Quale futuro possibile per l’Italia? Quali sono i limiti e quali le potenzialità del centrodestra? A destra è tempo di ridefinire strategie, priorità e linguaggi? Domande che abbiamo rivolto, in occasione dell’annuale incontro a Custonaci per le Giornate Tricolori, a Francesco Giubilei, dinamico editore e presidente della Fondazione Tatarella.
In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un decadimento complessivo dell’azione politica e le sfide del futuro appaiono veramente ardue da superare.
Quello che occorre veramente è che la politica torni al centro del dibattito nazionale e sovranazionale e lo può fare ritornando a parlare con le persone, ritornando ad avvicinarsi alle persone. Io sono dell’idea che il recente taglio dei parlamentari non favorirà affatto un ritrovato rapporto tra eletto ed elettore sui singoli territori. Nel momento in cui andiamo a tagliare la rappresentatività è chiaro che diamo sempre più potere a quella che è una politica legata ai poteri forti e, quindi, andiamo sempre più a limitare quello che è il peso dei cittadini all’interno del dibattito politico. Occorre, invece, portare avanti un disegno culturale e metapolitico, che debba servire alla politica per contribuire a costruire delle idee e dei processi, che possano, in un contesto assai complicato come quello attuale, diventare programmatici ed in grado di rimettere al centro quei valori che attualmente si sono persi. Oltretutto se la politica viene messa in secondo piano rispetto all’economia e, quindi, si tende a prediligere una visione della società dove l’economia è al primo posto. Si rischia che delle società private che, come per esempio Facebook, si sostituiscano agli Stati, censurando e chiudendo delle pagine di determinate forze politiche o partiti, delegittimando la centralità della politica.
Parlare di idee e di programmi per il futuro sembra quasi un’utopia in quest’epoca che sembra aver avventatamente reciso le radici con le tradizionali posizioni ideologiche del passato.
Quando si parla di post-ideologia occorre partire dal presupposto che oggi si dice la politica non sia più caratterizzata in un ambito orizzontale, ovvero da un lato la destra e dall’altro la sinistra, quanto in un ambito verticale. Da un lato, quindi, l’élite e dall’altro lato il popolo, che hanno sostanzialmente sostituito la dicotomia destra-sinistra. La post-ideologia in Italia è rappresentata pragmaticamente dal Movimento 5 Stelle che nasce come un movimento post-ideologico, ma che ha portato avanti, nel corso del tempo, non tanto una politica post-ideologica, quanto una politica avaloriale. Ovvero una politica che ha dimenticato totalmente quelli che sono i valori che dovrebbero essere alla base della propria attività. Non so se il concetto di destra e di sinistra possano davvero definirsi superati, probabilmente potremmo usare anche dei sinonimi per ridefinirli, ma di sicuro rimangono i valori di riferimento. Nel momento in cui si perdono le idee ed i valori alla base della politica cosa succede? Avviene che il Movimento 5 Stelle si allei un anno con la Lega e l’anno successivo con il Partito democratico giustificando questa azione per l’appunto con il superamento dei concetti di destra e di sinistra. Partendo come un movimento post-ideologico, ha progressivamente dimenticato le idee alla base del progetto lanciato da Casaleggio e da Grillo trasformandosi a tutti gli effetti in un partito di sinistra. Non a caso l’attuale Governo è probabilmente quello più a sinistra della storia repubblicana.
Per la verità questa impostazione post-ideologica non sembra limitarsi nello scenario politico italiano al solo Movimento 5 Stelle.
