Nel momento in cui il premier Draghi ha annunciato l’inaugurazione di 57 cantieri ha fatto ciò che ci si aspetta da un presidente del Consiglio. Mario Draghi ha tentato di segnare la via per una ripartenza della nazione e l’unica via percorribile è quella di un debito che sia produttivo, foriero di crescita, una crescita tale da permettere di ristabilire piano piano l’equilibrio dei conti pubblici. Mario Draghi dunque mette in mostra il suo lato keynesiano di allievo di Federico Caffè, guardando a un’agenda europeista, ma nel segno degli investimenti sul futuro anziché nel segno del rigore a tutti i costi.
La crisi epidemica ha introdotto la necessità di andare oltre il ragionierismo e per guardare al futuro con maggiore pragmatismo. Draghi ha definito “eccellente” l’atmosfera nella compagine governativa, eppure è chiaro che sta cercando di mediare fra gli impulsi prudenziali di Speranza e in generale dell’area PD con la tendenza aperturista di Salvini. Di questo conflitto che Draghi ogni volta deve mediare con non poche difficoltà potrebbe avvantaggiarsi Giorgia Meloni, se saprà trovare una sua via distintiva per venire incontro alle esigenze e alle urgenze dei cittadini.
Il conflitto interno al governo potrebbe trovare soluzioni, ma è più probabile che pervenga a una o più crisi, dato che la destra guarda al voto da qui a un anno, dopo l’elezione di Draghi (probabilmente) al Quirinale mentre invece il PD sembra molto più orientato a al completamento della legislatura con Mattarella. Sempre dal lato del PD, l’apertura di Letta a Berlusconi sembra orientata a riallacciare e consolidare un antico rapporto di amore-odio, forse anche nell’ottica di una separazione fra Salvini e il Cavaliere.
Il PD ha sentito l’urgenza di un cambio di facciata, pur con un volto nuovo e non esattamente sinonimo di successo politico, dopo la caduta di Conte e quindi di Zingaretti, che puntava tutto sull’asse con il Movimento 5 stelle – oggi con una base sempre più delusa. Vi sono correnti, all’interno del PD, come quella dalemiana, che sembrano agire da forze centrifughe rispetto a Draghi, ma a queste sembra fare da contraltare quella di Letta, allineata alle politiche dell’ex banchiere. Draghi con il suo lavoro di sintesi fra partiti e fazioni contrastanti, che coinvolge anche la discussione sul Recovery plan, sta mostrando quel suo lato politico che, pur in un ruolo tecnico, aveva già mostrato in veste di presidente della BCE. Si vedrà nelle prossime settimane come le classi lavoratrici più in difficoltà reagiranno alle sue azioni rivolte a un’apertura graduale.