C’è una guerra civile in Siria, da 7 anni, e da altrettanto e anche di più i civili – uomini, donne, vecchi, bambini – muoiono. Atroce, inconcepibile, certo: da 7 anni. Qualcuno non se ne era accorto? Può essere. Qualche casalinga distratta. Qualche ragazzo disinteressato dell’attualità. Qualche eremita in una baita di alta montagna senza elettricità.
Certamente non i giornalisti. Non è infatti possibile che tutte le testate mainstream giornalistiche e televisive ignorassero il dramma della Siria. Come, certamente, neanche i capi di Stato, specialmente di quegli Stati che in Siria sono direttamente e indirettamente coinvolti.
Invece ci eravamo sbagliati. L’8 Aprile un (presunto) attacco chimico fa scoprire a tutti questi che in Siria si combatte una guerra e che la gente, i civili, i bambini muoiono. Ah no, tuonano i giornali e le TV, adesso basta! Giusto, risponde il presidente USA Trump, adesso basta: pronti a ritorsioni, bombardamenti, forse l’invasione – tutte azioni che certamente non comporteranno ulteriori morti. E dire che secondo quelle stesse Ong che denunciano il (presunto) attacco chimico, in febbraio sempre il regime di Damasco aveva ucciso più di 200 bambini e un migliaio di civili. Perché proprio adesso?
Ci piacerebbe pensare, davvero, che il sangue degli innocenti abbia fatto traboccare un vaso già da tempo troppo colmo. Ci piacerebbe pensare che gli USA abbiano davvero motivazioni umanitarie, dopo aver permesso che i loro alleati Turchi massacrassero i loro alleati Curdi. Ci piacerebbe pensare che davvero Assad abbia bombardato con le armi chimiche coloro con i quali aveva appena finito di negoziare una resa. Ci piacerebbe pensare davvero che i servizi su tutti i media occidentali da tre giorni celebrino il martirio dei bambini siriani e che non siano solo schifoso sciacallaggio, che non siano la comoda coperta per un attacco in Siria. Ci piacerebbe pensare di poter essere così ciechi, idioti o distratti, per una volta. Ci piacerebbe, ma pensiamo; e la verità non ha alcun vaso, e se ce l’aveva si è rotto, e ci siamo rotti anche noi.