L’insostenibile sensazione di peso del numero uno al mondo Mr. Obama, tradisce ad ogni latitudine le fughe di gas sarin in avanti, tanto attese e tutte da verificare anche per l’uomo solo, Nobel per la Pace. L’uomo del “cambiamento” americano e la folta schiera di sostenitori, gentildonne dell’uguaglianza atlantica-occidentale e i Monsieur le Presidènt all’Hollande, tanto abili da sfilare da sotto il naso italiano la Libia, quanto celeri nel chiudere all’Italia le porte a Sud del Mediterraneo, blindando le strade poco battute ad Oriente, cercano alleati contro il Governo di Damasco. Chi cerca non sempre trova e l’alleato di sempre, la Gran Bretagna, assesta un duro colpo. Game over. Il Parlamento inglesegira le spalle alzando i tacchi e boccia per soli 13 voti la mozione per un intervento in Siria con raid militari.
A questo punto la questione siriana è l’ultimo crocevia, l’ultima speranza per il Congresso americano, per i molti domestici europei e per tutte le discrepanze della disinformazione galoppante dei media, sostenitori dell’Occidentalismo; sbalorditivamente restii nel documentare l’assenza di prove delle armi chimiche in dotazione all’esercito regolare siriano ma, sorpresa delle sorprese, presenti invece negli arsenali degli insorti. La vita di un “ribelle” jihadista è piena di insidie e di autogol, figuriamoci poi, quando a deviare, correggendo l’altezza del tiro amico d’oltreoceano, ammettendo che le armi chimiche erano in proprio possesso (Noreporter.org. Paul Joseph Watson, Infowars.com) e non in mano all’esercito regolare, facendo passare sotto traccia le voci autorevoli come quella di Carla Del Ponte, membro della Commissione ONU che indaga sui crimini di guerra commessi in Siria, non è cosa facile. La Del Ponte, chiarisce, sempre che ce ne sia mai stato bisogno, nell’intervista a lei dedicata ai microfoni della radio svizzera italiana RSI: “stando alle testimonianze che abbiamo raccolto i ribelli hanno usato armi chimiche, facendo ricorso al gas sarin”. Stravolgendo l’attacco con armi chimiche a Damasco dello scorso 21 agosto, quello che pare un rinnovato manifesto alla chiamata alle armi dello Zio Sam, necessita silenzio. La verità può attendere.
Chi non ha più tempo aspetti tempo? Con buona parte dell’opinione pubblica internazionale dalla sua parte e grazie all’uso smodato di penne giornalistiche disponibili al Risiko più importante della Notizia non Notizia, Mr. B. Obama garantisce l’attacco imminente a Damasco solo dopo il 9 settembre. Solo dopo il via libera del Congresso statunitense all’avvio dei lavori di Camera e Senato. Come dire e contemporaneamente sconfessare due poteri: persino i grandi nomi della letteratura americana come Twain, Hemingway, Salinger e Philip Roth, posero l’accento sul cammino accidentato e contraddittorio che dovrebbe aver portato alla costruzione di una nazione dalle mille voci e dalle mille contraddizioni; fermandosi specificatamente su queste ultime, la letteratura americana e le sue personalità letterarie si proposero casualmente nell’ingrato compito di levare un domani il bavaglio ai “capolavori” della politica interna ed estera statunitense? Probabilmente una repulsione connaturale all’avveniristica Beat generation del collega scrittore Normal Mailer, le cui dissacrazioni ebbero l’esatto effetto opposto; amplificando come in questo caso la nuova crociata in Siria, l’onere e i doveri di chi è stato eletto come il “Messia” d’Occidente grazie al volere congressuale da cui non può certo esimersi. Mr. B. Obama e il potere esecutivo di cui è rappresentante vive di luce legislativa, del Congresso. Una novità ? Ieri come oggi, un quiz dal facile scioglimento: estinguersi rapidamente visto le nuove e vecchie forze emergenti, oppure, affidarsi ad un consueto modus vivendi. L’ultima parola, come sappiamo, spetta, purtroppo, al Parlamento degli Stati Uniti. La difesa della libertà e della verità ha il colore limpido dell’iride di Damasco.
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