In questi giorni di tragedie in mare s’è a lungo sentito, e ancora si sente, parlare di un presunto dovere morale all’accoglienza; dal cinguettio di Enrico Letta, #RipristinareMareNostrum, all’applaudito commento di Gino Strada, “Mi vergogno di essere italiano”, una buona parte del Paese ha abbaiato il suo sdegno per l’ennesimo naufragio di disperati, che, va ammesso, il più delle volte partono con la sola speranza di fuggire la guerra e trovare un mondo migliore. Noi, va altresì ammesso, non siamo quel mondo migliore.
Prima di tutto non abbiamo nulla da dar loro fuorché compassione, i buonisti che plaudono ai salvataggi in mare non sanno, o fingono di non sapere, che quelle persone nel novantanove per cento dei casi si ritrovano, di lì a pochi mesi, dimenticati nelle periferie delle grandi città, dove l’unico impiego a cui possono aspirare è lo spaccio di droga per gli uomini, la prostituzione per le donne, l’elemosina per i bambini. Già gli Illuministi, tre secoli fa, avevano capito che il degrado genera delinquenza, e la delinquenza instabilità sociale, cosa che noi italiani di oggi sembriamo aver dimenticato.
Ma non è tutto: chi da il suo placet al flusso migratorio in atto deve fare i conti con la sempre più crescente, e pericolosa, indignazione di quei cittadini che, colpiti duramente dalla crisi, vedono andare in fumo milioni di euro al mese per operazioni militari non solo irrisolutive, ma che immettono nel tessuto sociale mandrie di disperati senza una lira, con l’unico risultato di destabilizzare ulteriormente una società in pessime condizioni. Né la tanto invocata Unione Europea sa fare granché, Triton è un fallimento peggiore di Mare Nostrum, ed è notizia recente che, al grido di “non lasceremo l’Italia da sola”, sono stati stanziati, straordinariamente, 13,7 milioni di euro per fronteggiare l’emergenza. L’anno passato l’Italia, da sola, ne spese ben 114, di milioni. L’UE insomma si comporta come Ponzio Pilato.
L’imperativo etico che pende sulle teste d’ognuno di noi, e dei nostri governanti in particolare, non è accogliere chiunque si metta per mare a rischio della vita, per poi gettarlo in una società che non sa più garantire i servizi essenziali neppure ai propri figli, bensì impedire loro di rischiare la pelle prendendo la via del Mediterraneo, e, di conseguenza, intervenire direttamente sul posto. Come fece il governo d’Alema, non propriamente un uomo di destra, per bloccare l’imponente flusso migratorio proveniente dall’Albania nel 1996, oggi la nostra marina militare sarebbe usata correttamente soltanto nella prevenzione delle partenze, e non nel salvataggio dei migranti già partiti.
Ma l’accoglienza è un dovere, chiosano i benpensanti nel caldo delle loro case, felici per l’abolizione del reato d’immigrazione clandestina. L’accoglienza è un business, chiosavano invece al telefonino gli intercettati di Mafia Capitale, protetti nelle loro cooperative dalla connivenza della politica.