L’editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul tema scottante e complesso dello ius soli merita, come tutti quelli dell’ex cattedratico, attenzione e provoca, in questa occasione, critiche articolate e motivate.
Dopo la denunzia dell’”incerta gestione” da parte del PD, che anche su questo argomento conferma e convalida la superficialità e l’inadeguatezza della propria classe dirigente, Galli propone modifiche da rivedere se non da bocciare senza esitazioni.
In primo luogo accusa di “demagogia” il centro-destra , preoccupato di “un’Italia a rischio invasione”, cose se non fosse nell’orbe terracqueo risaputo, caro collega, che il nostro Paese (chi scrive non ritiene possa meritare con i leghisti ed i cattolici di sinistra i nomi di Stato o di nazione) abbia come emblema caratterizzante le sanatorie.
Per analogo ma contrapposto spirito demagogico censura “certa” Sinistra e certo “cattolicesimo”, schierati a favore per “un elementare dovere di umanità”, dimenticando che la Sinistra è totalmente allineata con l’ingannevole mito costruito scientemente attorno a Minniti, stimato ingenuamente da alcuni ambienti di una destra infantile, e che le gerarchie ecclesiastiche vivono soggiogate dall’”ubbidienza”.
Il nodo è rappresentato dal “regolare permesso di soggiorno”, preteso vincolo condizionante, rilasciato dopo imprecisati, nebulosi accertamenti. Né Galli né altri sono in condizione di precisare la sorte dei tanti presunti e pretesi “profughi”, aggirantisi per le nostre città.
Nella seconda parte dell’editoriale, dedicato all’analisi delle caratteristiche delle immigrazioni, le considerazioni sono in massima dose inaccettabili.
E’ interpretazione francamente personale che il fenomeno “non proviene da uno Stato ma da una civiltà, da una cultura mondiale rappresentata da una ventina di Stati, e con la quale la cultura occidentale ha avuto un aspro contenzioso millenario, che ha lasciato da ambo le parti tracce profondissime”. In realtà ed in verità il “contenzioso” non è affatto “millenario” ma al più plurisecolare, causato dalla pessima presenza, affatto incisiva, solo esteriore delle grandi potenze occidentali e dalla condizione politica, sociale ed organizzativa in cui hanno abbandonato i territori, dopo la concessione imposta principalmente da parte dell’ONU dell’autonomia e dell’indipendenza.
Che poi alcuni di questi agglomerati (definirli Stati è assurdo) esercitino “un’insidiosa opera di penetrazione di natura finanziaria nell’ambito economico” è certamente vero ma ciò è consentito dall’immobilismo, dall’assenza e dall’acquiescenza degli Stati ex colonialisti perbenisti, permissivi e minati dalle ideologie radicali e “liberal”. Queste stesse entità del resto, compiaciute e preoccupate degli effetti mercantili, aride sul piano ideale, favoriscono giorno dopo giorno la penetrazione sfacciata e il conseguente sabotaggio alle economie nazionali da parte della Cina.
Galli conclude, ipotizzando un allentamento del vincolo identitario – cultural – comunitario dei gruppi islamici: si tratta di una tesi appunto fantasiosa, di un sogno perché la nazioni occidentali, per non parlare dell’Italia berlusconian – renziana, non posseggono l’attrezzatura dialettica e la spinta ideale per smontare un legame tradizionale, mai seriamente contrastato e quasi sempre vezzeggiato. Ammetto di aver pensato alle parole di Galli, osservando l’altro giorno un giovane proveniente dall’Africa, sperduto ma colto in “preghiera”, sul bordo di una strada di un paese della montagna abruzzese, Ovindoli.