” Quel duello a Modena tra Pasolini e Cerullo “, ha intitolato il Resto del Carlino un recente articolo che ricordava ” un animato, ma civile e brillantissimo duetto tra l’esponente di destra e il celebre scrittore”, ascoltato da una platea “costituita per la massima parte da giovani di sinistra in un rigoroso silenzio. Una situazione inimmaginabile, dati i tempi.”
I tempi, mi pare corresse l’anno 1958, erano quelli in cui militare nel MSI significava mettere a rischio incolumità fisica, accesso agli studi e al lavoro, soprattutto in Emilia.
Il MSI era povero e discriminato, impossibilitato a svolgere adeguate attività di propaganda e di proselitismo. Io scoprii l'”uovo di Colombo”: non potendo promuovere iniziative nostre, bisognava profittare di quelle altrui, a cominciare da quelle dei comunisti, che erano le più frequenti, le più frequentate e meglio organizzate. Così , alla Sala della Cultura, nel Palazzo dei Musei, dove organizzavano conferenze in serie, di varia umanità e materia, io mi presentavo puntualmente a sostenere il contraddittorio. Oltre a Pasolini, anche ad Alatri, per citare un altro nome altisonante. Non sempre, per non dire quasi mai, la platea , “costituita per la massima parte da giovani di sinistra”, ascoltava in religioso silenzio! La volta di Pasolini, si. Forse perché lui accettò di buon grado il contraddittorio, forse per la sorpresa, forse per la scoperta che anche a destra si leggeva e si ragionava, forse per le plausibili interpretazioni del disagio sociale in genere, di quello delle periferie urbane in specie, che noi proponevamo.
Del resto, in Pasolini si coglieva il rifiuto ed il fastidio del conformismo progressista imperante, della melassa “clericomarxista”, che preludeva al prossimo “consociativismo “, che avrebbe visto governare e fare affari insieme democristiani e comunisti, all’insegna del debito pubblico, della lottizzazione clientelare e della speculazione, con l’interessata benedizione di chierici e bigotti e l’attiva partecipazione della gran parte della “intellighenzia ” e della imprenditoria nostrane, tanto avide quanto ciniche e vili.
Pasolini, in fondo, non gli apparteneva. Tormentato da impulsi autodistruttivi, travolto da drammatici conflitti interiori, era un intellettuale autentico, un artista, un letterato colto e rigoroso. La sua cifra era tragica, non grottesca come quella dei suoi ipocriti laudatori. Forse capiva che noi eravamo migliori.
Lo stalinismo e il silenzio dei comunisti italiani stritolati da Stalin
Due notizie mi hanno indotto a leggere un altro libro in “attesa” negli scaffali della mia biblioteca, di essere letto....
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Cerullo è stato il più grande intellettuale della destra politica, peccato che nel 1979 gli elettori – all’epoca ancora col paraocchi e condizionati dall’oratoria almirantiana – non lo seguirono. Se lo avessero fatto la destra non sarebbe poi incappata nella fallimentare esperienza di Gianfranco Fini.
In un libro interessante (e in qualche passaggio semplicemente infame)”La crisi dell’antifascismo” (Einaudi, 2004), Sergio Luzzatto (“Gendarme della memoria” secondo Pansa) ricorda di Pasolini il doppio registro: da una parte l’uomo degli “Scritti corsari” (che certo non erano stati ancora scritti nel 1958) che liquida in qualche modo la dicotomia fascismo/antifascismo superandola difronte alle sfide della modernità. Dall’altro però si duole del tramonto di quella radicale alterità convinto che – dice Luzzatto – “il fascismo costituisce l’essenza del male contemporaneo in quanto attentato biopolitico alla sacralità della vita” (Booom).
Nonostante la cazzata ciclopica è questa impostazione che ancora oggi, applicata a temi di grande attualità (immigrazione, europeismo e sovranità) tende ad emarginare le forze “non conformi”. Continuare a celebrare il Pasolini “buono” contribuisce a far dimenticare il Pasolini intellettuale antifascista – prevalente – che ha lasciato come testamento il suo film più brutto e ideologico: “Salò e le 120 giornate di Sodoma” che è stato un bel mattone aggiunto al monumento del Male Assoluto. Al pari di altri intellettuali celebrati (penso ad esempio a Calvino) anche Pasolini ha le sue grosse responsabilità nella continuazione della Guerra civile dopo il 1945 e questo è stato fatto in ossequio – in entusiastico ossequio, al conformismo culturale che sappiamo bene quale è stato dagli anni Cinquanta in poi. Poi, certo, qualcosa da salvare (tanto o poco) c’è in tutti. E quindi anche in Pasolini. Ma senza dimenticare il resto e cioé le sue forti tentazioni “organiche”