Arrivarono alla spicciolata gli attivisti ambientalisti nel locale del centro sociale a loro disposizione, a Roma. Erano circa una trentina e si accomodarono sulle numerose seggiole dislocate attorno ad una scrivania mal ridotta. A presiedere la riunione c’era Cesare, un trentenne con i lunghi capelli neri annodati all’insù, quasi fosse un Sikh senza turbante.
“Compagni, vi ho voluti qui stasera perché dobbiamo rilanciare la nostra azione politica. All’ordine del giorno abbiamo due punti: al punto 1 l’ideazione ed organizzazione di una nuova iniziativa di contestazione e provocazione ambientalista, mentre al punto 2 la messa in opera di azioni pratiche e concrete nel campo ecologico. Cominciamo dalla prima: vi chiedo idee per fare qualcosa che torni a far parlare di noi, in un momento in cui l’attenzione mediatica è focalizzata su altri argomenti. Per esempio, cosa possiamo verniciare perché qualcuno torni a parlare di noi?”
Intervenne subito una vecchiettina, capelli grigi un po’ scompigliati ed un gonnone ormai recuperabile solo in un mercatino vintage” Vi ringrazio compagni per questa riunione che mi fa ringiovanire, ritornare a quei fermenti rivoluzionari sessantottini che non speravo più di rivivere, sono con voi nella misura in cui gli anni mi permettono di contribuire nella lotta.”
“Sì, grazie compagna, però vorrei dei contributi..” disse Cesare.
“Dovremmo imbrattare, cioè rinfrescare di vernice, qualche monumento simbolo.” introdusse un giovane con un accenno di pizzetto.
“Ci sarebbe il Colosseo.” disse uno.
“Il Colosseo è troppo vasto, un getto di vernice quasi non si noterebbe. E nemmeno il Vittoriano, la scalinata è troppo lunga e non ci permetterebbe un’azione lampo; inoltre è sorvegliato sempre. Io pensavo ad un obelisco, ma a Roma ce ne sono più di 20.” riprese il discorso Cesare.
“Prima di entrare nei particolari del piano da attuare, volevo sapere chi ci finanzia, perché ho sentito parlare di organizzazioni internazionali americane, di fondi esteri milionari, chi mi sa dire qualcosa? ” chiese sempre il giovane con il pizzetto.
“Non vogliamo provocazioni fasciste! Queste sono le solite fake news dei sovranisti! Se sei un fascista non ti vogliamo!” alzarono la voce in tanti, zittendo con l’insulto e la ritrita etichetta di fascismo qualsiasi tentativo di obiezione.
“Allora torniamo all’obelisco” riprese il filo del discorso Cesare “Che ne dite di quello di piazza del Popolo ?”
“No, colpiamo l’obelisco di Mussolini, al Foro Italico !” gridò una ragazza.
“Premesso che siamo tutti antifascisti, un’azione come imbrattare l’obelisco Dux verrebbe interpretata come politica e non ambientalista. Farebbe contenta una Boldrini qualsiasi mentre noi dobbiamo indignare per sensibilizzare tutto il mondo politico a 360 gradi.” replicò Cesare.
“Allora cosa c’è di meglio che l’obelisco di piazza san Pietro, in Vaticano ?” propose un altro ragazzo, nell’ultima fila.
“L’obelisco è un simbolo fallico, colpiamo anche il maschilismo!” disse una ragazza entusiasta.
“L’obelisco simbolizza un raggio di sole che feconda la terra!” disse un altro.
“Anche il simbolo fallico feconda!” aggiunse un altro ancora.
A questo punto la discussione si incartò sul tema simbolo fallico sì, simbolo fallico no, e durò un paio d’ore, tanto che il punto 2, le azioni concrete di ecologia, venne rimandato.
A tarda ora Cesare riassunse il piano d’azione: il giorno dopo intorno alla mezzanotte, due attivisti anziani, una la vecchiettina, l’altro un suo amico, si sarebbero travestiti da barboni, e non ci sarebbe voluto molto, e si sarebbero avviati verso il colonnato del Bernini a piazza san Pietro, sul lato sinistro, per fingere di rifugiarsi lì per la notte; avrebbero dovuto distrarre gli agenti distaccati sul posto. Poco dopo quattro compagni, uno alla guida di una Jeep Renegade, sarebbero giunti di corsa, tre sarebbero scesi dall’auto con secchi di vernice ed avrebbero colpito, meglio dire imbrattato, la base dell’obelisco al centro della piazza.
Un’azione fulminea nel centro della Caput Mundi; chi non ne avrebbe parlato ?
Sgommando l’auto sarebbe ripartita mentre altri compagni in sede avrebbero diramato un comunicato di rivendicazione.
Ciò che era stato pianificato, ventiquattro ore dopo venne attuato; i due improvvisati barboni cercarono rifugio per la notte ma vennero dissuasi da una pattuglia della polizia intervenuta immediatamente.
La jeep arrivò effettivamente sgommando, la base dell’obelisco venne imbrattata di vernice verde e gialla, ma al momento di ripartire due camionette delle guardie svizzere si materializzarono all’improvviso davanti agli eco teppisti che vennero fermati e portati via. Dopo pochi minuti una squadra di pulitori era già sul posto e l’obelisco venne lustrato come nuovo.
La scritta “Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat, Christus ab omni malo plebem suam defendat” tornò a risplendere.
Di quella azione nessuno venne a sapere niente, il comunicato del centro sociale ignorato, i quattro giovani ed i due vecchietti sparirono nel nulla. Di loro non si seppe più niente per lungo tempo, come accadde per la cinesina che strattonò il Papa prima della pandemia.
Di quegli attivisti si dice che due si fecero frati francescani, altri due per reazione divennero buddisti, mentre la vecchiettina ricomparve in pubblico affermando che avrebbe ripreso a fare politica “nella misura in cui si sarebbe riproposta un’azione rivoluzionaria convergente in dinamiche circolari che a monte portassero ad un percorso multietnico.”
L’azione teppistica non sortì alcun effetto, il silenzio fu la migliore risposta, come si conviene ad uno Stato serio ed autoritario.