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L’astensionismo cresce. Il Palazzo si preoccupa (senza capirne le ragioni)

di Vincenzo Pacifici
19 Gennaio 2018
in Home
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L’astensionismo cresce. Il Palazzo si preoccupa (senza capirne le ragioni)
       

Secondo un titolo documentato del “Corriere della Sera” 4 su 10 imprese “non versano imposte” , a giudizio dell’ufficio studi della CGIA per 100 euro di gettito fiscale incassato, l’erario ne perde 16,3. Ad ulteriore precisazione si segnala che l’incidenza dell’evasione attribuibile alle aziende sul totale del valore aggiunto dell’economia non osservata (207,5 miliardi) è pari al 44,9%. Un altro 37,3% è riconducibile al lavoro irregolare (valore aggiunto 77,4 miliardi). Un ulteriore 17,8 è ascrivibile ad attività illegali e fitti in nero (36,9 miliardi).

Nonostante queste notizie non siano nuove e principalmente isolate, ci si muove e si fonda soprattutto da parte di Berlusconi la propaganda elettorale sulle agevolazioni (6 anni) concesse alle aziende in caso di assunzione, una sorta di Jobs Act riverniciato.

Lo stesso ex presidente del Milan prova a correggere Salvini, da lui benignamente (recte maliziosamente) designato alla poltrona già di Maroni, sullo spinoso tema delle pensioni, gravoso a carico dei pensionati e dei tanti pensionandi, costretti ad operare anche in età avanzata in ambiti faticosi e quanto mai impegnativi.

Nel consueto stillicidio verbale quotidiano abbiamo appreso che, nel caso remoto di candidabilità non si tirerebbe “indietro” e ascenderebbe a Palazzo Chigi. Si tratta di una notizia per tutti inattesa e sorprendente.

L’autocrate brianzolo ha poi spiegato :”Se non sarò nel Governo, ci sarà un autorevolissimo premier che saprà dirimere i contrasti che sorgeranno. Ho un nome nel cassetto”.

Con questa frase, come al solito trita e ritrita, si arriva al punto cruciale: quello della partecipazione elettorale. Giorni addietro, in una trasmissione di una sua rete, tra le più seguite, Berlusconi ha ammonito che l’astensione equivale ad un suicidio.

Con una intervista su “Famiglia Cristiana” il presidente della Repubblica lo ha affiancato in questa crociata, accorgendosi che, contrariamente alla tradizione italiana di ampia partecipazione, la bassa affluenza “costituirebbe il sintomo di un indebolimento della fiducia nelle istituzioni comuni e quindi uno stato di salute meno florido della democrazia”. Il capo dello Stato è arrivato a concludere, chiamando ad una illogica corresponsabilità gli elettori, ed ha ammonito che “nessuno deve chiamarsi fuori o limitarsi a guardare”.

Ora tutti i cittadini, quale peso esercitano nella selezione delle candidature e in quale misura e come possono compiere le loro scelte? E’ tutto fabbricato nelle “secrete stanze” del Nazareno o di palazzo Grazioli ed è tutto preparato, dopo discussioni e dispute riservate, per l’elettore al quale verranno presentate le schede con i mille e mille “notabili centristi” rissosi ed affamati di poltrone e con i redivivi ma sempre virulenti radicali.

Brancolano nel buio, esprimendo opinioni infondate e disattente, i sondaggisti stessi. Non è affatto fondato che il 36% dei cittadini non abbia maturato la decisione. E’ vero invece, lasciando da un canto i milioni di persone mature e pratiche quanto deluse, che “la metà dei giovani tra i 18 e 24 anni” “diserterà” (più realisticamente sarebbe da definire “rifiuterà”) “perché non ha punti di riferimento”.

E la responsabilità di questa crisi morale, di questa liquefazione di valori non può che essere addebitata ai raggruppamenti egemoni, la sinistra renziana e il centro berlusconiano con i loro progenitori socialcomunisti e democristiani.

Tags: astensionismo
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