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Home Economia

La protesta evidenzia la povertà di Torino (nascosta dai media)

di Augusto Grandi
10 Dicembre 2013
in Economia, Home
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La protesta evidenzia la povertà di Torino (nascosta dai media)
       

 

Perché Torino? Perché una rivolta, come quella dei Forconi, nata al Sud vede il momento di massima tensione in una città del Nord? Difficile capirlo affidandosi ai soliti giornali dei soliti padroni. Infiltrazioni fasciste, tuona La Stampa (nota come la Busiarda, la bugiarda), pubblicando una foto in cui si vede un manifestante che manda al diavolo qualcuno, non con la mano tesa in un saluto romano, ma con la mano obliqua nel più classico dei vaffa. Sull’altra sponda replica Ghiglia, leader locale dei Fardelli d’Italia in versione “picchiateci pure, purché siate in divisa”: la colpa degli scontri è dei centri sociali e di Askatasuna in particolare. Non uno che provi a capire la realtà. Non uno che si sforzi di guardare al di là delle infiltrazioni politiche o degli ultras di Toro e Juve per una volta dalla stessa parte. Negozi chiusi, mercati deserti, botteghe artigiane con serrande abbassate.

Eppure, se uno dovesse credere alle menzogne propinate quotidianamente dalla disinformazione locale, Torino starebbe vivendo un nuovo Rinascimento. Palazzi luminosi, milionate di turisti in arrivo da ogni parte del mondo, progetti faraonici per trasformare le lordure architettoniche del Dopoguerra, in stile Dc-Pci, in quartieri avveniristici. Eredità delle Olimpiadi 2006, spiegano evitando di scendere nei particolari. Quei particolari, ad esempio, che sottolineerebbero come gli impianti olimpici siano sottoutilizzati, nonostante le false dichiarazioni dell’ex sindaco Chiamparino che parlava di overbooking per strutture come Palavela e Pala Isozaki. Chiuso, spento, costoso.

Ed i milioni e milioni di turisti? Arrivano con zaino e panino, quando arrivano, e ripartono. Gli hotel si riempiono per avvenimenti isolati, come i campionati mondiali per diversamente giovani. Per il Salone del Libro e per quello del Gusto. Ma i negozi che non sono collocati al Lingotto o nel centro storico della città non hanno il minimo beneficio. In compenso pagano di più per la tassa rifiuti, nonostante la costruzione di un inceneritore e la raccolta differenziata. Tutti i torinesi pagano di più per ripianare i debiti di una giunta che non faceva pagare i compagni che gestivano i locali della Movida. Che non faceva pagare i compagni di un mercato ma a tutti gli altri aumentava tasse e balzelli. Bisogna rientrare dal debito per le Olimpiadi. Quello per pagare collaborazioni e consulenze di amici, figli, nipoti, cugini.

Torino è una città povera, con poche migliaia di ricchi che si incrociano, intrecciano, che si fanno favori, si aiutano. Quelli che si ritrovano nei medesimi ristoranti ed alla Prima del Regio. Gli altri stanno fuori. E gli altri, ora, si sono arrabbiati. Con la grande sorpresa di intellettuali di seconda fila che inorridiscono di fronte a questi bruti, a questi ignoranti, a questi grezzi mercatali che urlano in modo così fastidioso. Mentre loro, gli intellettuali di seconda fila mantenuti dalle istituzioni pubbliche, vorrebbero il silenzio mentre leggono i libri pagati da noi. E si è indignato pure l’ex compagno Adinolfi (Mario Adinolfi, non l’evergreen o everblack Gabriele) e la sua facciona disgustata giustificherebbe, da sola, ogni manifestazione. Ma si sono stupiti anche i vertici delle associazioni di artigiani e commercianti. Ma come, i leader delle organizzazioni cenano amabilmente con sindaco e assessori, e loro, gli straccioni, osano protestare? Qualcuno, ora, si sta chiedendo perché le associazioni non riescono a gestire la protesta, ad intercettare la rabbia.

Ma sono pochi quelli che si pongono domande. Di sicuro non se le pone chi, dal basso di risultati elettorali disastrosi, ha la spocchia di indicare ai rivoltosi cosa devono fare e non fare. Senza capire le motivazioni, senza capire l’esasperazione, senza capire alcunché. Ma il 2% è un risultato entusiasmante, meglio evitare di crescere. Meglio un ruolino insignificante, piuttosto di provare a capire il popolo, la gente, gli elettori. La povertà a Torino? Facciamo la Tav. Troppe tasse? Facciamo la Tav. Manca lavoro? Facciamo la Tav. Non ci sono i soldi per il metrò? Facciamo la Tav. Farsi furbi, invece?

Tags: forconiPartito DemocraticoTAVTorino
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