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L’aviatore e il marinaio. L’incontro impossibile tra Saint-Ex e Pratt (più Murelli)

di Tommaso de Brabant
18 Aprile 2019
in Home, Libri&LIBERI
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L’aviatore e il marinaio. L’incontro impossibile tra Saint-Ex e Pratt (più Murelli)
       

Il 6 aprile 1943 anni fa, Reynal & Hitchcock pubblicava a New York The Little Prince, racconto dell’aristocratico francese Antoine de Saint-Exupéry, scrittore e aviatore inabissatosi con un aereo da ricognizione al largo di Marsiglia, 75 estati fa.

Il Piccolo Principe è l’opera più famosa non solo fra quelle del giornalista e poeta francese: è un fenomeno letterario mondiale la cui celebrità non accenna a diminuire. Ma Saint-Ex ha fatto molto altro – e scritto ben altro. Lo sa bene Maurizio Murelli, che con AGA edizioni ha curato e pubblicato L’Impero dell’Anima; Metafore e Citazioni; Cittadella (altrimenti irreperibili in Italia e in italiano).

Nei mesi scorsi Lione, città natale del conte scrittore, ha ospitata una mostra dedicata a Hugo Pratt dallo splendido Muséé des Confluences (struttura di vetro e acciaio collocata proprio alla confluence tra Rodano e Saona, il cui nome gioca con quello del quartiere-penisola e con la ragion d’essere dello spazio espositivo: luogo d’incontro tra culture e mondi diversi – contemporaneamente a quella su Pratt, ospitava mostre sul Giappone e sugli sciamani himalayani): Hugo Pratt: Lignes d’Horizons.

Il fornitissimo bookshop del museo offriva l’occasione per accaparrarsi un fumetto che il Maestro di Malamocco, star della mostra, nel 1994 da Losanna dedicò proprio alla gloria letteraria locale, l’Autore lionese scomparso dai radar e dal mondo dei vivi mezzo secolo prima: Saint Exupéry, le dernier vol (Saint Exupéry, L’ultimo volo editato in Italia da RCS-Bompiani nel 1995).

Presentando a Bergamo Cittadella alla Domus Orobica, Murelli disse che soltanto le grandi avventure creano grande letteratura. La guerra, le sfide alla natura, le imprese (anche sportive) estreme. Pratt, nell’intervista alla televisione svizzera la cui trascrizione introduce il fumetto, gli dà ragione: afferma che ciò che lo accomuna a Saint-Ex è l’attrazione per le avventure al limite, anche per la follia della guerra, perché è in esse che si vede fin dove può arrivare l’uomo – fin dove può arrivare la sua pazzia. Saint-Ex lo affascina perché non era un mediocre.

Saint-Ex era l’amico che nel Sahara disegna una pecora per il piccolo principe; ma non era soltanto lui. Così come Pratt era Corto Maltese: ma non era soltanto lui. Due autori, due personaggi, quattro uomini spinti oltre il limite – la stessa ansia per l’assoluto. J’ai découvert ce que c’est la mort. La mort c’est… mai un punto fermo, mai una risposta definitiva (pur avvalorando la tesi dell’abbattimento, da parte di due caccia tedeschi, del P38 armato di sole macchine fotografiche su cui stava volando il nostro, l’Autore non pretende di dare una soluzione all’enigma della sua scomparsa: fa dissolvere tutto in una nebulosa di ricordi e miraggi), soltanto un continuo, febbrile cercare; la fine non è mai tale.

Saint Ex guarda sempre in su, non soltanto perché aviatore. Cittadella, spiegava ancora Murelli, era il suo manifesto di pensiero: contro il pensiero debole che stava stendendo i suoi tentacoli sull’Occidente, contro il cinismo in accezione moderna, oltre il limite contristante del materialismo – sia esso marxista o liberale. Anche Il piccolo principe, pur citato a sproposito in tempi recenti dai “liberi pensatori” che ripetono pedissequamente i dettami del padrone di turno, i discepoli di quelle scuole di pensiero piccino che Exupéry tanto detestava (ha insomma fatto la fine di Pasolini e De André, santini laici ridotti a slogan da quegli impiegati del libertarismo che tanto disprezzavano), è questo: un manuale di sopravvivenza alla meschinità, con l’arma più forte – la poesia.

