Bombe e vecchi sovrani. Si potrebbe riassumere così, parafrasando il titolo del celeberrimo “Arsenico e vecchi merletti” diretto nel 1944 da Frank Capra, la strategia israeliana di contrasto al governo iraniano degli ayatollah. Accanto alla consueta azione muscolare – da segnalare in queste ultime settimane i ripetuti raid contro bersagli iraniani in Siria -, Tel Aviv sembra intenzionata a giocare anche una partita più sottile e complessa, dando spazio e visibilità ad una figura che potrebbe giocare un ruolo quale possibile punto di riferimento intorno cui costruire un progetto di governo alternativo all’attuale regime.
L’asso calato sul tavolo è Reza Ciro Pahlavi, il 62enne figlio dell’ultimo Scià e principe ereditario del trono di Teheran, attualmente in visita in Israele. Reza Pahlavi, esule negli Stati Uniti, è impegnato nel tentativo di porsi come elemento di mediazione tra le diverse anime dell’opposizione iraniana, tanto in esilio quanto in patria. Uno sforzo cui il governo di Tel Aviv guarda con grande interesse: se la crisi interna iraniana dovesse precipitare – anche se al momento questa possibilità appare lontana – l’erede al trono potrebbe diventare una figura spendibile per guidare un governo di transizione, se non addirittura per diventare capo di stato.
Reza Pahlavi, del resto, è erede di una dinastia che può vantare solidi legami con l’Occidente: suo padre fu riportato sul Trono del Pavone da un colpo di stato organizzato e sostenuto da Stati Uniti e Gran Bretagna, fieri avversari del governo guidato dal nazionalista Mossadeq. Trono difeso anche grazie ad una progressiva stretta poliziesca sul Paese. Si arrivò così al paradosso di un Iran in cui vennero realizzate numerose riforme di stampo occidentale, ma al cui interno imperversava la Savak, la temibile polizia politica dello Scià.
L’importanza assegnata alla visita dell’erede al trono iraniano in Israele è tutta riassunta nella dichiarazione di Gila Gamliel, ministro dell’Intelligence di Tel Aviv, secondo cui con l’arrivo di Reza Pahlavi si compie “il primo passo verso la ricostruzione dei legami tra i nostri popoli. Il principe ereditario simboleggia una leadership diversa da quella del regime degli ayatollah e promuove i valori della pace e della tolleranza, a differenza degli estremisti che regnano in Iran”.
La visita in Israele arriva dopo la partecipazione di Reza Pahlavi alla conferenza sulla sicurezza svoltasi a Monaco di Baviera nello scorso febbraio. In quella occasione il pretendente al trono ha annunciato di essere impegnato, insieme ad altri oppositori del regime iraniano, nella stesura di una carta costituzionale, di cui – però – non sono stati forniti dettagli.