Tra i più generosi fornitori di armi all’Ucraina c’è senza dubbio la Polonia: da Varsavia hanno finora preso la strada di Kiev carri armati – oltre duecento T-72 già consegnati, 14 Leopard 2 e 60 OT-91 Twardy (versione polacca aggiornata dei T-72) annunciati -; obici semoventi Krab – almeno 72 -; grandi quantità di missili terra – aria e, con molta probabilità, anche caccia Mig 29. Anche se su quest’ultima fornitura non esistono conferme ufficiali. Il sostegno polacco non si ferma alla consegna di armi, ma si traduce anche in supporto logistico: a disposizione dell’esercito ucraino c’è un polo industriale che lavora h24 per riparare mezzi corazzati e artiglierie danneggiati in battaglia
A spingere Varsavia a sostenere in maniera così robusta le forze armate ucraine c’è, senza dubbio, la tradizionale postura antirussa, ma anche la volontà di affermarsi come principale partner militare continentale degli Stati Uniti, individuati da Varsavia come l’unico vero interlocutore nel settore della sicurezza. Un rapporto privilegiato che non sembra turbare la solida intesa con il Regno Unito, Paese con cui la Polonia condivide la visione politico-strategica per lo scacchiere dell’Europa settentrionale e la posizione antirussa. Anche se qualcosa potrebbe mutare nel medio periodo.
Accanto alle condizioni politiche, però, c’è da tener presente un altro aspetto: lo sforzo titanico in atto in Polonia per trasformare il proprio apparato militare. Le cessioni di armi all’Ucraina sono possibili perché le forze armate polacche stanno beneficiando di un piano di acquisizioni di nuovi mezzi con pochi precedenti negli ultimi decenni nel Vecchio Continente, oltre ad un potenziamento degli organici. “L’anno scorso – ha dichiarato il ministro della Difesa polacco, Mariusz Blaszczak – sono entrati nelle forze armate 13.742 militari. È un record dalla fine del servizio militare obbligatorio”. L’obiettivo è di raggiungere quota 300mila militari in servizio, con una riserva composta da 50mila uomini della difesa territoriale.
Uno sforzo sostenuto con una rapida crescita delle risorse destinate al comparto militare: se nel 2015 Varsavia impegnava per la difesa il 2% del pil (obiettivo tendenziale per i Paesi Nato, raggiunto da pochi), le previsioni erano di arrivare al 2,5% nel 2030. Traguardo raggiunto già oggi, a causa dell’accelerazione impressa dalla guerra in Ucraina, con la previsione di arrivare al 3% il prossimo anno, mentre il traguardo finale è stato fissato al 5% del pil. Accanto alle risorse del bilancio ordinario, Varsavia ha attivato diverse risorse extra. Risultato? Nel 2020 le spese per approvvigionamento e gestione dei programmi militari ammontavano a 2 miliardi di euro, la spesa nel 2023 oscillerà tra gli 11 ed i 13 miliardi di euro. L’Italia – a titolo di paragone – attualmente impegna l’1,38% del pil per la difesa, dovrebbe raggiungere il 2% nel 2028 (ma si tratta di un “obiettivo difficile da raggiungere”, come ha detto il ministro Crosetto giovedì scorso), mentre la spesa per il procourement sarà di 8,4 miliardi nel 2023.
Grazie a queste risorse la “lista della spesa” di Varsavia ha assunto dimensioni inusitate per un Paese europeo dalla fine della Guerra Fredda, con una originale diversificazione nelle fonti di approvvigionamento. Accanto agli Stati Uniti, il principale fornitore di nuovi equipaggiamenti per le forze armate polacche sarà la Corea del Sud. Dato che potrà sorprendere solo quanti non hanno osservato in questi anni la vertiginosa crescita dell’industria militare sudcoreana: qualità e prezzi competitivi fanno di Seul un attore protagonista in questo settore di mercato.
