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La Scala, ultimo bunker dei radical-chic

di Massimo Weilbacher
10 Dicembre 2019
in L'Editoriale
0
La Scala, ultimo bunker dei radical-chic

Foto Claudio Furlan - LaPresse 07 dicembre 2019 Piazza della Scala, Milano (Italia) cronaca Prima del Teatro della Scala: è il giorno della Tosca di Giacomo Puccini. Nella foto: i saluti finali, soprano Anna Netrebko Photo Claudio Furlan - LaPresse December 07th, 2019 Milan (Italy) news La Scala's season premiere: the day of Giacomo Puccin's Tosca. IN the photo: the end of the play, soprano Anna Netrebko

       

In fondo David Sassoli uno dei tanti ascari della sinistra televisiva approdato alla politica grazie al magico tappeto volante del PD, che da sempre ricompensa generosamente i suoi fedeli fiancheggiatori, ha perfettamente ragione: “I quattro minuti di ovazione al capo dello Stato Sergio #Mattarella alla #Scala di #Milano testimoniano una cosa importante: c’è un’#Italia che ha rispetto per le istituzioni democratiche, e che proprio nelle istituzioni vede il simbolo per la ripresa e la rinascita del Paese”.

Così si è espresso il Presidente del Parlamento Europeo a proposito della standing ovation che il pubblico della Scala ha tributato al Presidente della Repubblica e che giornaloni & televisioni hanno ampiamente strombazzato come un avvenimento eccezionalmente significativo. Tutto giusto, a patto di definire correttamente quale sia “l’Italia” di cui parlano Sassoli e il coretto dei media. Perché alla Scala ad applaudire in piedi Mattarella non c’era l’Italia reale, quella della vita di tutti i giorni, quella che tutti i giorni affronta i problemi dei comuni cittadini in tempi di crisi, incertezza e malgoverno come quelli in cui ci troviamo adesso.

C’era invece una ristrettissima cerchia di soliti noti, di pochi privilegiati, ricchi, famosi e potenti, che per censo, status, funzione o ruolo sociale possono permettersi di spendere (o fare spendere a qualcuno) 2.500 euro per una sera all’opera, altre migliaia di euro per mise, toilette e accessori vari magari senza nemmeno interessarsi dello spettacolo ma solo per avere l’opportunità di farsi notare e contemplare come membri di un’elite di censo e/ potere ammirata e invidiata.

Un’adunata eterogenea di happy few, con annesso seguito di dame, damine, damazze, damerini, stilisti, clienti di stilisti, presenzialisti di professione, starlette, veline e chi più ne ha più ne metta, che tutto possono rappresentare tranne che l’Italia reale.

Ovviamente non si tratta di demonizzare la mondanità ed il jet set nostrani, fenomeni inevitabili e tutto sommato vivaci, divertenti e qualche volta persino utili, ma di censurare la protervia e l’arroganza di chi è abituato a considerare in propri interessi esclusivi come interessi generali e i propri privilegi come diritti intoccabili.

Gente che in Mattarella vede più il custode dell’assetto di potere esistente, dello status quo, della propria condizione sociale e dei propri privilegi più che il rappresentante della Nazione, concetto oltretutto molto poco popolare in quegli ambienti. Il garante degli equilibri di potere minacciati da usurpatori brutti, sporchi e cattivi, da nuovi descamisados beceri e ignoranti, sovranisti, populisti, ovviamente fascisti, nemici dell’Europa e del mercato che vanno fermati a tutti i costi.

Oggi non facendoli votare, un domani mettendo in discussione i loro diritti e un giorno, chissà, neutralizzando il fastidioso suffragio universale che tante complicazioni sta procurando ai saggi e competenti che nei loro circoli ristretti ed esclusivi potrebbero risolvere facilmente tutti i problemi di tutti senza tante discussioni e perdite di tempo.

Così si spiega la tanto strombazzata ovazione, che i media conformisti e i maggiordomi delle redazioni vorrebbero invece contrabbandare come espressione di un sentimento generale e popolare di consenso, così come l’anno scorso volevano far credere che la stessa manifestazione fosse un segnale di dissenso e protesta diffusa contro il governo dei parvenu allora in carica. Né l’una né l’altra: solo la ovvia, e tutto sommato banale, espressione dei sentimenti di una ristretta elite sociale che non rappresenta altro che sé stessa.

Qualcuno, però è andato anche oltre nell’analisi (chiamiamola così) raggiungendo vette di creatività e comicità veramente notevoli. Davide Livermore, osannato e probabilmente sopravvalutato regista a la page della rappresentazione scaligera, abilissimo ad innescare quel perverso meccanismo di conformismo e piaggeria culturale che stronca prima del nascere ogni critica e dissenso (nessuno vuole fare la figura di quello che non ha capito o che non asseconda la corrente o che, peggio, va contro il dogma culturale omologato) ha una sua personalissima interpretazione degli applausi a Mattarella.

Militante di sinistra, ovviamente in versione gauche intellettuale au caviar spinta, è abituato a lanciare anatemi e proclami pseudo ideologici mischiando la dimensione personale con quella politica, come quando ha voluto (ma forse dovuto) lasciare sbattendo la porta, la direzione del Palau de Les Arts di Valencia lamentando un attacco della Generalitat Valenciana al suo modo di intendere e gestire il teatro, che per gli spagnoli era però solo una banale questione di contratti, costi e compensi.

Interpellato dunque sul tema, Livermore non si è risparmiato una buona dose di involontaria comicità: “Pochi politici hanno il coraggio di dire che il fascismo è fuorilegge. Nessuno lo dice. La Costituzione italiana è stata fatta da destra e sinistra ma erano tutti antifascisti e contro la dittatura. Nel momento in cui ci sono tanti applausi a Mattarella significa che crediamo nel fatto che la Costituzione è antifascista e che l’Italia è una e indivisibile, e ha bisogno di crescere”. “Dobbiamo partire dalla cultura – aggiunge il bravo regista – Quando si viaggia si scopre che è impossibile essere razzisti, quando si legge si scopre che è impossibile essere fascisti”. Conclusione banalotta per un creativo di tanto spessore, c’erano già arrivati Corrado Augias, i ragazzi-sardina e i frequentatori abituali di talk show.

Chissà cosa ne penserebbero Giovanni Gentile, Giuseppe Bottai, Mario Sironi, Ezra Pound, Filippo Tommaso Marinetti, Luigi Pirandello giusto per limitarsi ai primi che vengono in mente….

Sipario!

Tags: MilanoSergio Mattarellateatro La Scala
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