Dopo un anno sicuramente non facile ora per Salvini è arrivato forse il momento della verità, quello che nella vita di un politico forse passa una sola volta nella vita, il classico spartiacque tra il diventare un vero leader a tutto tondo o quello di rimanere nel limbo dei tanti assurti alle cronache della politica per un periodo più o meno breve, e con grandi aspettative poi andate deluse. L’elenco è molto lungo e riguarda sia politici di centrodestra che di centrosinistra, personalità con grandi aspettative che arrivati di fronte al momento decisivo del loro percorso politico, per errori, combinazioni sfortunate, tranelli, tradimenti o solo per loro semplice incapacità, hanno miseramente fallito l’appuntamento con la storia.
Matteo Salvini si trova in quella situazione, con onore e onere di assumere il ruolo di “king maker” delle prossime elezioni presidenziali. Il capo della Lega sembra entrato nel ruolo che il momento storico gli sta affidando: leader di un centrodestra che per la prima volta dopo decenni gioca un ruolo giocoforza da protagonista. Ma paradossalmente di fronte a Salvini compare ancora una volta l’ostacolo del grande vecchio della coalizione, che da quasi trent’anni detta le regole.
Malgrado l’età e le disavventure lo pongano in una posizione chiaramente subalterna rispetto al passato anche recente, con l’ennesimo colpo di coda ha voluto ancora una volta ribadire la sua centralità. La sua candidatura (con pochissime probabilità di successo) era più un tentativo di mettere i bastoni tra le ruote ad uno dei suoi possibili eredi. Come una sorta di moderno Ugolino, Berlusconi sembrava votato, nella sua lunga carriera politica, ad allevare alcuni suoi potenziali eredi o successori, illuderli in una fase iniziale, solleticando il loro ego, per poi consumarli piano piano fino alla loro definitiva consunzione. Gianfranco Fini, Angelino Alfano, Giovanni Toti sono solo gli esempi più eclatanti di come il cavaliere non riesca a mollare il suo soffocante egocentrismo all’interno della scena politica del nostro paese.
Ma con Salvini è diverso, ha cercato forse di solleticarlo per qualche mese con la proposta di federatore del centrodestra (forse già pensando a come rosolarlo a fuoco lento), ma è stato stoppato prima dai suoi e poi dallo stesso Matteo che forse ha subodorato la trappola. Lui d’altra parte non è un suo” figlioccio” politico, non deve al carisma di Berlusconi parte del suo successo, anzi proprio a causa del declino del partito di Berlusconi, la Lega è riuscita a salire verso vette mai esplorate. Quindi è stato proprio Salvini in maniera astuta e decisa a smorzare subito la corsa di Berlusconi verso il Quirinale. A poche ore dalla sua inevitabile investitura durante il vertice di centrodestra, ha affermato di avere un piano B, conscio delle enormi difficoltà che una candidatura così divisiva avrebbe incontrato.
Insomma ha assunto quel ruolo che tutti, da Renzi a Letta a Conte, li riconoscono e che sembra portare, come anche lui in fondo vorrebbe, all’elezione di Draghi, che malgrado le tante parole di circostanza comincia a stare sempre più stretto ai partiti, Lega in testa.
Chi uscirebbe sconfitto sarebbe proprio Silvio Berlusconi che avrebbe fallito nella sua vera missione e cioè quella di stoppare l’ascesa di Salvini e conservare lo scettro che non riesce ad abbandonare. Certo l’uomo molte volte ha stupito, dato per finito ha saputo come l’Araba fenice risollevarsi dalle sue ceneri, e chissà che anche questa volta non voglia provare un ultimo coupe de theatre, come quello di andare comunque a sbattere contro l’esito di un voto che appare sulla carta scontato nei suoi confronti.
Ma certamente Salvini in questa occasione ha mostrato di poter svolgere il ruolo che in questo momento gli compete e a tenere a bada, almeno per una volta, la sua temibile rivale a destra, quella Giorgia Meloni che ha dovuto suo malgrado seguirlo nelle sue trattative con alleati ed avversari. Si vedrà nelle prossime ore se il leghista saprà gestire sino in fondo uno dei passaggi chiave della legislatura ma certamente il centrodestra ha finalmente compiuto quella ormai improrogabile emancipazione dalla pesantissima ed ingombrante presenza del suo “padre-padrone”. Poi sarà tutto da vedere chi (e come) guiderà questo periodo di difficile transizione, che inevitabilmente comincia dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica.
Berlusconi a terminato la sua presenza nel centro destra sta giocando la partita per tirare la volata a Draghi al Quirinale e Cartabia primo ministro garantendo la continuità della legislazione e preludio ad una alleanza con il P.D.
A questo punto come temevo continuare ha parlare di “centro destra” è un puro esercizio dialettico spero se ne prenda atto e chi ambisce ha rappresentare la destra intraprenda una strada solitaria ma coerente