Cosa arriverà, o è già in fase di consegna, in Polonia? Sul fronte terrestre il dato che più colpisce è il completo rinnovo della linea dei carri da combattimento: tra ordinati ed in consegna sono attesi oltre 1.300 nuovi MBT (main battle tank, nda), di cui circa 360 Abrams statunitensi M1A2 (prime consegne effettuate a luglio 2022) e un migliaio di K-2 sudcoreani. Parco cui non è ancora chiaro quanti Leopard 2 si affiancheranno: al momento l’esercito polacco ne schiera 249, da vedere se e quanti saranno girati all’Ucraina. A titolo di paragone l’Italia – di certo non un modello da questo punto di vista – schiera circa 150 carri Ariete, di questi solo 125 dovrebbero essere sottoposti ad un programma di aggiornamento destinato a renderli meno obsoleti – adeguati pare eccessivo – rispetto agli attuali scenari presenti sul campo di battaglia.
Dalla Corea del Sud arriveranno anche circa 700 obici semoventi K9, unitamente a 288 lanciarazzi multipli K-239. A questi si aggiungeranno anche centinaia di lanciarazzi pesanti made in Usa Himars. Sempre dalla Corea del Sud potrebbe arrivare il nuovo mezzo corazzato da combattimento per la fanteria – una decisione sul rinnovo della linea mezzi dovrebbe arrivare a breve -, con l’AS-21 tra i papabili.
Ancora in Corea del Sud sono stati acquistati i 50 caccia leggeri FA-50 che, insieme agli F35 ed agli addestratori italiani M 346 (16 esemplari, tutti consegnati), hanno ridisegnato il volto dell’aeronautica polacca. Forza che potrebbe arricchirsi anche di un nuovo caccia da superiorità aerea, con Typhoon e F 15EX indicati come possibili competitor della gara. Accanto ai velivoli ad ala fissa la Polonia sta rinforzando anche la linea elicotteri: in acquisizione 32 AW-149 di Leonardo-PZL, mentre dagli Usa dovrebbero arrivare 100 elicotteri da combattimento Apache. Già consegnati dalla Turchia i primi droni Bayraktar TB2, mentre all’industria francese sono stati ordinati – lo scorso dicembre – due satelliti da osservazione.
Nel gigantesco sforzo di ammodernamento del proprio strumento militare, Varsavia investe anche nella marina, tradizionalmente la più debole delle forze armate polacche. Per la flotta sono in arrivo quattro fregate leggere ordinate in Gran Bretagna, mentre a metà dicembre è stato firmato il contratto con la svedese Saab per la costruzione di due nuove navi spia.
Se tutti i programmi annunciati saranno portati a compimento – e la determinazione non sembra mancare al governo di Varsavia – la Polonia sarà il Paese europeo a disporre del secondo esercito Nato per dimensioni. Ma a differenza di quello turco, numericamente superiore, l’esercito polacco potrà contare su mezzi decisamente più avanzati sotto il profilo tecnologico. Un peso militare, quello di Varsavia, che non potrà non avere conseguenze politico-strategiche. In primis riducendo il peso di Paesi come Francia, Germania e della stessa Gran Bretagna in seno all’alleanza. In secondo luogo rafforzandosi la spinta a nord-est dell’Alleanza atlantica, nella prospettiva di un contenimento muscolare della Russia, a pagare dazio saranno Paesi come l’Italia, a seguito di un’ulteriore perdita d’interesse per il Mediterraneo da parte della Nato.
Di qui una possibile competizione tutta interna ai Paesi “euro-atlantici”, al fine di accreditarsi a Washington come il socio europeo più affidabile dell’Alleanza. Non è un caso, infatti, se nei giorni scorsi l’esponente laburista John Healey, ministro ombra della Difesa, nel corso di un suo intervento al Royal United Service Institute di Londra ha sottolineato la necessità di fermare i tagli al bilancio della difesa.
I laburisti, in caso di vittoria alle prossime politiche, intendono investire per rafforzare lo strumento militare britannico, garantire ulteriori forniture belliche all’Ucraina e confermarsi nella posizione di principale membro europeo della Nato. Guarda caso proprio lo status cui – a seguito del processo di rafforzamento in atto delle proprie forze armate – ambisce la Polonia, posizione verso cui la postura bellicista e russofoba di questi ultimi anni la proiettano con forza.
Insomma, se finora Londra non ha certo dovuto faticare più di tanto per vantare la posizione di partner privilegiato degli Usa in Europa – aiutata in questo dalla postura post-storica della Germania, dal ripiegamento su se stessa dell’Italia e dalla grandeur del tempo che fu della Francia – oggi la situazione è profondamente cambiata. E non è detto che non evolva in maniera ben diversa da quel che si spera al 10 di Downing Street.