultura autoreferente ( culture of complacency) schiava di analisi superficiali e meccanicistiche prodotte da un pensiero collettivo inconsciamente coatto.
Il libro di Peroncini è un florilegio di esempi , citazioni, riflessioni, su tutte le incongruenze che riguardano la gestione e la difesa dell’euro da parte di tecnocrati e banchieri.

La difesa dell’euro si è più volte scontrata con la volontà popolare: non solo la Brexit m anche consultazioni referendarie videro la bocciatura della Costituzione europea, che avrebbe dovuto anticipare il conio della moneta unica. Francia e Olanda nel 2005 commisero l’errore fatale di chiedere il parere degli elettori. Oltralpe il referendum si svolse il 29 maggio 2005 ed il fronte del “no” ottenne il 55% dei consensi. In Olanda il primo giugno successivo, e la batosta fu ancora più cocente dato che l’ostilità alla Costituzione europea raggiunse il 61,6%.
Di fronte a questi insuccessi, altri paesi europei, Polonia, Irlanda, Danimarca e Repubblica Ceca ritirarono le previste consultazioni popolari. Si pose il dilemma fra democrazia ed “epistocrazia” : il termine appare ancora astruso e poco diffuso; deriva da “episteme”, la conoscenza abilitante a compiere determinate attività e “kratos”, la forza ; in pratica il concetto che il diritto di voto va assegnato solo ad un elettorato colto e tecnicamente preparato. Fu il discusso presidente della Commissione UE Jean Claude Juncker ad affermare : “Non possono esistere scelte democratiche che vadano contro i trattati europei.”
La crescita prepotente dei movimenti cosiddetti populisti in diverse democrazie europee e recenti sorprese elettorali come la Brexit o la vittoria negli Stati Uniti di Donald Trump, hanno portato politologi ed economisti “politically correct”, ad interrogarsi sui difetti e limiti del suffragio universale.
Jason Brennan, professore associato alla Georgetown University, si spinge oltre e nel suo saggio “Contro la democrazia”, ritenendo gli elettori in gran parte disinformati ed ignoranti, propone l’epistocrazia made in Usa : non più il governo del popolo ma quello degli edotti. Una domanda si pone l’autore, Gianfranco Peroncini : come mai solo ora si scopre che la democrazia non si basa sulla selezione delle competenze effettive delle masse elettorali ? Guarda caso questo accade quando il responso delle urne non risponde più ai desiderata dei poteri “non deboli”. Quelli che sino a qualche tempo fa erano in grado , prima della rivoluzione di internet, di tenere agevolmente sotto assoluto controllo i principali mezzi di comunicazione di massa e di costruzione del consenso : radio, televisione e giornali.
Mario Draghi , governatore della Banca centrale europea, nel corso di una conferenza all’Università di Roma, ribadisce il concetto:” La nostra esperienza mostra che la condivisione della sovranità nazionale è condizione necessaria per una fiducia duratura nel disegno del nostro comune viaggio europeo.” In altre parole, sottolinea Peroncini, per il bene supremo dell’Unione europea, bisogna limitare sempre più il potere decisionale dei Parlamenti.
Ma il caso Grecia, con il paese prossimo al collasso, rappresenta quanto di più emblematico si possa proporre per indicare nell’euro e nei suoi vincoli un sistema contro natura.
Nel 1923 e poi nel secondo dopoguerra, la Germania aveva accumulato i debiti di due guerre mondiali perse. Molti paesi, per dare la possibilità di ripartire alla nuova democrazia tedesca, decisero di condonare questi debiti; tra questi la povera e malandata Grecia, che pure dovette subire enormi danni durante la Seconda guerra mondiale da parte delle truppe tedesche alle sue infrastrutture stradali, portuali ed ai suoi impianti produttivi. La situazione si ripeté quando nel 1990 la Repubblica Federale tedesca dovette far fronte alla riunificazione con la Germania Est, strappando alla povertà le regioni della Repubblica democratica ex comunista. Il costo della riunificazione tedesca, in buona sostanza, lo ha pagato l’Europa, inclusi quegli straccioni dell’Europa meridionale, Grecia compresa.
