Un Michael Caine d’annata e da non perdere in Best Sellers. Il romanziere Henry Shaw, “scrittore maledetto”, indossa sul viso stanco e su un corpo in difficoltà la prossima probabile caduta. Il protagonista della pellicola di Lina Roessler, non è depresso, ma rabbioso, armato e attraversato da un furore quasi iconoclasta. Non c’è traccia dello spleen baudelairiano, c’è la rivoluzione sessuale, ci sono gli anni ’70, c’è spazio per Lucy, intrappolata in un vortice di incertezze, pressioni e attese.
Lucy, (Aubrey Plaza), è però a metà fra vecchio e nuovo e cerca di sventolare ancora la bandiera della cultura, tentando di salvare la casa editrice di suo padre. Lucy è brillante e ha dalla sua una grande energia creativa, ma si scontra con la volgarità del contesto a lei circostante. Disorganico e tutt’altro che estetizzante, la pellicola ci costringe a riflettere intorno a una società in cui sono i social media e gli editor a dare scadenti e ipercommerciali tempi e ritmi culturali, dove i prodotti accessori valgono più delle edizioni librarie. Henry Shaw, anziano e ribelle e d’avanguardia, elegge l’espressione “Bullshite” in un grido di guerra, diventando il re delle visualizzazioni un po’ ovunque e annegando poi le sue frustrazioni nel whiskey.
Best Sellers, inoltre, è sì la cronaca di un tour letterario per promuovere un romanzo intitolato “Il futuro è vietato ai minori”, ma nello stesso tempo fotografa il dramma dell’estrema e violenta solitudine, che nella pellicola è “gridata”. Dopo aver litigato nelle camere di squallidi alberghi, mentre fuori fa freddo, Henry e Lucy comprendono di volersi bene e stabiliscono un tenero rapporto padre-figlia, con la Plaza accudente e dolce e Caine iperprotettivo. La pellicola diviene dolcemente malinconica. La vulnerabilità degli anziani, il loro enorme e talvolta ingombrante bagaglio esistenziale, la riflessione sempre più profonda sulla vita e sulle le persone care che non ci sono più. Lo Scrooge, dalla casa disordinata, manifesta chiaramente le sue difficoltà e le sue tristezze, si fa alfiere di chi non crede nel proprio fiuto professionale.
Quasi perfetta la interpretazione di Michael Caine e Aubrey Plaza, c’è aria d’intesa fin dal primo incontro. I loro personaggi sono entrambi fuori posto, ma il disagio che avvertono viene narrato in modo brillante. E da un uomo anziano, che potrebbe essere suo nonno, Lucy apprende la necessità di essere ribelli, affermare le proprie regole, di credere nella propria intelligenza e dire senza giri di parole: “Questo mondo così com’è non lo accetto, ma posso provare a cambiarlo”. Michael Caine questa volta non interpreta l’eleganza pacata, incisiva e funzionale alla pratica dei suoi personaggi, sua caratteristica nello spazio e nel tempo sanciti dalla macchina da presa precedenti, ma semplicemente la realtà nuda e cruda occidentale.