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Home L'Editoriale

L’amico amerikano di Renzi e la sovranità limitata dell’Italia

di Vincenzo Pacifici
14 Settembre 2016
in L'Editoriale
0
L’amico amerikano di Renzi e la sovranità limitata dell’Italia

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Di fronte alla vergognosa bravata del cowboy yankee non si può rimanere silenti e principalmente acquiescenti. E’ vero che quotidianamente ascoltando le notizie (non davvero i commenti e tanto le interpretazioni dei telegiornali di regime) o leggendo le pagine delle gazzette turiferarie, la quasi assoluta totalità di quelle sul mercato, ricordiamo gli amari versi del “Purgatorio” dantesco, fotografie di una realtà consolidata “Ahi serva Italia di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta”, ma era difficile immaginare che la protervia, l’arroganza e la prepotenza, di certo pilotate, toccassero una punta tanto profonda.

Del resto tutti sanno o dovrebbero conoscere la linea politica seguita dagli Stati Uniti nell’immediato dopoguerra e nei decenni successivi, contraddistinti dalla presenza di uno pseudo statista come John Kennedy.

Dopo aver provveduto alla distruzione di buona parte del territorio nazionale con bombardamenti inutili, causa di migliaia di vittime innocenti, dimenticate totalmente a differenze di quelle dei tedeschi ancora santificate con telegrammi quirinalizi, gli Usa elargirono gli aiuti necessari per la ricostruzione condizionata da allora e per sempre, fino ad oggi e chissà per quanti decenni, se non secoli, all’assoggettamento politico, alla subordinazione cieca ed assoluta.

Dire, magari ripetendo copioni preparati a Palazzo Chigi, che “la vittoria del No sarebbe un passo indietro per gli investimenti in Italia “, significa esercitare una pressione condizionante, cercare di guidare la libertà dei cittadini, ed esercitare una minaccia di soffocamento economico. Persino il “Corriere della Sera”, in una nota di Massimo Franco, intrisa di termini spregiativi anacronistici (“i rigurgiti di fascismo”), ritiene che le parole possano “avere un effetto opposto a quello desiderato” . Massimo Caprara dal canto suo finge di credere all’inconsapevolezza di Renzi, che, se vera, ne confermerebbe la meschinità del ruolo, e passa in rassegna “tutte le scelte degli Usa per sostenere Palazzo Chigi”.

Tra le altre amenità questo tale John Philips ha sancito la certificazione dei bisogni italiani con la stabilità assicurata dalle riforme (di grazia quali?) ma non si è accorto della crisi dell’economia, della frenata e della crescita del debito pubblico.

Tra i commenti, speriamo non effimeri, francamente il più centrato è quello di Bersani (“Sono cose da non credere. Per chi ci prendono?”). Scontato, banale ed irrealizzabile quello di Brunetta (“Ingerenza inaccettabile, corregga il tiro. Mattarella e Renzi devono intervenire e non permettere invasioni di campo”), mediocre, al solito al limite della grossolanità, l’elucubrazione di Salvini (“Il signor ambasciatore si faccia gli affari suoi e non interferisca nelle nostre vicende. Spero che a novembre vinca Trump”.

Logicamente nessuno, tra i tanti “Comitati per il no” (quelli del centrodestra sono invisibili ed inconcludenti), ed in questi giorni di polemica, si è permesso ricordare al “cowboy” che nella repubblica stella vige, intangibile ed indiscutibile, il bicameralismo.

Una lezione di senno giuridico e di opportunità politica è venuta per tutti i contendenti dal presidente emerito della Corte costituzionale Ugo De Siervo. Per il professore fiorentino “Philips ha dimostrato di essere male informato da una fonte italiana non del tutto disinteressata [ chi altri se non Palazzo Chigi?] … perchè gli investimenti stranieri in Italia non dipendono tanto dall’esito della riforma del Senato quanto dall’efficienza della giustizia civile e di quella tributaria, dalla presenza della criminalità organizzata, dalla velocità della macchina amministrativa”. Ridicolizza ancora “lo sventurato” ,segnalandogli uno scenario di segno opposto. “Questa riforma pasticciata rischia di generare un effetto non desiderato. Nella fretta si sono dimenticati di assegnare una competenza certa tra Stato e Regioni per industria , agricoltura e artigianato. Immagino che la Corte costituzionale, in caso di vittoria del Sì, avrà molto lavoro”.

Brunetta lasci perdere i grotteschi scontri con Feltri e le classificazioni della monarchia berlusconiana, estranea all’Italia dal 1861 al 1946, invece, statutaria e non assoluta, e acquisisca le valutazioni di De Siervo per la battaglia antireferendaria.

Tags: John PhilipsMatteo Renzireferendumsovranità nazionaleUSA
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