È evidente, verso la #Littizzetto non nutro alcun motivo di simpatia: non artistica, non politica, non culturale.
Pur tuttavia, mi sento di spezzare una lancia a suo favore, oggi che verso di lei si concentrano gli strali del popolo dei Social networks (tra cui anche molti amici che quindi se la prenderanno per quanto sto per scrivere), per via della sua adesione all’iniziativa #IceBucketChallenge (quelli che si tirano addosso secchiate di acqua gelata, per dirla in modo meno pomposo) ed al conseguente versamento di (soli) 100 euro, a favore della ricerca contro la#SLA.
Anzitutto, il suo versamento è certamente molto superiore alla media dei contributi erogati, anche se magari non proporzionato ai suoi redditi (ma questo è affar suo). Poi, diciamo la verità, se avesse versato 1.000 euro la reazione sarebbe stata pressoché identica, e se ne avesse donati 10.000 il commento, alzando le spallucce, sarebbe stato “bella forza, con tutto quello che guadagna…”.
La realtà, è che questa vicenda insegna almeno 3 cose:
1) la curiosa iniziativa estiva, certamente utile per sensibilizzare su una malattia cui non si pensa spesso quando pure si vogliono fare donazioni, dovrebbe esaurire il suo compito nello spirito emulativo e partecipativo. Su natura e dimensione delle singole contribuzioni, sarebbe serio e giusto che ciascuno mantenesse il massimo del riserbo e dell’anonimato. Non tanto perché, come nel caso della soubrette torinese, se versi poco sei oggetto di critiche; quanto perché se puoi e vuoi versare tanto è meglio che tu non lasci il dubbio di farlo per trarne una pubblicità che sarebbe, quella si, immorale ed odiosa.
2) Le piccate, e a volte violente reazioni, mostrano una volta di più un lato della realtà che con l’avvento dei Social Networks non si può più tacere: gli esseri umani NON sono naturalmente buoni e bucolici come alcune dottrine si ostinano a rappresentare; in loro, piuttosto, prevale l’invidia – il peggiore e più meschino dei sentimenti – come primo approccio verso il prossimo.
Indifferente, in questo senso, che l’obiettivo dell’astio sia l’imprenditore che ha fatto fortuna, il politico che occupa un posto nelle istituzioni, l’attore cui non si riconosce il diritto ad una vita privata, lo sportivo che cambia maglia, la modella troppo bella per non essere rifatta. Importante, per l’invidioso sociale compulsivo, è che qualunque detentore di un reddito superiore alla media dimostri a priori di non avere rubato al prossimo ed al fisco, e che è meglio se assume un’aria contrita a testimonianza della vergogna che avverte per il proprio status non indigente.
Sarò esponente di una ristretta minoranza (mi capita sempre, con la sola eccezione del tifo calcistico, fin dalla nascita), ma uno dei pochi difetti che mi mancano è quello dell’invidia; e quando vedo qualcuno che si è affermato socialmente, politicamente, culturalmente, economicamente, sono portato a pensare che abbia “numeri” superiori alla media, e quindi sia giustamente approdato a risultati maggiori.
3) La Littizzetto, mostrando di non conoscere la spietata regola di cui al precedente punto 2, ha dato prova di essere assai meno intelligente di come la si pensava. Per questo, e non per altro, sarebbe il caso che la televisione pubblica ne riducesse il cachet.
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