Da parecchio tempo, senza che se ne avvertisse la mancanza, mancavano sul “Corriere della Sera” le omelie di Ernesto Galli della Loggia. Ne è apparsa ora una, come se si trattasse di tema inedita, intitolata “Il passato e noi adesso. La paura dell’eterno fascismo”. L’editorialista apre, rifacendosi ad una intervista di Togliatti successiva al rapporto Krusciov sui crimini dello stalinismo, come non fossero tipici, caratteristici e direi naturali di qualsiasi versione del comunismo.
Il cattedratico in quiescenza rileva che Togliatti riconobbe che il dittatore georgiano, segretario, recte padrone assoluto del Partito Comunista dell’Unione Sovietica dal 1922 al 1952, “fece anche delle cose buone”, e si chiede il fondamento della convinzione espressa dalla “pubblicistica democratica”, come “prova allarmante della persistente nostalgia fascista di tanti milioni di nostri concittadini”. Allora per circoscrivere e poi smontare “la intima insicurezza nelle proprie idee e nei propri valori”, Galli si propone come arbitro sicuro e deciso dei torti, degli errori e delle prepotenze ventennale del regime, osservando che “sarebbe stato un’impresa davvero strepitosa non riuscire a fare una cosa buona nella bellezza di venti anni”.
Passa quindi, dall’alto della sicurezza/sicumera ad una elencazione in tono sufficiente delle “ottime cose”. Commette il macroscopico errore di riconoscere tra di esse “l’istituzione del Liceo classico”, in realtà del liceo scientifico, previsto nella riforma del 1923, predisposta dal gigante del pensiero Giovanni Gentile, trucidato dai partigiani comunisti il 15 aprile 1944, e sorvola totalmente sulla realizzazione di opere stradali essenziali.
Il procedimento sulle esagerazioni, sui travisamenti e sulle storture di tanti “democratici”, padroni, oggi come ieri, della stampa quotidiana e periodica, e delle reti televisive , comprese quelle di proprietà berlusconiana, non raramente prone alle sinistre rosse, democratiche e radicali, si chiude nella predica di Galli della Loggia con la domanda retorica “davvero la Repubblica deve avere paura ancora oggi, dopo settant’ anni [?] , del ricordo della bonifica pontina e della trasvolata di Italo Balbo?”.
E’ certo che alla Repubblica, costruita su fondamenta tutt’altro che solide, vedi i settori cruciali della scuola e della magistratura, non recano fastidio critico alcuno giornalisti di fresca acquisizione politica (Capezzone) o remoti ex parlamentari della destra (Carmine Patarino), nostalgico di quel Craxi, mai adeguatamente denunziato per la sua “politica del doppio binario”. Nel settore maggioranza/minoranza del Parlamento (Salvini – Meloni), al massimo lontano dalla cultura, si offre largo spazio ai libelli dal titolo rozzo, quali quello di Bruno Vespa, e non si ascoltano le voci della destra autentica e prestigiosa, qual’ è quella di Franco Cardini.