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Inciucio al pesto? Primi passi falsi di Toti in Liguria

di Vincenzo Pacifici
7 Giugno 2015
in Home
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Inciucio al pesto? Primi passi falsi di Toti in Liguria
       

In un telegiornale di Canale 5 sono state proiettate le immagini dell’abbraccio pubblico e plateale in una strada della città della Lanterna tra Renzi e Toti e conseguente varo dell’”inciucio alla genovese”. Mi pare di aver intravisto da lontano, muti ed inerti e passivi, Salvini e la Meloni e aver udito parole benedicenti del cardinale Bagnasco.

Per una volta poi le indicazioni fornite a Renzi sono state corrette e lui ha potuto spiegare che la perdita della Liguria, che con pazienza infinita per 70 anni circa ha sopportato la disastrosa politica ambientale delle amministrazioni locali rosse, è dovuta agli errori del Pd. Non è che un onesto riconoscimento di responsabilità in uno Stato, in cui le elezioni, da quelle parlamentari a quelle comunali, si perdono per demerito proprio piuttosto che per merito degli avversari, segno del livello scadente della politica, chiusa, minima, priva di respiro, incapace di progetti incisivi e solidi culturalmente.

D’altra parte il livello dei leaders è ben noto e non continua davvero con Salvini davvero a migliorare.

A questo mix vanno aggiunti il costante abbassamento del livello culturale e della qualificazione dei politici e degli amministratori con il parallelo allontanamento dei professionisti della vita quotidiana e la sempre più profonda frattura tra cittadini ed istituti con percentuali di astensionismo crescenti rispetto alle consultazioni del 2010: Veneto (-9,27%), Liguria (- 10,24%), Marche (- 12,99%), Toscana ( -12,43 ), Umbria ( – 9.97%), Campania ( – 11,04%), Puglia (- 12,04). Il quadro è offerto!

Sulla natura nazionale e non meramente capitolina concorda Cassese nel momento in cui osserva che “i segnali di corruzione che vanno emergendo mostrano la straordinaria galassia che sta alla base del malaffare, le reti sulle quali lo sfruttamento privato delle risorse pubbliche corre, il coinvolgimento delle burocrazie nella corruzione”. Sono tutti fenomeni, che si sono manifestati a Venezia come a Milano, a Napoli come in Sicilia”.

Lasciamo perdere nell’editoriale l’ingiusto ed immeritato merito attribuito al Pd di aver intuito il peso della questione romana con la nomina del “suo presidente [in effetti dell’ assemblea nazionale] commissario straordinario della federazione”, come se il 41enne Matteo Orfini fosse uno statista di esperienza siderale e non un semplice “dirigente di partito”. Mentre vanno raccolte ed utilizzate in ogni altra simile situazione , le indicazioni offerte: “La nazione dia un segno della sua presenza. Lo Stato assuma il compito temporaneo di ridare a Roma una amministrazione”.

Squinzi intanto ha denunziato a Renzi “accanimento fiscale sulle imprese”, come non esistesse, inascoltato, ben più soffocante e globale, “accanimento fiscale sui cittadini”.

Toti, tanto per cambiare, ha cominciato male. Oltre l’abbraccio, che poteva essere limitato ad una cordiale stretta di mano, ha sbagliato con la idea di investire Alberto Zangrillo, medico personale di Berlusconi, dell’assessorato alla sanità, sorvolando sul fatto che lo stesso sanitario si era schierato “senza se e senza ma” con l’antagonista Raffaella Paita. Sempre in Liguria si profila il consueto maltrattamento degli uomini di FdI.

Mentre Renzi ammette incredibilmente l’errore commesso con la scuola, tema su cui trattare o mercanteggiare in sede politico, non appare affatto felice e centrata la condotta di Salvini, incline alla creazione di una “armata Brancaleone”, con l’acquisizione della De Girolamo.

Sulla Meloni occorre lamentare l’assoluto immobilismo adottato sul nodo della riorganizzazione della destra. Le elezioni hanno avuto esito lusinghiero grazie all’appoggio di altri esponenti di area, come Storace, ora c’ è tempo per passi concreti e programmatici fino all’inizio dell’estate, prima del suono della campana dell’ultimo giorno.

Tags: astensionismoGiovanni TotiLiguriaPartito Democratico
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