La religione Cattolica è la prima fede religiosa al mondo con circa il 17,7% dei credenti e pari a circa 1,300 miliardi di fedeli. Se sommiamo i fedeli delle altre religioni cristiane si arriva a 2,4 miliardi di fedeli con una percentuale complessiva di circa il 30%. Fin qui sembrerebbe che la fede Cattolico/Cristiana faccia ancora presa sugli esseri umani. Ma un primo dato dovrebbe aiutare a far riflettere. Negli anni ’60 gli abitanti nel Pianeta erano circa 3 miliardi e poco meno di un miliardo di quegli abitanti erano di religione Cattolica. In sostanza, senza considerare i credenti delle altre religioni cristiane, i fedeli rappresentavano da soli circa un terzo della popolazione mondiale.
Oggi gli abitanti del Pianeta sono oltre 7,2 miliardi. I credenti, quindi, sono scesi di circa 860 milioni in proporzione al numero degli abitanti di oggi. Ma quanti di questi cattolici si professano praticanti? Una sempre più esigua minoranza. I motivi del calo dei Cattolici sono molteplici tra cui rientra sicuramente il tasso di natalità che, nei paesi a religione Cattolica, è crollato. Pensiamo all’Europa. Fanno eccezione il continente africano e le Filippine. In quelli con altre religioni o areligiosi il tasso di natalità si è sviluppato in maniera impressionante.
Se parliamo della crisi della Chiesa cattolica, l’America latina merita una riflessione particolare. Nonostante papa Francesco sia nato in Argentina, molti cattolici, nell’America latina, si sono allontanati per abbracciare la fede Pentecostale. Il Brasile, che è il primo paese al mondo con il più alto numero di cattolici, si prevede che entro il 2022 perderà questo primato. Il numero di pentecostali in Brasile in circa 50 anni è cresciuto da 6,8 milioni a 46,7 milioni e nel 2022, secondo delle stime effettuate diventerà la prima religione del Paese. In altri Paesi dell’America Latina, la religione Cattolica è già minoranza. Per dirla con le parole di Rodrigo Guerra Lòpez, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina i cattolici ”si allontanano dalla fede quando non trovano un’esperienza affettiva e comunitaria che cambi la propria vita”.
Da decenni oramai le Chiese sono sempre più vuote. In alcuni Paesi la pratica religiosa è sotto la soglia del 10% e il calo delle presenze domenicali sembra non arrestarsi. Persino la tradizionale presenza femminile è in crisi, così come è in crisi la tradizionale presenza domenicale delle persone della media età. In Italia i “praticanti”, in un decennio, sono scesi dal 33% al 27%. I giovani in Italia sono ancora più distanti dalla pratica religiosa. In Italia appena il 14% dei giovani tra i 18 e i 29 anni sono praticanti.
La maggioranza dei cattolici europei non crede più che non partecipare alla messa domenicale sia un peccato. Ma un sacerdote di Madrid, Tirso Vaquero ammette ”se un cristiano (cattolico) non viene a messa la domenica, ci dispiace sinceramente perché ha perso questo momento di comunicazione con Dio e con i suoi fratelli, non perché abbia commesso un peccato. Questo è secondario”. Ecco uno dei punti principali sul quale la Chiesa dovrebbe soffermarsi a riflettere e domandarsi del perché il Cattolico non cerca il dialogo con Dio e con i suoi fratelli.
Alcune settimane fa un quotidiano riportava una notizia dal titolo emblematico: ”crollo dei matrimoni religiosi sul litorale romano”. Dio non interessa più!

Una volta di fronte ai cataclismi i cattolici si riunivano in preghiera perenne e le Chiese erano affollate, e chi non poteva pregava nei luoghi dove era costretto a vivere per necessità e chiedeva il perdono di Dio per i peccati commessi affinché Dio non assegnasse il castigo. Se pensiamo alla guerra in Ucraina, al di là di Papa Francesco e delle associazioni cattoliche di stretta osservanza che raccolgono nel mondo alcuni milioni di fedeli, quel miliardo e 300 milioni di fedeli non ha sentito la necessità, il bisogno di raccogliersi in comunità e pregare affinché il conflitto avesse fine.
