Una follia annunciata, conclamata e realizzata. Un piano buffonesco eppure (quasi) riuscito. Il tutto grazie ad una manciata di disturbati mentali, teppisti da stadio, pregiudicati impuniti e, poi, codreanisti all’amatriciana, “strani” agenti della Digos, no vax lunari e scemi assortiti. Insomma il solito teatrino. Tutto si salda con qualche saluto romano, qualche cretino nerovestito, urla e puttanate sul green pass.
Sullo sfondo gli interessi veri. Gli interessi pesanti. I ballottaggi di Roma e Torino e un sistema di potere in affanno ma per nulla rassegnato. In ogni caso meglio non rischiare. Messa in sicurezza Siena e il giochino MPS, parte da Milano e Roma la macchina del fango. Un meccanismo assolutamente previsto e prevedibile che agita e spande, senza requie, odio e sterco sulle destre e dintorni. Su Salvini e Meloni.
I fatti sono chiari. Roma. Coraggiosamente Nicola Porro (con l’intervento di un ottimo Storace. Complimenti a lui…) nella sua trasmissione ha svelato i retroscena dello scorso sabato. Dal palco un noto tribuno annuncia l’assalto alla sede della CGIL, poi centinaia matti tracimano indisturbati verso il palazzo (in pure stile littorio…), polizia stranamente assente. Inerte. Casino. Vetri rotti. Urla. Tanto rumore e pochi danni. Nella folla di esagitati un manipolo di forzanovisti, probabilmente ciò che rimane di un’ipotesi fallimentare ma (guarda caso) sempre funzionale al circo mediatico e giudiziario. Alla fine la frittata è fatta e si somma alla pochade milanese su cui abbiamo già scritto: stupidi (onesti) che incontrano personaggi ridicoli (disonesti) che montano una storia inesistente.
La Meloni ha perfettamente ragione nell’indignarsi, a incazzarsi, ma il problema c’è e rimane. Non basta raccogliere consensi se prima non ci si attrezza adeguatamente per affrontare il blocco di potere dominante, il “Deep State”, quello Stato profondo — intreccio malefico di burocrazie, magistratura mass, media (vedi il sistema Cairo), poteri economici endogeni ed esogeni — che ha nel partito democratico il suo referente naturale. Una partita durissima che non si risolve con selfie e denunce e nemmeno con esplusioni e inutili abiure. Servono analisi e letture, pensieri lunghi ed equilibrio. Servono coraggio e lungimiranza.
Al di là delle odierne polemiche, strumentali e odiose, vi è in gioco il governo della settima potenza industriale dell’Occidente e, soprattutto, la gestione del piano di ripresa, tantissimi quattrini che andranno spesi nei prossimi anni. Lo Stato profondo vi ha già messo sopra gli artigli ed è pronto ad ogni nefandezza — da Portella della Ginestra a Tangentopoli e oltre, la storia è nota — pur di non mollare la presa. La signora Meloni rifletta e avverta il molto distratto Matteo.