Complimenti a Giorgia Meloni. La sua vittoria è netta e indiscutibile. Ora però inizia la parte più difficile, governare. La vera partita. I suoi elettori attendono discontinuità con il passato e linee innovative ma non sarà facile. Come avverte Antonio Polito su Il Corriere il nuovo esecutivo “patriottico” dovrà tenere conto dell’eredità di Draghi, dei diktat di Mattarella e delle ingerenze di Bruxelles e Washington. Guerra e sanzioni, Pnrr e costi dell’energia. Stars and Stripes e Unione Europea. Insomma, i binari su cui sferragliare sono già stati fissati altrove e guai a deragliare.
Tutto deciso? No. Il nuovo governo destra-centro, forte del massiccio consenso elettorale, ha oggi la piena possibilità di recuperare gradualmente all’Italia pezzi di autonomia e sovranità e, magari, di invertire il processo di marginalizzazione in atto dal 2011. È una questione di volontà politica e un esercizio di lungimiranza e robustezza. Aspettiamo la lista dei ministri e vedremo.
Tanti saluti invece ad Enrico Letta, il “genio” che ha voluto e condotto una campagna elettorale disastrosa. Una sarabanda intrisa di violenza verbale, supponenza, ottusità, cretineria che ha scontentato persino i suoi tifosi più accaniti. I risultati sono catastrofici e all’occhialuto professorino rimane soltanto un biglietto per Parigi. Senza ritorno.
Mentre le faide nel partito democratico si riaprono con la tradizionale ferocia del milieu buonista, in casa Lega il brontolio rischia di trasformarsi in un uragano. Dopo il casino del Papeete Salvini ha eroso, dissipato in pochi anni un patrimonio elettorale straordinario, regalando persino le strategiche regioni del Settentrione — i gioielli di famiglia — alla Meloni. L’aver blindato la rappresentanza parlamentare difficilmente lo porrà al riparo dall’ira dei militanti, stufi delle sue giravolte, e dalle manovre di Zaia, Fedriga e Giorgetti (con in più il redivivo Maroni).
Tra le rovine del centrosinistra svetta ancora una volta il funambolico Matteo Renzi. Con rara professionalità (è un dato che gli va riconosciuto), il fiorentino è riuscito con poca fatica (la parte del mulo l’ha affibiata a Calenda) a portare a casa un risultato più che decente con numeri che gli permettono di restare nei giochi che contano. Renzi rimane così un avversario insidioso quanto callido. L’esecutivo entrante non lo sottovaluti.
Recuperare autonomia e sovranità? Una illusione. L’analisi ottimistica di Marco Valle non coincide con la realtà odierna. A parte quanto scritto da Polito, l’analisi non tiene conto:
– della dittatura globalista in atto;
– che il nostro, essendo un paese a sovranità limitata, quindi schiavo ed ostaggio di molti predatori, non è più Stato, non è più Nazione, non è più Popolo (rispetto ad oggi quello di Metternich fu ben più di un complimento);
– delle quinte colonne “incistiadiatesi” negli apparati di potere di un sistema di per sé già sbrindellato che, appunto, non è Stato;
– di alcuni poteri che si attiveranno al momento opportuno per creare difficoltà alla Meloni.
Si potrebbe continuare all’infinito ma non è il caso.
Dopo il ungo sonno draghiano, tra qualche settimana rivedremo in piazza una tonificata CGIL per contrastare anche il respiro della Meloni