La/il Lucarelli ricorda a Signorini – resosi colpevole di leso aborto in diretta TV, avendo avuto l’ardire di fare “outing” sulla sua posizione pro vita – che “noi abbiamo votato a favore dell’aborto” con il referendum”, per cui lui ora dovrebbe tacere in quanto “non rappresenta “né il paese né il corpo delle donne”. In sostanza, se non si ha la patente di donna non si può parlare di aborto. Chiaro. Correttissimo ci mancherebbe. Buffo però questo modo di ragionare visto che viene da chi ritiene fra l’altro (al traino del carrozzone LGBT e gender) che tale patente se la possa auto-attribuire chiunque purché si sia svegliato così la tal mattina (nemmeno sentita la motorizzazione), e di già che c’è reclamando per sé anche il sacrosanto diritto civile al ciclo mestruale e al congedo di maternità indipendentemente dal suo sesso biologico.
Vorrei anche io ricordare alla/il Lucarelli (sempre che si possa) che se al referendum fossero stati chiamati ad esprimersi esclusivamente “i corpi delle donne” – termine inclusivo, delicato e poetico con cui i progressisti si riferiscono oggi al genere femminile – non “avremmo” avuto nemmeno il quorum. Peraltro non mi risulta che il referendum in questione avesse decretato anche il venir meno dei diritti civili – tra cui figurano casualmente anche quelli di pensiero, parola e espressione – in capo a chi, all’epoca detentore (pro tempore, beninteso) di “corpo di uomo” o “corpo di donna”, votò altrimenti. Giusto un dettaglio di poco conto, ma esisterebbe anche questo altro piccolissimo “noi” che tutto sommato credo abbia ancora ragione di esistere, anche perché essere a favore delle minoranze solo quando piacciono non mi sembra molto inclusivo. Ma dico giusto per dire, non sono io l’esperto in materia di diritto tribale.