La religione di Saint Ex e di Pratt, credenti senza confessione, era proprio questa: un ultra-umanesimo grandioso, un rifiuto del limite, un culto dell’onore e della parola data. Pratt si attirerà così gli strali dei ragionieri della rivoluzione telecomandata: troppo libero (e lo era, a differenza loro), troppo poco organico (erano i tempi in cui si facevano i processi ai cantanti schierati dalla parte sbagliata, ma anche a quelli schierati sì dalla parte giusta, però non a tempo pieno): non ci torna utile, racconta l’avventura per l’avventura, il bel gesto fatto appunto perché bello, che roba dannunziana, sarà mica uno di quelli? Poi diceva cose antiche, reazionarie, faceva dire a Corto Maltese di essere l’ultimo degli imbecilli a credere in cose come l’eroismo, l’amicizia, la sincerità e la parola data… robe da fascista. Così i gendarmi del libero pensiero lo fecero fuori, nell’Italia in cui una fazione per mezzo secolo abbondante ha stabilito (in nome della libertà di pensiero e d’espressione) chi poteva scrivere e chi no, fu per decenni un paria. Salvo essere poi recuperato: perché il fratello Pratt (che massone lo era, e fascista no) era troppo bravo, geniale, colto, affascinante – e soprattutto perché in Francia intanto vendeva albi a vagonate.

Nella citata intervista, Pratt lo dice: i miei personaggi sono come Exupéry, perché lui era un marginale. Solitario come Corto Maltese, e come lui triste, stanco di esserlo. Come Pratt, emarginato dalla parte “giusta”: il fumettista riminese-veneziano per aver dato l’impressione d’essere dalla parte sbagliata, il conte lionese per non essersi schierato in tempo con i giusti. Anche lui, senz’altro non un camerata, ma comunque di sicuro un eroe dello spirito, della reazione alle piccolezze della modernità e alla bruttezza del pensiero debole. Inquietante per chi, prima di apprezzare un artista (fosse anche grande, come loro due), ne saggia l’agibilità politica; intollerabile per il culturame che ha fatto della letteratura e del cinema contemporanei una ininterrotta cronaca autoreferenziale di vicende da salotto, e dell’arte contemporanea un cumulo di detriti, tutto in nome dell’incapacità di guardare oltre.

La mostra di Lione dedicata a Pratt e al suo personaggio più celebre è stata un bellissimo viaggio fra personaggi e luoghi: un diorama di scene epiche, tragitti senza sosta, donne bellissime e uomini sciagurati: dal grottesco Rasputin in libera uscita dalla corte dello zar, al multiforme Klingsor, a un Lawrence d’Arabia evocato ma non incontrato, eppure così vicino (anche lui smarrito “nell’ondeggiante oceano / nell’armonia sonora / del respiro del mondo / nell’alitante Tutto”). Così come l’omaggio di Pratt a Saint-Exupéry, Le derniel vol è un viaggio a ritroso fra amici perduti, donne amate e ricordi d’avventure. Pratt ritrae Saint-Ex col suo volto sgraziato che non gli impediva di essere affascinante, dinoccolato, sempre con la sigaretta in bocca (come Corto), spesso con giubbotto, casco e bocchettone da pilota (che stanno quindi al Lionese come il berretto e la giubba da marinaio stanno al Maltese). Il tratto è quello caratteristico di uno degli autori che hanno fatto, col fumetto, arte: secco, brusco ed elegante, segni essenziali e ben proporzionati, e l’acquerello che con pochi colori rende tutti gli scenari del mondo.H

Musée des Confluences, 7 aprile 2018 – 24 marzo 2019

Catalogo: Lés editions RMN – Grand Palais

Lingua francese, illustrato, ppgg. 240, euro 39,90

Tags: Aga editriceAntoine de Saint ExupéryavventurafumettoHugo PrattletteraturaMaurizio Murelli
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