Non v’è dubbio alcuno che stiamo assistendo ad una delle più complesse e articolate guerre economiche. Le motivazioni sono molteplici e tutte di eccezionale interesse. In primis è d’obbligo osservare che il mondo del commercio e dell’economia è profondamente cambiato infatti l’attuale sistema è direttamente condizionato, se non addirittura dipendente, dal processo di marittimizzazione commerciale. Dinamiche di delocalizzazione industriale in sole alcune aree del mondo ed idiosincrasie tra potenze dominanti e quelle emergenti vanno ad ampliare questo complesso quadro.
Non bisogna poi dimenticare che i recenti lavori di Suez e lo scioglimento dei ghiacci hanno consentito la realizzazione e la messa in essere della Nuova via della Seta e le Rotte Artiche che hanno dato nuovo impulso e maggiore spinta a quei processi già citati. Non v’è dubbio che il confronto tra le potenze mondiali ormai si sviluppa lungo e per il controllo di queste rotte che sono divenute il vero cuore pulsante delle line strategiche di penetrazione economica e commerciale. La liquidità dei processi economici e politici rendono ancor più complesse e articolate le nuove dinamiche che vanno ad incidere sul mondo della marittimità.
Mediterraneo, Indo-pacifico, Rotte Artiche divengono i luoghi di scontro-confronto delle potenze creando repentine mutazioni non solo nel mondo del commercio, ma anche in quello della navigazione. Non è certo un caso che l’autoesclusione del naviglio cinese dall’AIS risponde a logiche di guerra economica. L’AIS (Automatic Identification System) è il sistema che consente alle navi di inviare dati sulla posizione, la rotta e la velocità a stazioni basate sulla costa così da facilitare, anche, le operazioni di scarico e carico nei porti e genericamente supportare tutte le operazioni di Supply Chain. Ora da alcuni giorni le navi cinesi hanno deciso di escludersi da questo sistema causando gravi danni alla rete logistica occidentale impreparata a gestire grossi volumi paventatesi a largo dei porti e degli Hub senza preventiva organizzazione.
Nulla di trascendentale in una situazione di guerra economica, in qualche modo è considerabile come strumento efficace che tende a sabotare la capacità di ottimizzare il traffico portuale e delle merci e la logistica occidentale. Naturalmente tale strategia va letta congiuntamente con le poderose scalate made in Cina delle società di trasporto marittimo e l’acquisizione di porti strategici non solo in Europa.
L’imprevedibilità del naviglio cinese crea non pochi problemi alla catena logistica che impossibilitata ad assolvere repentinamente la sua funzione fa lievitare il prezzo dei noli e delle materie prime. Per cui, in modo artificiale, la domanda si accumula mentre l’offerta è impossibilitata a soddisfarla creando un continuo e progressivo rialzo di prezzi eccezionalmente dannoso per realtà quali l’Europa e l’Italia povere di materie prime e oramai succubi della scelta di delocalizzazione industriale. Si comprende quindi come molti paesi, non solo europei o occidentali, sono costretti ad maggiori esborsi economici pur non riuscendo a soddisfare totalmente il fabbisogno di quelle materie prime indispensabili per la ripresa economica.
In questa chiave di lettura le note vicende dell’Ever Given a Suez assumono carattere funzionale per la strategia cinese. S’intuisce che proprio nell’economia marittima dinamiche legate a realtà cittadine, provinciali o anche regionali siano perdenti già nel medio periodo. Una realtà ancora più concreta per i porti nazionali strangolati tra l’efficientismo e le dimensioni di quelli nord europei e la crescita costante di quelli nord africani.
Non v’è dubbio che il Mediterraneo, dopo i recenti lavori di Suez, abbia avuto nuova linfa poiché oltre ad essere un mare che assolve l’importante ruolo di trait de union tra Atlantico ed Indo-Pacifico si è affermato come luogo d’importanti scambi commerciali. Il che se non supportato da una coerente e lungimirante strategia nazionale ed europea tesa a valorizzare la posizione geografica e le nuove opportunità può tramutarsi in punto di debolezza.
Il comparto marittimo e navale nazionale dovrà agire come un unico coerente per impedire pericolose parcellizzazioni nel settore marittimo poiché renderebbe più facili possibili acquisizioni a prezzi vantaggiosi e sottostimati. Una poco lungimirante politica nazionale o anche semplicemente attendista provocherebbe danni irreparabili per il futuro nazionale, poiché una volta compresa la necessità di realizzare una unica cabina di regia del comparto navale e marittimo italiano ci troveremmo nella sgradevolissima situazione di non controllare più i nostri porti e la nostra rete logistica oramai acquisita da potenze economiche straniere. È in atto una feroce guerra economica e soprattutto marittima prenderne atto non è più sufficiente è giunto il momento di prepararsi visto che si potrebbe contare della liquidità del PRRN.