L’esito drammatico della guerra dell’autunno 2020 – a seguito della quale gli armeni del Nagorno Karabakh hanno dovuto cedere oltre la metà del territorio agli azeri – ed i continui sconfinamenti ed attacchi delle forze azere in territorio armeno hanno spinto, negli ultimi mesi, Erevan a rafforzare le proprie forze armate. Accanto alle tradizionali forniture belliche di provenienza russa – che risentono del raffreddamento delle relazioni tra Erevan e Mosca – l’Armenia ha recentemente aperto un nuovo canale di approvvigionamento dall’India. Nelle scorse settimane sono arrivati in Armenia lanciarazzi multipli, missili anticarro, accanto ad altre forniture non meglio specificate. Martedì scorso il ministro della Difesa armeno Suren Papikyan e il suo omologo indiano Rajnath Singh si sono incontrati in occasione della DefExpo 2022 a Gandhinagar, in quella circostanza si sarebbe discusso anche della fornitura da parte indiana di nuovi sistemi di difesa aerea.
Come ben dimostrato dal conflitto del 2020 a fronte delle accresciute capacità azere, gli armeni sono fortemente in ritardo. Ad oggi, oltre alla manciata di caccia Su 30 gli armeni possono mettere poco altro in campo, ragion per cui avrebbero ipotizzato l’acquisto dei sistemi missilistici indiani “Akash”. Da notare che in questi anni alla difesa aerea del territorio armeno ha contribuito – indirettamente e non solo – la presenza delle basi russe, basi al cui interno sono schierati sistemi missilistici antiaerei.
Ad alimentare la tensione che spinge Erevan al riarmo contribuiscono non solo le ripetute violazioni di confine azere, ma anche le dichiarazioni del presidente turco Erdogan, grande sponsor di Baku. Nella sua ultima sortita Erdogan, affiancato dal presidente azero Aliyev, ha addirittura detto che la “distruzione del Karabakh” da parte dell’Armenia dovrebbe essere portata davanti alla Corte internazionale di Giustizia dell’Aia.