All’Italia i profughi. Alla Francia di Macron la Libia e il petrolio. A servirci l’ennesima beffa ci pensa oggi il novello Napoleone ricevendo, nel ruolo di paciere, i grandi rivali libici, il generale Khalifa Haftar, signore della Cirenaica e il premier Hafez Al Serraj, l’irrilevante premier di Tripoli su cui il governo Renzi, ha puntato tutto ricevendo in cambio meno di niente.
A rendere tutto più difficile contribuisce la presenza all’incontro Macron-Serraj-Haftar di Ghassan Salamé, l’ex ministro della cultura libanese nominato inviato Onu per la Libia. Una presenza tutt’altro che neutrale visto che Salamé si divide tra Beirut e Parigi, dove dirige la Scuola di Affari Internazionali. E a rendere quella presenza ancor più inquietante s’aggiunge la poltrona occupata da Salamé ai vertici della Open Society Foundation, l’organizzazione con cui George Soros coordina le attività a favore dei migranti. Facile capire che con uno come lui a seguire i colloqui di Parigi la questione profughi, cruciale per l’Italia, rischia di diventare irrilevante. Mentre assai più intensi saranno gli sforzi per rafforzare l’asse Parigi-Tripoli.
Un’asse di cui Haftar, unico in Libia a controllare qualcosa di simile a un esercito, rappresenta un assetto fondamentale. Un assetto che l’Italia di Renzi ha sempre disdegnato preferendogli un Serraj rivelatosi assolutamente inutile sia nel fermare i profughi, sia nel garantire gli interessi nazionali dell’Italia. Ma oggi gli errori inanellati da Renzi ed ereditati da Gentiloni rischiano di venire al pettine. Perché come ha ricordato il ministro degli Esteri francese Jean Ives Le Drian: «Per il mio capo di stato la Libia è una priorità».