Nel 2017 la Grecia, sottomessa alla cultura della stabilità imposta dalla UE, si trova con un reddito pro capite sotto del 20% rispetto al 2008, la disoccupazione è al 23% e al 44% per i giovani ed il debito è salito al 176% del PIl. E cosa fa la UE ? Chiede ancora più austerity ovvero ancora più sangue ad un paese che non ha nemmeno le forze per reggersi in piedi.
Gli stipendi negli ospedali pubblici sono stati tagliati del 42% . La testimonianza del dottor Sideris è eloquente:” Certe volte non abbiamo il filo adatto per le suture, manca la rete per proteggere l’ernia, mancano gli strumenti per la laparoscopia. Non ci sono fondi per acquistare la Tac. Siamo completamente sprovvisti di vaccino antitetanico. Delle sedici sale operatorie ne funzionano otto. Abbiamo 730 posti letto ma altri cento pazienti sono ricoverati sulle barelle.” Tutto questo si traduce in migliaia di morti in più ed ad un drastico aumento dei suicidi.
E di fronte a questa tragica situazione cosa dichiara l’euroinomane Mario Monti? “Oggi stiamo assistendo , e non è un paradosso, al grande successo dell’euro. E qual è la manifestazione più concreta del grande successo dell’euro? La Grecia. Quale caso di scuola si sarebbe mai potuto immaginare, caso limite, di una Grecia che è costretta a dare peso alla cultura della stabilità e sta trasformando se stessa ?” A un “esperto” di questa levatura abbiamo-hanno- affidato i destini del paese, è il sarcastico commento di Peroncini.
Intrappolati nelle loro formule dogmatiche, gli euroinomani temono come la peste il “currency debasement”, cioè la svalutazione della moneta, ma si dimostrano estremamente tolleranti con il “labour debasement”, la svalutazione del lavoro. E dei lavoratori, intesi come ceto medio occidentale, che accomuna impiegati ed operai.
Edward Luttwak, lucido politologo anticonformista, osserva, nel suo “La dittatura del capitalismo”, che “quando ,alla metà del Novecento, il capitalismo era ancora il regno della concorrenza, una delle conseguenze di quella libertà, ormai conculcata, era una maggiore crescita economica. Oggi il nuovo turbocapitalismo mira all’unicità del modello e spazzando via le differenze omogeneizza il mondo per realizzare un gigantesco mercato per le multinazionali e le lobby.”
Diego Fusaro, altro spirito libero, scrive che “ la furia del dileguare del cattivo infinito capitalistico mira a sostituire la popolazione stabile e protetta da diritti, radicata nel proprio territorio e nella propria storia, con un’immensa massa di nuovi schiavi nomadi e precari, che non hanno più storia ma solo geografia e che figurano come puri atomi al servizio dell’accumulazione flessibile, sempre pronti ad essere sottoposti, come tutte le altre merci, ai processi di delocalizzazione di cui beneficia sempre e solo l’aristocrazia finanziaria. Il capitale ci vuole tutti migranti e sradicati, cioè “cittadini globali”, non più cittadini degli Stati nazionali con diritti e doveri.”
Quale la soluzione nell’Europa intossicata dall’euro ? Per Peroncini una provocatoria soluzione ci sarebbe :” è la Germania che dovrebbe uscire dall’euro perché il suo surplus della bilancia commerciale non è compatibile con il regime di cambi fissi che vige nell’Eurozona, oppure deve accettare un passaggio ad un regime di cambi fissi aggiustabili. Il problema è che la sola idea di una modifica, anche parziale, del patto leonino imposto dal centro dell’Europa fa partire l’embolo ai mastini dell’euro.”
Il saggio di Gianfranco Peroncini affronta il problema dei rapporti dei singoli Stati europei con l’euro, senza tabù, senza pregiudizi e con un’ampia documentazione.
Un libro da leggere e da consultare.
GIANFRANCO PERONCINI
IL PODESTA’ FORESTIERO- LA SCELTA SOVRANISTA –VOLUME 1
Con prefazione di GIORGIO GALLI
ALTAFORTE EDIZIONI
Euro 35,00