Il 17 luglio a bordo della portaerei Cavour ormeggiata nella Stazione Navale Mar Grande di Taranto, l’ammiraglio di squadra Paolo Treu ha passato il timone della Squadra navale (CINCNAV) all’ammiraglio di squadra Enrico Credendino. Nel suo discorso di saluto l’ammiraglio Treu, che ha concluso la sua brillante carriera nella Marina Militare (nel 1994 fu il primo pilota italiano a completare la transizione sul velivolo AV-8B PLUS e nel 2013-14 fu alla testa del 30° Gruppo Navale guidato dalla portaerei Cavour in Medio Oriente ed in Africa), ha tratteggiato con rara schiettezza lo stato di forte difficoltà in cui si trova oggi la Marina militare. Parole importanti e dirette che riportiamo.
«La mia stagione è quella in cui è la Marina che si fa tempesta. Fra le battaglie c’è quella per l’F-35B, ossia il JSF Joint Strike Fighter a decollo corto e atterraggio verticale, necessario per rinnovare la capacità della Portaerei.
Una battaglia in cui mi sono sempre dato fuoco, consapevole delle ritorsioni, perché si tratta di una capacità strategica per l’Italia, specchio del Suo rango internazionale, militare e non.Ho sofferto per l’assegnazione ad altra forza armata del terzo F-35B, ritenendola il primo tassello di un’evidente strategia che mira a spostare il termine della rinascita della Portaerei oltre il 2030, annichilendo di fatto tale preziosa capacità di proiezione.
La componente JSF imbarcata è infatti quella più pregiata, perché beneficia della versatilità dello strumento aeronavale, capace di muoversi avvalendosi della libertà dei mari e della Sua intrinseca autonomia logistica, in modo da raggiungere ogni parte del globo per lanciare le Sue Aquile Marine nel modo più costo-efficace, rapido e letale.
Ero Comandante in Capo da pochi mesi, ma sentivo l’imperativo morale di compiere un gesto eclatante, salutando per l’ultima volta la bandiera, per attirare l’attenzione del governo – e non solo – su una decisione che ritenevo molto dannosa per la nostra amata Italia.Ma da quel gesto mi fece desistere l’esplosione della pandemia. Mi sarei infatti sentito un vigliacco se, in quella burrasca, avessi abbandonato il timone della Squadra Navale. In me prevalse il dovere morale di rimanere con le mie Donne e Uomini, per affrontare uniti e coesi quell’epocale emergenza.
Richiusi quindi in gabbia il pitbull che ringhiava in me e concentrai tutte le mie energie a sostegno del mio personale e delle relative famiglie, per riaccendere, con una nuova fiamma, la motivazione, l’entusiasmo e lo spirito di appartenenza dei nostri Equipaggi, veri artefici dei successi della gloriosa Squadra Navale.
Fu così che, armati di passione per il nostro lavoro e di amore per il nostro Paese, abbiamo assolto tutte le missioni programmate, proiettando a livello internazionale l’immagine di un’Italia grande, di un Paese che non molla mai e combatte con fierezza. Sempre a causa della pandemia, continuai a tenere imprigionato in me quel pitbull, anche quando il mio cuore subì un nuovo duro colpo: la cessione delle nostre ultime due fregate FREMM all’Egitto. A seguito di ciò, l’Italia ora dispone di un numero totale di unità di prima linea – ossia di Caccia e di Fregate – inferiore persino all’Algeria, oltre che all’Egitto e alla Turchia.
Ciò è in controfase con la costante crescita degli impegni sul mare, cui si è aggiunta la missione EMASOH, nel Golfo Persico.
E poi si consideri le conflittuali spartizioni del Mediterraneo, alle quali ha fatto seguito il potenziamento delle Marine di protagonisti emergenti, che impongono la necessità di presidiare e difendere – con le nostre unità di altura – la neo istituita Zona Economica Esclusiva, pena la soccombenza alla volontà altrui. Tutto ciò mette in chiara e drammatica evidenza l’attuale sottodimensionamento dello strumento aeronavale, il cui elemento di pregio, ossia la Portaerei, rischia oltretutto di rinnovarsi alle calende greche, se i primi 15 F-35B, quantitativo minimo per il conseguimento della reale capacità, non andranno tutti alla Marina.
Con queste considerazioni ho voluto condividere, con l’Ammiraglio Enrico Credendino, due delle mie principali preoccupazioni, oltre alla nota e drammatica carenza di personale. Caro Enrico, a Te che sei un dirigente di prestigio della nostra amata Marina, affido lo strumento aeronavale, ma soprattutto il Suo immenso cuore, la Sua vulcanica mente e le Sue infaticabili braccia, ossia il personale che anima e dà gloria alla Squadra Navale».
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