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Home L'Editoriale

L’economia del domani sarà partecipativa

di Mario Bozzi Sentieri
22 Luglio 2019
in L'Editoriale
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L’economia del domani sarà partecipativa
       


Come tutti i fenomeni di portata “epocale”, anche il tema della partecipazione dei lavoratori all’interno delle aziende ha tempi e modalità di lunga durata. Vecchie mentalità sono al tramonto. La conflittualità ideologica non sembra più essere un orizzonte realistico, sia per i lavoratori che per il mondo imprenditoriale. Meglio mediare, costruire percorsi condivisi, fidelizzare i dipendenti, riconoscendone il valore professionale. L’idea del lavoro come merce, teorizzata da Marx e concretizzatasi con il capitalismo, non regge più il confronto con la realtà economica, sociale e tecnologica del Terzo Millennio. Partendo da questa presa d’atto si può comprendere, dati alla mano, l’emergere di una nuova sensibilità collettiva, allo stato nascente, che vede nel benessere dei lavoratori e nell’azionariato dei dipendenti le nuove frontiere di una più alta e matura consapevolezza sociale.


A parlare sono due recenti ricerche, che segnano il mondo del lavoro: una sulla correlazione positiva tra benessere dei dipendenti, produttività, e performance aziendale, l’altra sull’espansione dell’azionariato dei dipendenti in Europa.


Sul primo versante ci sono i risultati di una meta-analisi di studi indipendenti, raccolti da Gallup, sul benessere e la produttività di quasi 2 milioni di impiegati e le performance di più di 80.000 unità aziendali, provenienti da 230 organizzazioni indipendenti che comprendono 49 settori in 73 paesi pubblicata da Krekel, Ward e De Neve.
Lo studio condotto da Christian Krekel, George Ward e Jan-Emmanuel De Neve prova a far luce sulla relazione tra benessere e performance aziendali. La soddisfazione dell’impiegato ha una correlazione positiva con la fedeltà del cliente e una correlazione negativa con il ricambio del personale. È importante sottolineare che la maggiore fedeltà del cliente e la produttività dei dipendenti, come anche il minor ricambio del personale, si riflettono nella maggiore redditività delle unità aziendali, come evidenziato da una moderata correlazione positiva tra la soddisfazione dell’impiegato e la redditività.
Nel complesso i dati indicano l’importanza universale del benessere dei dipendenti in tutti i settori.
Tradotti in estrema sintesi questi dati vogliono dire che le buone pratiche d’impresa e la fidelizzazione dei dipendenti rappresentano le nuove frontiere (anche contrattuali) sulla via dell’integrazione sociale e della trasformazione dei rapporti tra datore di lavoro e lavoratori in un patto associativo permanente. E qui entra in gioco il tema dell’azionariato dei dipendenti.


L’anno trascorso, il 2018, è stato un nuovo anno record per l’azionariato dei dipendenti in Europa, con quasi 400 miliardi (pari al 3,11%) di capitalizzazione posseduta dai dipendenti nelle loro società.
Sempre più società europee disegnano piani di azionariato riservati ai dipendenti: l’87,3% delle grandi aziende europee hanno offerto piani di azionariato, il 52,3% di tipo generalizzato, diretto a tutti i dipendenti. Il 33,4% ha lanciato o reiterato piani di azionariato, un dato che ogni anno aumenta.


Anche il numero dei dipendenti azionisti è di nuovo in crescita, e raggiunge 7,5 milioni nelle grandi società. Se aggiungiamo le piccole e medie imprese, circa un milione, il dato totale arriva a 8,5 milioni. In coincidenza con la crisi finanziaria ed economica alcuni Stati europei come la Gran Bretagna hanno scelto di potenziare l’incentivazione fiscale, con la promozione dell’azionariato dei dipendenti e del risparmio di lungo periodo come investimento per il futuro.
Per quanto significativi questi dati non esauriscono il più ampio e complesso tema della partecipazione sociale e di una cogestione che non si limiti all’espansione dell’azionariato dei lavoratori. Siamo cioè in premessa di un discorso che va approfondito e reso più diffuso.


Al fondo – questo però è il dato più rilevante – è che grazie a questi processi d’integrazione va crescendo una volontà partecipativa in grado di permeare l’intero assetto sociale: nuova consapevolezza (dei lavoratori e dei datori di lavoro), risultati immediati (in grado di realizzare le cosiddette “buone pratiche” all’interno delle aziende), integrazione (grazie all’azionariato). La prospettiva è la realizzazione di autentiche e più alte forme di partecipazione. Ce n’est qu’un début . Comunque un buon inizio. Da non sottovalutare. E da seguire con attenzione.

                        

Tags: capitalismoeconomialavoropartecipazione
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