Quel sabato di luglio che da tanto aspettavo finalmente era arrivato; un week-end con Paola che dopo tanta insistenza aveva accettato di venire con me, due giorni in montagna, e da soli.
Ero giunto sotto casa sua con la mia 500 blu metallo con il tetto apribile. Non era la solita spider decappottabile ma la bionda a fianco ce l’avevo anch’io.
Paola era salita in macchina con un sorriso smagliante e già questo prometteva bene.
Siamo partiti direzione Engadina, passando per Lecco.
Avevo deciso di percorrere il lungolago, volevo vedere i suoi capelli biondi agitati dall’aria che entrava nella macchina, volevo vedere l’effetto che faceva sui passanti. Poi abbiamo cominciato a cantare, le canzoni dei Pinguini tattici nucleari, un nome assurdo che deriva da una birra scozzese, che però non si capisce perché una doppio malto debba chiamarsi così.
“E scrivevo tutti i miei segreti
con il pastello bianco sul diario
speravo che venissi a colorarli
e ti giuro sto ancora aspettando
Tu mi hai insegnato la differenza tra le ciliegie e le
amarene
e io non la dimenticherò più ”
Cantavamo a squarciagola e pensavo quanto volte anche una inezia può restare scolpita nella memoria ed associarsi a qualcuno.
Paola era felice quanto me e passò ad un’altra canzone
“In un mondo di John e di Paul, io sono Ringo Starr
in un mondo di John e di Paul, io sono Ringo Starr”
e lo cantavamo all’infinito, ridendo.
Che poi Ringo, pensavo, si è sposato quella gnocca della Barbara Bach, mica quel ciocco di legno della Yoko Ono.
Dai Pinguini Tattici eravamo passati ad altre canzoni, fino a finire al grande Battisti
“O mare nero o mare nero o mare ne
tu eri chiaro e trasparente come me…”
All’approssimarsi del passo del Maloja avevo appoggiato la mia mano destra sulla coscia sinistra di Paola e… non era successo niente, non mi aveva allontanato la mano!
Stavo indugiando, non sapevo cosa fare, cosa dire, poi erano iniziati i tornanti, e per forza dovevo controllare con due mani il volante e quindi avevo trovato la soluzione.
A questo punto era stata lei ad appoggiarmi il braccio sinistro sulla mia spalla destra, ed ero felicissimo.
Raggiunto il paese di Maloja Paola mi aveva passato una Coca Cola ma per colpa di quel tappo rosso che non si stacca più mi ero rovesciato un po’ di bevanda sui pantaloni.
“Ma guarda un po’ se per le fissazioni dei gretini ecologisti ci si debba complicare la vita anche per bere della Coca!” avevo esclamato , con Paola che annuiva.
Dopo un po’ a Silvaplana, dopo una breve passeggiata ,ci siamo fermati sulla riva di un torrente, là dove nasce il fiume Inn.
Seduti su un masso guardavamo l’acqua scorrere all’infinito, e pensavo che quell’acqua avrebbe raggiunto il Danubio. Pensavo che un torrente d’estate scorre sempre, non c’è un interruttore che ad un certo punto lo spegne, come avviene per la cascata delle Marmore.
Pensavo ai ghiacciai che ancora forniscono acqua, che si saranno ritirati, ma ancora fanno il loro lavoro.
Pensavo al fresco che lo scorrere delle acque provocava ed all’afa che avevamo lasciato giù in città. Quel caldo umido che ogni anno ci perseguitava, mio padre mi parlava sempre dell’estate del 1967, quando preparava gli esami dell’ultima sessione, fradicio di sudore.
Ormai si era fatta l’una abbondante, così camminammo fino ad un laghetto fra i boschi, dove c’erano alcune griglie predisposte per un barbecue ; ne scelsi una e tirai fuori dallo zaino, da un sacchetto, due belle bistecche italiane, che ero riuscito a far passare in Svizzera, sotto il naso dei doganieri crucchi.
Paola mi baciò improvvisamente sulla guancia e mi sentii il sangue come diventare effervescente tra le vene; insomma ero felice.
Con la legna messa a disposizione dei turisti, feci il fuoco giusto e misi a cuocere la carne.
“Altro che vegano, altro che carne sintetica, questo è vero cibo !” affermai con soddisfazione.
“Ed altro che insetti fritti !” rispondeva Paola con allegria.
“Pensa che c’è chi dice che gli allevamenti di bovini inquinano con le loro emissioni di flatulenze e dovrebbero essere eliminati per salvare il pianeta “e lontano sentivo i campanacci delle belle e pasciute mucche svizzere.
“Le mucche sono parte del paesaggio, fanno compagnia.” commentava Paola.
“Seguendo quel ragionamento Buffalo Bill dovrebbe essere considerato il primo e più grande attivista green, con i milioni di bisonti che sterminò.” e avevo terminato con le mie bislacche considerazioni perché le bistecche erano ormai pronte.
Ci appisolammo all’ombra di un alto pino, cullati da una leggere brezza, e ci trovammo abbracciati.
Il pomeriggio trascorreva tranquillo, ci trovavamo a parlare di tante cose, immersi in uno spettacolo naturale fantastico,dove il cielo con le sue nuvole e la terra con i suoi boschi ed i suoi monti concorrevano a rendere tutto il più meraviglioso possibile.
Ormai si era fatto tardi e così lasciammo il laghetto verde smeraldo e ci dirigemmo verso la macchina per un ritorno a casa.
In breve tempo raggiungemmo Chiavenna, e ci fermammo in un alberghetto per la notte, la nostra prima notte.
Una stellata meravigliosa ci faceva compagnia, si vedevano tutte le costellazioni, anche se noi ci fermammo a riconoscere solo l’Orsa maggiore.
Il resto della notte rimarrà un nostro segreto , scolpito nella memoria, inviolabile.
Sono passati mesi da quel meraviglioso weekend, quel racconto ho voluto postarlo su Facebook, ingenuamente.
Ora mi trovo agli arresti domiciliari , con l’accusa di negazionismo ambientale.
A parte l’iniziale commento di discriminazione razziale nei confronti dell’etnia nipponica e della definizione dispregiativa dei cittadini elvetici, avrei ridimensionato il drammatico problema dello scioglimento dei ghiacciai, ironizzato sui comportamenti vegani o alternativi al consumo di carne; avrei sottaciuto l’estremizzazione degli eventi climatici, ridicolizzato l’inquinamento da CO2 degli allevamenti bovini, nascosto l’annoso problema dell’inquinamento luminoso. Avrei definito con il termine sprezzante di “gretini” i giusti difensori del pianeta. E poi quel “mare nero, mare ne” sarebbe sospetto verso simpatie sovraniste. Tutto ciò esposto al pubblico vasto dei social , esibendo per di più come un vanto, un rapporto etero.
Ma la vera accusa , secondo me, è di essere stato un portatore sano di felicità.