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Home Economia

Le urgenze della marineria italiana e il muro di gomma della politica

di Nicola Silenti
30 Luglio 2019
in Economia, Home
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Le urgenze della marineria italiana e il muro di gomma della politica
       


Un’attesa snervante che diviene ogni giorno di più delusione e rabbia: la rabbia di chi si trova davanti al muro invalicabile del silenzio e dell’indifferenza di chi invece avrebbe il dovere di fare qualcosa. La pazienza del comparto marittimo italiano riguardo alla passività della politica di fronte alla lunga serie di urgenze e drammi quotidiani di uno dei settori portanti dell’economia italiana è da tempo ridotta ai minimi termini, via via evaporata nel refrain delle cronache di una stampa satura come non mai di diatribe sterili e insulse risse di potere che fanno da mesta appendice a questa torrida estate. Una congerie di problemi complessi e impellenze croniche, quelle del settore marittimo, che da tempo non trovano risposte adeguate dalle istituzioni di riferimento e in particolare da un ministero dei Trasporti che appare soverchiato dalle tante, troppe questioni irrisolte.

Un ministero incapace di dare risposte degne di questo nome al cluster marittimo, come denuncia il responsabile dei trasporti della Lega Edoardo Rixi, che ha affermato di recente come la debolezza dell’autorità politica e le divisioni di Assoporti stiano portando pericolosamente al blocco delle attività portuali in quanto nulla è stato fatto da quando è andato via.
Una situazione di pericoloso immobilismo che rischia di bloccare sine die l’attività portuale e non solo, proprio in un momento in cui la frenetica contingenza del mercato globale imporrebbe una drastica e repentina iniezione di riforme a un sistema che reclama da tempo un robusto e convinto sostegno per il proprio rilancio.

Un immobilismo istituzionale che in tanti individuano anche come causa del tracollo del Porto canale di Cagliari, dilaniato e offeso dalle beghe di cortile di una politica in troppi casi miope reduce da un clima di continua emergenza con un triennio di commissariamento. Un clima di emergenza e di divisione che in appena tre anni è costato al porto industriale del capoluogo isolano un crollo di oltre il 70 per cento della movimentazione delle merci, con una spirale al ribasso tanto cronica e inarrestabile da aver reso sempre più uno scenario concreto l’incubo della chiusura e della disoccupazione per le centinaia di lavoratori della struttura e dell’indotto. Uno scenario drammatico che ha spinto il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mare di Sardegna a mettere lo scalo sul mercato, decretando la fine della concessione di Contship e aprendo le porte a un nuovo operatore che tuttavia al momento nessuno intravede anche perché l’industria dello shipping (contenitori) ha subito una grande evoluzione negli ultimi anni che ha ristretto il numero dei vettori internazionali raggruppati su tre “Alleanze”.


Una tragica evidenza dei fatti che sembra confermare la necessità dell’istituzione di un ministero ad hoc per le problematiche del mare, e che di certo rinsalda in tanti lavoratori la convinzione di essere stati abbandonati dalla politica. Di certo nessuno può ormai smentire la tesi di tanti addetti ai lavori della necessità di un accentramento delle prerogative e delle competenze in capo a un ufficio unico, e che oggi si trovano invece parcellizzate in uffici, dipartimenti e strutture territoriali differenti: un labirinto burocratico disorganico e dispersivo da smantellare per restituire la rapidità che i tempi richiedono all’esecutività degli iter burocratici e delle decisioni dell’Autorità.


A conti fatti a intaccare nel profondo tante delle potenzialità del comparto, e in particolare quello della portualità, è proprio l’assenza di una leadership autorevole e di un organismo decisionale al centro della struttura di governo del comparto. Una nebulosa burocratica contro cui ha puntato il dito nei giorni scorsi Fabrizio Vettosi, managing director di Venice Shipping and Logistic e consigliere di Confitarma, che in un documento riportato dal quotidiano Il Secolo XIX ha denunciato in modo efficace «le troppe infrastrutture a mare realizzate ed in fase di realizzazione, a dispetto della famosa “teoria idraulica” per cui un “grande lavandino” (molti porti grandi) a fronte di un “tubo piccolo” (ferrovie inadeguate) genera solo ingorgo».

Ma a generare la denuncia di Vettosi è soprattutto un’implementazione molto “politica” e poco “tecnica” della recente riforma delle Autorità di sistema portuale», con una “sovrapposizione di ruoli” e un proliferare di “aree grigie” che genera un clima di incertezza e spaventa i potenziali investitori. Un’indeterminatezza e un’assenza di interlocutori che pesa come un macigno sul futuro del comparto marittimo italiano, stretto nella morsa mortale dei troppi interessi di parte e della miopia di chi ancora non vuole che, a occuparsi di mare, sia chi il mare lo respira ogni giorno, lo abita e lo vive.

Tags: economiaFabrizio VettosilavoroMareportitrasportitrasporti marittimi
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