Un aspetto ancora peggiore è la mancanza di un unicum pensare sugli orrori della guerra. Il mondo è diviso, i Capi di Stato sono divisi, l’opinione pubblica è divisa, i partiti, le associazioni sono divisi. Come si può pensare che i cattolici, ma non solo i cattolici, all’unisono, con questi esempi, e con i media tradizionali, con i social, con la finanza, scientemente corresponsabili di queste divisioni, possano arrivare ad una sola conclusione? La guerra è distruzione, è dolore, è povertà, è lutto, è sofferenza, è distacco dai propri territori, è distacco dai propri cari, è morte!
Insomma non esiste più un comune sentire, e di Dio e dei suoi valori, che attraverso la Chiesa vengono diffusi, come Pace, Giustizia, Fratellanza, non interessano più i cattolici.
La mancanza di bisogno di Dio non nasce oggi ma riguarda oramai due generazioni o anche più di due generazioni. I giovani europei tra i 18 e 29 anni non hanno ricevuto quei valori, quelle tradizioni che hanno ricevuto i nonni, per il semplice motivo che i genitori di quei ragazzi erano già privi di quei valori ed era impossibile per loro, non conoscendoli, o non praticandoli, trasmetterli ai propri figli. Era già iniziato il processo di secolarizzazione della quale gli stessi genitori di quei ragazzi ne sono stati le prime “vittime”.
Quindi il problema parte da molto più lontano di quanto si pensi e di quanto si scriva.
Il giornalista ed economista prof. Pier Giorgio Gawronski in un brillante articolo del 22 febbraio 2021, pubblicato su L’Osservatore Romano, espone un’analisi che è parzialmente condivisibile dal mio punto di vista, e mi limiterò a riportare solo alcuni aspetti tra quelli condivisibili.
“Nel corso degli anni c’è chi ha posto l’accento soprattutto sulla identità ( cattolica), sbiadita e inquinata dal benessere e dal liberalismo. Semplificando: la tesi era che una linea di fermezza e rigore dottrinale avrebbe potuto restituire credibilità ed appeal alla Chiesa cattolica.”
“Successivamente l’accento si è spostato e oggi sembra prevalere la visione opposta: se non si ascoltano “i segni dei tempi”, non si è capiti dalle “nuove generazioni”.
Così, oltre ad “attualizzare il messaggio”, le Chiese cercano di “modernizzare la comunicazione”.Come si può pensare di intercettare i giovani quando questi comunicano su piattaforme digitali,se il messaggio religioso viaggia in modo tradizionale? Ma gli strumenti digitali non possono creare un interesse se questo non c’è. Ma nessuna spiega davvero la questione. E statisticamente non ottengono risultati soddisfacenti né le Chiese più “moderne”, né quelle più conservatrici”. Ma il punto centrale sul quale dovremmo discutere e riflettere consiste proprio nella mancanza di interesse verso la fede , verso la religione. L’essere umano non sente più e sente sempre meno il bisogno della fede, della pratica religiosa.
Molti attribuiscono la causa della crisi della Chiesa cattolica alla perdita di credibilità e di prestigio che derivano molto dagli scandali sulla pedofilia e dagli scandali finanziari che hanno coinvolto molti preti ed anche alti prelati.
Gli scandali che negli anni si sono susseguiti hanno portato a condannare non i singoli responsabili ma, ritengo scientemente, la Chiesa nel suo insieme per motivi sociali o finanziari da parte di alcune élite dell’alta finanza che non hanno interesse affinché la Chiesa Cattolica parli di giustizia, di pace, di fratellanza, hanno inciso solo in parte al venir meno della necessità di avere la fede e solo in alcune regioni del mondo. Sicuramente come scrive Mons. Dario Edoardo Viganò, vice cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, su un articolo apparso su SIR , il Servizio Informazione Religiosa: “Per essere autorevoli bisogna essere credibili” ed è stato l’ex nunzio Mons.Carlo Maria Viganò a chiedere le dimissioni di papa Francesco nell’agosto del 2018 per aver coperto i fenomeni degli abusi sessuali e della pedofilia.
