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In Francia l’Islam radicale cresce. Nell’imbarazzo del governo

di Redazione
15 Aprile 2019
in Rassegna Stampa
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In Francia l’Islam radicale cresce. Nell’imbarazzo del governo

A Strasburgo, Édouard Philippe giovedì ha reso pubblico un nuovo rapporto sulla lotta all’islamismo radicale. Quattro mesi dopo l’attentato jihadista al mercatino di Natale, il primo ministro, accompagnato da una dozzina di membri del governo, è tornato in città per spendersi per la prevenzione della delinquenza e della radicalizzazione islamica, e presentare un nuovo rapporto sulla sicurezza interna.

“Quattro scuole musulmane fuori contratto, sette luoghi di culto, tra cui la moschea salafita As-Sunna a Haumont, otto istituzioni e associazioni culturali, 89 bar sono stati chiusi”, è il resoconto del capo del governo relativo al 2018. 

Inoltre, dall’aprile 2018, “quasi 300” immigrati clandestini registrati nel documento di segnalazione di radicalizzazione della prevenzione dei radicali sono stati espulsi “o hanno volontariamente lasciato il territorio nazionale”, ha aggiunto.

Il documento nazionale sulla prevenzione del terrorismo ha indagato su 20.904 individui sospetti, di questi il 78% sono uomini adulti e il 2,7% sono minori. Ma il dato che imbarazza l’esecutivo è il “27% di individui dichiarati convertiti all’islam”. Una percentuale non risibile, che potrebbe essere molto più importante, e che sottolinea il potenziale, in un solo anno, della diffusione delle idee islamiche. 

Il rapporto, non si sa per precauzione o altre ragioni, non evidenzia le città maggiormente colpite dalle misure anti-islamizzazione, ma indica che hanno interessato quei quartieri da anni  “oggetto della nostra attenzione”. E le Parisien sospetta si tratti dei quartieri a maggioranza salafita. 

Se una serie di leggi interne monitora dal 2017 l’apertura di scuole e luoghi di culto islamici nell’ottica dell’antiterrorismo, le nuove misure coinvolgono ora anche i locali della movida. Kebab, sale da tè e per narghilè, ma anche bar che vendono alcol e i cui capi sono vicini ai movimenti islamici radicali, secondo fonti della polizia confermate nel discorso di Édouard Philippe, sono stati chiusi perché troppo pericolosi per la sicurezza interna.

Nelle scuole, nei negozi e nei pub, l’islam radicale, in Francia, è una scheggia impazzita. Eppure, mentre il primo ministro provava a portare a casa i risultati sulla sicurezza interna, veniva firmato un protocollo di accordo tra la città di Vitry e un’associazione culturale islamica. All’orizzonte c’è la costruzione di un enorme nuovo luogo di culto musulmano che potrà ospitare un totale di 3mila fedeli alla volta: dieci volte di più di quella nel distretto di Balzac. 

La struttura è “attesa da 15 anni”, dicono, e i lavori inizieranno nei prossimi mesi. La maxi moschea alle porte di Parigi sostituirà un parco giochi. Insomma, come se il rapporto appena diffuso dal primo ministro non avesse alcuna importanza. In una Francia, peraltro, alle prese con 1.700 musulmani francesi che si sono uniti all’Isis in Iraq e in Siria dal 2014. E dei quali almeno 302 sono tornati in Francia.

E poi c’è l’antisemitismo islamico che monta, e il problema dei finanziamenti del Qatar così generosi per le “mega-moschee” francesi. Grandi strutture con minareti, non semplicemente moschee improvvisate. La Grande Moschea di Poitiers, ad esempio, che si trova nelle vicinanze del sito della battaglia dove Carlo Martello fermò l’avanzata dell’esercito musulmano di Abdul al-Rahman nell’anno 732, è stata finanziata strategicamente dalla “Qatar Charity”. 

“Quello che abbiamo costruito è grazie ad Allah e con l’aiuto dell’organizzazione ‘Qatar Charity'”, ha detto l’imam. E lo stesso può dirsi, per fare ancora un esempio, della moschea di Assalam a Nantes, che con il minareto alto 17 metri, la grande cupola che sale a 14 metri e l’illuminazione esterna di notte “illumina la città di Nantes”. 

L’islamizzazione è ovunque. Nei centri urbani, dove il velo è diffusissimo. Al lavoro, dove i datori di lavoro cercano sempre di più di capire come far fronte alle pretese islamiste. Nelle grandi multinazionali, come Orange (che opera nell’ambito delle telecomunicazioni), per esempio, è stato nominato “un direttore della diversità” per gestire le richieste ed evitare i conflitti. Nelle piccole imprese, i dirigenti sono nel panico. I conflitti e le vertenze sono in aumento. Ma adesso i francesi devono stare attenti anche in quale bar entrano per l’aperitivo. 

Lorenza Formicola, Nuova Bussola Quotidiana, 14 aprile 2019

Tags: FranciaISISIslam
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