La Lega, per esempio, non si può definire un partito di destra tradizionale, ma è una formazione politica post-ideologica che senza dubbio interpreta alcune battaglie care alla destra come quella sul presidenzialismo, il tema della sicurezza o la stretta sull’immigrazione. Se leggiamo i discorsi di Salvini e i suoi i riferimenti culturali, ci rendiamo conto che non sempre appartengono al mondo della destra. Però va detto che la Lega è riuscita ad interpretare il cambiamento dello scenario politico per intercettare un ampio elettorato come fece (pur con le dovute differenze) Berlusconi nel 1994 con la sua discesa in campo, rivoluzionando il contesto politico e portando il partito azienda ad ottenere il Governo del Paese. La stessa Lega con una nuova visione della politica, come anche il Movimento 5 Stelle, ha rivoluzionato la modalità di fare politica in due aspetti prettamente post-ideologici, che sono da un lato l’utilizzo del web e dall’altro dei social-network, riuscendo ad intercettare anche quell’elettorato prevalentemente giovanile che in passato, per la maggior parte, votava a sinistra. Non a caso la Lega è riuscita a raggiungere, alle ultime elezioni europee, dei risultati addirittura attorno al 35%, intercettando questo “nuovo” elettorato, grazie ad un utilizzo efficace dei social-network, ma l’ha fatto anche grazie alla presenza, attraverso le manifestazioni di piazza sempre molto partecipate, sui territori. Diverso il caso di Fratelli d’Italia che rappresenta un partito più di destra tradizionale e, in particolare negli ultimi anni, ha assunto un posizionamento ascrivibile al mondo conservatore, ma sta intercettando anche un elettorato deluso dal Movimento Cinque Stelle.
Oggi questa ondata così imponente per la Lega, dal punto di vista dei consensi, sembra però vivere un momento di stallo. È il risultato delle politiche poste in essere dal Governo giallo-rosso?
La Lega, secondo i sondaggi, sta calando nel consenso proprio perché essendo un partito post-ideologico ha un elettorato liquido e non aveva intercettato solo elettori di destra, ma anche chi in passato votata per la sinistra. Tuttavia, se osserviamo i flussi elettorali nelle grandi città, per esempio Roma, nei quartieri storicamente più ricchi come i Parioli, il Partito democratico raggiunge il 40%, mentre se andiamo in periferia a Tor Bella Monaca o Tor Pagnotta, ovvero nelle zone in cui c’è un forte disagio sociale, la prospettiva si ribalta. L’esempio plastico è Ferrara, una città che è stata governata, come gran parte dell’Emilia-Romagna, storicamente dalla sinistra. In passato i cittadini ferraresi hanno sempre votato il Partito comunista, poi i Democratici di sinistra e, quindi, il Partito democratico. Poi, con l’arrivo di un’emigrazione massiccia, in alcuni quartieri della città sono emerse problematiche per quanto riguarda la sicurezza e, pertanto, il cittadino, per esempio un operaio di Ferrara, che ha sempre votato a sinistra e che magari con sacrifici ha fatto un mutuo per acquistare una casa in un quartiere un tempo tranquillo, ne ha visto progressivamente deprezzare il valore. Non solo a causa della crisi ma per la situazione di disagio che nel frattempo si è creata a causa di fenomeni come gli spacciatori legati alla mafia nigeriana. Questo elettore, magari dopo aver chiesto aiuto ai referenti del Partito democratico presenti sul territorio, ha ottenuto risposte che negavano la realtà e l’evidenza. Nel momento in cui la Lega si è candidata come partito post-ideologico è riuscita, di conseguenza, ad ottenere il voto anche di questi cittadini.
Questa chiave di lettura può finalmente consentire alla destra, che si dice sempre essere maggioranza nel Paese, di arrivare al Governo?
Nonostante i cambiamenti che hanno avuto gli schieramenti politici negli ultimi anni, uno dei problemi atavici della destra è, come già diceva Prezzolini negli anni Settanta, un individualismo che purtroppo ha portato sul piano politico-culturale a non creare sinergie. Oltretutto c’è stato storicamente il tentativo da parte della sinistra, attraverso il concetto di egemonia culturale teorizzato da Gramsci, che oggi potremmo definire del politicamente corretto, di ghettizzare e chiudere quelli che sono degli spazi, soprattutto in ambito culturale, al mondo della destra. Un altro problema nasce nel momento in cui la destra, per inseguire il consenso, rincorre battaglie e posizioni che non le appartengono. C’è la necessità, quindi, di rimettere al centro dell’azione politica i valori della destra.