C’era una volta, sul nostro confine orientale, un pezzo d’Italia industriosa e moderna. L’Istria, Fiume e Dalmazia. Fabbriche, cantieri, miniere, lavoro e tante idee. Un mondo inghiottito dalla storia, frantumato dall’ideologismo e dalla barbarie. Per fortuna qualcuno non dimentica e ricorda. Trasmette. È il benemerito Museo della civiltà istrina, fiumana e dalmata di Trieste, un’istituzione preziosa.

Quest’estate le sale di via Torino ospitano la bella mostra “Il segno d’impresa”, una rassegna che racconta — attraverso manifesti, locandine, oggetti — l’impetuoso sviluppo industriale di queste terre negli anni Venti e Trenta del Novecento. Una piccola, grande vicenda che ha coinvolto tante aziende (ben 689) spaziando tra il tessile, l’agro-alimentare, l’estrattiva, l’edilizia, la chimica, i trasporti. Troviamo così i Cosulich, lussignani, e le loro imprese fra mare (prima Austro Americana, poi Cosulich Linee di navigazione) e cielo (Società Italiana Servizi Aerei), o la Modiano che, dopo Trieste, apre anche a Fiume uno stabilimento per la produzione di carte da gioco e di cartine per sigarette. Ma vi sono anche nomi che non si scordano come Arrigoni, l’azienda di confetture, uno dei veri trait d’union fra mare e terra, nella lavorazione e l’inscatolamento del pesce come nel trattamento delle carni e delle verdure per gli estratti per brodi e pietanze varie con la sua sede centrale, amministrativa a Trieste, ma fabbriche ad Isola d’Istria, Cesena, Pola, Lussinpiccolo, Fasana, Grado, Umago, Comisa in Dalmazia …
E poi la Torrigiani di Isola d’Istria all’Ampelea, con sede anche a Rovigno, sino a quegli stabilimenti raccolti poi sotto il nome di Fabbriche Italiane Conserve Alimentari dell’Adriatico, oppure i biscotti rovignesi della Calò, l’allegra famiglia di elefanti dell’omonima fabbrica di cioccolato di Fiume, i maraschini di Dalmazia fra Vlahov, Drioli, Luxardo e i vini di alta qualità di Parenzo con il suo esemplare Istituto Agrario, o lo spumante rosa delle Distillerie Apollonio di Orsera o ancora l’amaro Petrali di Rovigno, il vero e unico “Amaro Istria”. La mostra ricorda anche imprese come la Società mineraria “Arsa”, per il carbone, alle Raffinerie di Fiume, per l’Italol (poi Italoil) per Agip e Romsa, alla Fabbrica di Saponi (anzi: la dicitura aziendale riportava “Fabbrica Soda Cristallizzata”) Salvetti di Pirano o quella di Acidi Carbonico Cuzzi in Pola.

Come sottolinea il poderoso catalogo curato da Piero Delbello (edizioni Libreria antiquaria Drogheria 28) si tratta di un pezzo di storia economica e industriale misconosciuta, a tratti sorprendente ma importante: tra il 1930 e il 1939 l’incremento del personale impiegato ebbe una crescita del 57,13 per cento dando lavoro a 26mila lavoratori. Un lavoro editoriale e un’esposizione che smentiscono definitivamente gli strambi commentatori che per decenni hanno (s)parlato di un tempo di sottosviluppo e sfruttamento.
La mostra, al piano terra del Museo della Civiltà istriana, fiumana e dalmata, in via Torino 8, rimarrà aperta fino al 29 settembre 2019
Orario: da lunedì a venerdì: 10.00-12.30 / 16.00-18.30 sabato: 10.00 / 17.00 domenica: 10.00 / 17.00