Gli irakeni vivono uno stato di “profondo shock” e il loro timore è che il Paese venga “trasformato in un campo di battaglia”. È quanto scrive il primate caldeo, il card. Louis Raphael Sako, in un messaggio pubblicato sul sito del patriarcato. Anche la Chiesa irakena segue con attenzione e preoccupazione l’escalation fra Iran e Stati Uniti, che ha subito una accelerazione negli ultimi giorni con l’uccisione in un raid a colpi di missili e droni del potente generale iraniano Qasem Soleimani, capo delle forze speciali iraniane Qods. Nel mirino del presidente Usa Donald Trump, che ha dato l’ordine in persona di attaccare, anche i vertici delle Forze di mobilitazione popolare irakene.
Dopo le esequie di ieri a Baghdad e nelle città sante sciite di Najaf e Kerbala, oggi la salma del gen. Soleimani viene trasferita in Iran; il grande ayatollah Ali Khamenei ha indetto tre giorni di lutto nazionale, che si concluderanno il 7 gennaio con i funerali dell’alto ufficiale. In serata alcuni colpi di mortaio e razzi sono caduti a Baghdad e a nord della capitale, dove in precedenza migliaia di persone avevano partecipato al corteo funebre di Soleimani, cantando “morte all’America”. In altre zone della città, alcuni manifestanti celebravano la morte del generale iraniano. Intanto il comando delle Kataib Hezbollah in Iraq ha ordinato a tutti i combattenti del Paese di restare distanti almeno un chilometro da basi e obiettivi statunitensi.

Di fronte a una escalation che rischia di sfociare in una guerra
aperta, il primate caldeo chiede un “dialogo ragionevole” per
“risparmiare” l’Iraq e la regione da “conseguenze dalla portata
inimmaginabile”.
Ecco, di seguito, il messaggio del patriarca Sako:
Gli irakeni sono ancora oggi in uno stato di profondo shock, per quanto è successo la scorsa settimana. Il loro timore più grande e profondo è che il loro Paese, l’Iraq, possa essere trasformato in un campo di battaglia, più che essere una patria sovrana, capace di proteggere i propri cittadini e garantirne il benessere.
In queste circostante di tale criticità e in un contesto che si fa sempre più pericoloso, credo sia assai saggio e opportuno indire una tavola rotonda che riunisca tutte le parti interessate. A tutti è richiesto l’uso della moderazione, di mostrare un dialogo ragionevole e civile, un agire razionale e saggezza di pensiero, al fine di risparmiare all’Iraq conseguenze dalla portata inimmaginabile.
Tutti noi ci rivolgiamo a Dio onnipotente perché garantisca all’Iraq e alla regione intera un futuro pacifico, stabile, sicuro e una “vita normale”, alla quale aneliamo ormai da sin troppo tempo.
* Patriarca caldeo di Baghdad e presidente della Conferenza episcopale irakena
Fonte Asia News