Se c’è un Paese che nel conflitto russo-ucraino ha visto l’opportunità di regolare vecchi conti con la storia – e di cogliere nuove opportunità geopolitiche – questo è senza dubbio la Polonia: animata da un atavico sentimento di ostilità verso Mosca – in più di un caso declinato in forma di vera e propria russofobia – e attenta a porsi come più solido ed affidabile alleato continentale di Washington, Varsavia si è distinta fin dal 24 febbraio 2022 per le posizioni intransigenti verso la Russia e il sostegno – politico, economico e militare – offerto a Kiev.
Sostegno forte ed aperto che, tuttavia, a differenza di quanto avvenuto per altri Paesi europei – a Roma fischiano le orecchie a qualcuno? – non è senza condizioni, ovvero, con uno spiccato senso di Realpolitik, non può tradursi nell’assunzione di posizioni che possano ledere gli interessi nazionali polacchi. E poco importa se l’alleato ucraino poco gradisce.
Evidente dimostrazione di questa impostazione è la posizione assunta da Varsavia in merito alle esportazioni di prodotti agricoli – granaglie in primis – ucraini. Saltati gli accordi con la Russia sulle esportazioni di grano attraverso i porti del Mar Nero, danneggiate le infrastrutture portuali di Odessa e dei porti danubiani ucraini, le rotte terrestri delle esportazioni agricole hanno assunto nel corso del conflitto un’importanza strategica per Kiev. Tuttavia l’afflusso anomalo di grano ucraino sui mercati dei Paesi dell’Europa orientale ha prodotto notevoli turbolenze, tanto da provocare un crollo dei prezzi a tutto danno dei produttori locali.
Situazione tanto grave da spingere l’Unione Europea ad autorizzare cinque Paesi membri – Polonia, Bulgaria, Ungheria, Slovacchia e Romania – ad applicare restrizioni all’importazione di grano ucraino al fine di tutelare il proprio comparto agricolo. Stop autorizzato fino al 15 settembre. Nonostante la Commissione europea non abbia approvato proroghe alle restrizioni nella commercializzazione di grano ucraino, Polonia, Ungheria e Slovacchia hanno annunciato che procederanno ad imporre nuovi divieti nazionali per salvaguardare gli agricoltori da quella che definiscono una concorrenza sleale.
Decisione che provoca l’immediata reazione ucraina: da Kiev si annunciano non solo ricorsi legali, ma anche misure di ritorsione contro le importazioni di prodotti agricoli polacchi, frutta e verdura in particolare. È il “no” polacco, infatti, quello che più brucia al governo ucraino, sicuro di avere in Varsavia un alleato più che affidabile, pronto a sostenere Kiev incondizionatamente.
Evidentemente nella capitale polacca non tutti la pensano così, tanto che la sfuriata ucraina provoca una reazione immediata e inattesa: ieri sera il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, in diretta televisiva, ha annunciato la fine delle forniture di armi a Kiev.
“L’Ucraina – ha detto Morawiecki – si sta difendendo da un brutale attacco da parte della Russia, e capisco questa situazione, ma, come ho detto, difenderemo il nostro Paese. Non trasferiamo più armi all’Ucraina, perché ora stiamo armando la Polonia”.
Le dichiarazioni del primo ministro polacco aprono la prima crepa visibile nello schieramento euro-occidentale che sostiene l’Ucraina, con forniture massicce di armi e trasferimenti di risorse (senza le quali lo stato ucraino sarebbe in bancarotta). La decisione di Varsavia rappresenta un pericoloso precedente per il governo Zelensky, soprattutto perché arriva in un momento in cui da più parti si mettono in dubbio i risultati dell’offensiva estiva ucraina – annunciata come decisiva dal leader di Kiev – e si dibatte apertamente, soprattutto sulla stampa statunitense, sull’opportunità di continuare con una strategia che non ha portato i risultati auspicati. Il tutto mentre in numerose cancellerie europee aumentano dubbi e perplessità, benché ufficialmente sulla politica verso l’Ucraina la linea ufficiale sia attesta su un generico “business as usual”.
Per Zelensky l’arrivo dell’autunno porta una nuova cattiva notizia, segno che la politica della “faccia feroce” con amici ed alleati – più o meno entusiasti – non funziona più, posto che abbia mai avuto realmente un peso nelle decisioni dei governi europei, ben più attenti a cogliere le sollecitazioni provenienti da Washington che quelle in arrivo da Kiev.
Quanto ai “patrioti” di Varsavia che dire, russofobi sì, ma prima di tutto polacchi.