Al di là delle profezie di Nostradamus, delle visioni di Hugo che aveva descritto il rogo di Notre Dame, delle ipotesi sull’attentato terroristico o sulla ormai sempre più abituale sciatteria di chi si occupa dei lavori di ristrutturazione, da Parigi arriva un segnale completamente diverso: la famiglia Pinault ha stanziato 100milioni di euro per la ricostruzione della cattedrale. E subito dopo Bernard Arnault ne ha messi a disposizione 200.
D’accordo, i Pinault sono ricchi, molto ricchi. A loro fanno capo marchi prestigiosi come Yves Saint Laurent o Gucci e Bottega Veneta. Mentre Arnault è proprietario di LVMH (Louis Vuitton, Moët, Hennessy). Ma anche in Italia i ricchi non mancano. In compenso mancano i mecenati. Di fronte ad un disastro come quello di Notre Dame, i predatori italiani non solo avrebbero accuratamente evitato di offrire 100 milioni ma avrebbero chiesto risarcimenti perché danneggiati dalla mancanza di una grande attrattiva turistica.

Ci sono eccezioni: i Ferrero hanno donato 5 milioni di euro per l’ospedale di Langa. Ed altrettanto ha regalato il notaio albese Vincenzo Toppino. Ma, appunto, si tratta di eccezioni. Il mecenatismo non fa parte del patrimonio culturale di chi è abituato a sfruttare i lavoratori. O, forse, non fa più parte. Perché in passato non sono mancati grandi interventi di quelli che venivano definiti “capitalisti illuminati” animati da uno spirito che i critici bollavano invece come paternalismo.
I villaggi costruiti da Leumann, da Rossi, da Marzotto erano esempi di socialità, di rispetto, di un’idea di comunità di intenti, oltre ad essere spesso pregevoli tentativi di creare un’architettura al servizio di un’idea e delle persone.
Ma non era neppure una novità legata alla prima industrializzazione. Già nel Settecento il Ducato di Savoia aveva predisposto i depositi di mendicità per accogliere i disperati. Anche per motivi di decoro e di ordine pubblico, certo, ma esisteva un senso del dovere nei confronti dei più deboli. E c’erano strutture per accogliere donne abbandonate, ragazze orfane.
Ora non più. Gli splendidi palazzi della nobiltà hanno lasciato spazio agli orrendi edifici dei nuovi ricchi, le belle case popolari degli Anni 30 sono state seguite dagli osceni alveari degli Anni 60-70. Dalle case popolari ai lager per lavoratori-merce. D’altronde il popolo non esiste più per i predatori. Non serve, il popolo. È pericoloso perché si rivolge ai populisti per essere difeso invece di affidarsi ai predatori per essere giustamente sfruttato e vessato.
E allora Pinault diventa fastidioso per i suoi colleghi italiani. Perché il confronto è impietoso, perché qui si investe poco e si dona meno.