Il processo di secolarizzazione in Europa è il motivo principale dell’allontanarsi dei fedeli dalla fede. Con la secolarizzazione si è sviluppata, in automatico, cioè senza alcuna riflessione da parte degli interessati, l’idea che Dio non serva più. Essa ha permesso il confinamento della fede nella sfera privata.
Per riprendere il pensiero di Gian Piero Gawronski: ” la rottura delle relazioni sociali locali determinata dall’interconnessione globale, dalla pervasività del mercato (e delle automobili),dall’elevata produttività del fattore umano, in Occidente può aver snaturato la liturgia domenicale, trasformandola in un rito anonimo di fedeli anonimi. In un mondo che cambia la staticità della pratica religiosa ne determina la crisi”.
Ma la Chiesa può correre agli stessi ritmi della società? Non credo che sia possibile. Per definizione universale ma non esiste più una società composta da “piccoli villaggi” dove tutti si conoscevano e il rito domenicale era condiviso in partenza. Insomma non esiste più la comunità o tante piccole comunità. Esiste il villaggio globale dove la Chiesa ha sempre meno spazio e meno voce in capitolo.
Oggi la Chiesa non può più essere onnipresente. Nelle prime 10 città più popolose al mondo ci vivono circa 270 milioni di persone. Si calcola che nel 2050, il 66% della popolazione mondiale si concentrerà in queste città.
Come si può pensare di risolvere la crisi con le parrocchie o con associazioni cattoliche? La stessa Caritas, che svolge un lavoro esemplare ed ha una dimensione intercontinentale, non riesce a lanciare messaggi di fede. Lo stesso Monsignor Dario Edoardo Viganò dichiara nella su citata intervista: ”E’ assai difficile, in questo senso, riattivare le forme classiche della relazione “verticale” in un ambiente caratterizzato da un modello comunicativo orizzontale, reticolare e socializzato”. E aggiunge:”Ma attenzione: se è vero che esistono situazioni nelle quali viene riconosciuta a una persona credibilità ed autorità, non è detto che questo, anche per questioni numeriche, possa trasformarsi in un riconoscimento sociale e pubblico e possa portare ad un cambiamento di opinione”.
Supponiamo che la Chiesa si adegui e inizi ad utilizzare gli strumenti digitali. Il problema di fondo rimane: come possono gli strumenti digitali suscitare interesse se questo interesse non c’è! E a questo punto sorgono spontanee altre domande: per stimolare un interesse per la fede la Chiesa quali messaggi dovrebbe lanciare sui media digitali? Quale linguaggio dovrebbe utilizzare per suscitare interesse? Quali argomenti dovrebbe trattare? Dovrebbe rivedere, come in parte sta facendo papa Francesco, per rendere “appetibile” l’interesse per la fede in Dio molte delle proprie posizioni sulle coppie omosessuali, il divorzio, l’aborto, l’adozione di ragazzi da parte di coppie dello stesso sesso, il celibato dei preti, i rapporti con la finanza e con la politica?
La Chiesa cattolica, altro effetto della crisi, subisce una costante riduzione, in molte parti del mondo, delle vocazioni religiose. La crisi della Chiesa è molto più profonda e, forse, irreversibile. Pasolini, già il 17 maggio 1973 scrisse un articolo dal sapore profetico: ”Oggi il neocapitalismo la distrugge (la Chiesa ndr)….l’accettazione della civiltà borghese capitalistica è un fatto definitivo, il cui cinismo è non solo una macchia , ….ma un errore storico che pagherà probabilmente con il suo declino. Essa non ha intuito …che la borghesia rappresentava un nuovo spirito che non è certo quello fascista: un nuovo spirito che si sarebbe mostrato dappertutto prima competitivo con quello religioso (salvandone solo il clericalismo), e avrebbe finito poi col prendere il suo posto nel fornire agli uomini una visione totale e unica della vita (e di non aver più bisogno quindi del clericalismo come strumento di potere)”
La verità è che non c’è più bisogno di Dio, della fede. Oggi la religione sono i social, sono i selfie, sono i consumi ad ogni costo, sono la libertà di fare senza freni, di apparire ad ogni costo.