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Home Rassegna Stampa

Intervista a Marco Tarchi. “L’Europa è confusa e disarmata”

di Redazione
18 Novembre 2015
in Rassegna Stampa
0
Immigrazione e dintorni. Intervista a Marco Tarchi
       

All’indomani delle mattanze francesi è il momento capire, analizzare, pensare. Proporre soluzioni credibili e realistiche. Al di là delle giuste emozioni, senza cedere alla demagogia, ai pensieri brevi. Questo è il dovere e il compito della politica. Su queste coordinate vi proponiamo l’intervista a Marco Tarchi, pubblicata sul Corriere Fiorentino martedi 17 novembre. Un contributo importante su cui riflettere.

 

Marco Tarchi, politologo, ha ancora senso tenere distinto l’islam politico dall’islam tout court?

 

Sì, soprattutto se per “islam politico” si sottintende il fondamentalismo, perché se è vero che il secondo può essere un terreno di proselitismo per il primo, lo è altrettanto che molti musulmani – per ora, una larga maggioranza – non condividono affatto i propositi dei dirigenti dello Stato islamico e tantomeno il suo progetto di una guerra tra civiltà. Né va dimenticato che Isis ha sinora massacrato molti più musulmani che cristiani (o “crociati”, come preferisce definirli). Fare d’ogni erba un fascio porterebbe a ridurre la distanza tra i fedeli al Corano e il califfato e a spingerne un numero maggiore, per reazione, contro i paesi in cui oggi vivono.

 

Perché proprio la Francia?

 

Per vari motivi. Da un lato, perché è il paese europeo in cui, attualmente, risiede il nucleo maggiore, sia in numero assoluto sia in percentuale di popolazione di religione islamica – quattro milioni gli ufficialmente censiti, di fatto almeno il 10% del totale – e perciò le accennate possibilità di reclutamento attraverso atti eclatanti sono più elevate. Dall’altro, perché è lì che si è spinta più avanti una predicazione laicista che agli occhi degli integralisti islamici è un lasciapassare per la blasfemia: il caso delle vignette di “Charlie Hebdo” che insultavano e ridicolizzavano Maometto, disegnato, fra l’altro, nell’atto di sodomizzare un maiale – dati su cui, al momento dell’attentato, ci si è ben guardati dal fare una seria riflessione – non è stato certo dimenticato da molti musulmani. Infine, c’è il ruolo che il governo di Parigi ha svolto nell’intromettersi militarmente nelle vicende del Medio Oriente, peraltro in un modo confuso e autolesionista, come quando Sarkozy, su influsso di Bernard-Henri Lévy, ha deciso di attaccare la Siria. Se si bombardano le postazioni dell’Isis, bisogna mettere in conto una rappresaglia.

 

Aveva ragione Houellebecq nelle sue fosche previsioni?

 

Solo in parte, e senza dimenticare che stiamo parlando di uno scrittore, che ha bisogno di adattare la sua prosa a un romanzo, non di un politologo. Houellebecq prefigura infatti una sottomissione, progressiva e tutto sommato volontaria, ad un islam dilagante e alla fine trionfante. Nel caso della Francia, e dell’intera Europa, mi sembra che non di questo si tratti, almeno finora, ma di una situazione di confusione, di smarrimento, di incapacità di comprensione di quanto sta accadendo a seguito dei nuovi scenari disegnati dalla globalizzazione, prima di tutto la crescita esponenziale dei flussi migratori dal Sud del mondo. È possibile che da questo annebbiamento possa scaturire una resa, ma ci sono analisti che ritengono più probabile il contrario, ovvero una reazione violenta della popolazione autoctona contro quelli che rischiano di apparire come degli invasori.

 

Esiste un problema di identità europea? In passato alcuni terroristi erano francesi, magari di seconda generazione.

 

Sì che esiste. E non solo perché già si è scoperto che almeno alcuni dei kamikaze del venerdì notte erano francesi. L’ubriacatura di universalismo, l’affidamento acritico all’irenismo dettato – in buona fede, ma questo conta poco o nulla di fronte alla dura realtà dei fatti – da una vera e propria ideologia dei diritti dell’Uomo, quella che ha incoscientemente portato agli “interventi umanitari” di democratizzazione a mano armata (peraltro fallimentare), e l’ostilità verso ogni affermazione di identità specifiche dei popoli e delle culture nazionali hanno disarmato psicologicamente il vecchio continente. Rifugiarsi in una presunta identità occidentale transatlantica non solo non migliora le cose, ma le ha fortemente peggiorate.

 

Siamo stati deboli nei confronti del nemico? E qual è, in questo caso, il nemico? Libero stamattina ha fatto parecchio discutere con il titolo a tutta pagina sui “Bastardi islamici”.

 

Di fronte ai nuovi scenari, le destre da sempre brillano per incomprensione, ottusità e rozzezza, così come le sinistre spiccano per irresponsabilità e incoscienza. Basta pensare all’impossibilità di un serio confronto con il problema gravissimo – e, come in pochi abbiamo fatto rilevare da anni, foriero a medio termine di pesanti turbamenti dell’ordine sociale e della pace civile – delle ondate migratorie di massa. Da una parte si è risposto con le urla e l’astio, dall’altra con la commozione e le lacrime ad una questione che avrebbe richiesto misure precise, controlli, selezione e capacità di assumere decisioni indigeste alle élites economiche ed intellettuali. Il primo nemico dell’Europa è interno, è l’incapacità di riconoscersi come un soggetto davvero indipendente e sovrano, rispettoso degli altri ma pronto a far valere i propri interessi nei confronti di chiunque intenda calpestarli, che ciò avvenga con un trattato commerciale iniquo come il Ttip o con azioni terroristiche.

 

Secondo lei il Giubileo si dovrebbe tenere comunque?

 

Sì. Guai a mostrare di aver paura di fronte a chi usa quella come sua arma fondamentale.

 

David Allegranti, Corriere Fiorentino 17 novembre 2015

Tags: EuropaHouellebecqIslamstragi di ParigiterrorismoTtip
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