La nostra epoca è all’insegna della convivenza felice, in occidente e oramai nel mondo tutto, tra tecnocrazia e ultraliberismo. Tecnici a far le veci di corpi politici screditati, che sarebbero ormai inutili in quanto colpevoli di essere troppo politici, ridotti a burattini delle proprie ideologie, con il libero mercato a provvedere a tutto il resto, quasi fosse un padre premuroso. Piaccia o meno i rapporti tra i popoli sono ridotti ad economico quantitativi, e tutti finiamo ostaggio l’uno dell’altro. Il colpevole? Il problema delle “risorse scarse”. Appare così come sacrosanto ed inevitabile che quella che è la scienza suprema del problema in oggetto, ovvero l’economia, invocata bramosamente quasi come una divinità purificatrice, venga a insediarsi sul trono del mondo.
There is no alternative
Ma in questo imperialismo 4.0 il sovrano è solo una presenza ectoplasmatica, una immanenza che si limita a ratificare il reale come razionale. È un governare che abdica a sé stesso nel nome della santificazione del pilota automatico, che sempre tira dritto verso orizzonti che promettono sorti magnifiche e progressive o quantomeno progressiste. Ma non è forse solo un patto mefistofelico per il governo del conveniente in luogo del giusto, il cui senso si è smarrito del tutto nella società materialistica e secolarizzata in cui viviamo, orbata di ogni numen? Tutto si vuole (si deve) ricondotto e ridotto a scelte economiche – matematiche e facili quando non “automatiche” – pur di fuggire quelle politiche – discrezionali, umane e difficili se non impossibili – nell’interesse della fluidità e speditezza del processo decisionale, ovunque ci conduca. Ancora però assai buffamente si percepisce l’esigenza di una farisea foglia di fico, un alibi malleabile che cambi a seconda dell’occasione, sempre in pendant con l’outfit del giorno: oggi è perché bisogna “fare presto” (la famigerata tachicrazia), domani perché l’argomento è troppo “difficile” per la politica, che è troppo stupida, dopodomani semplicemente perché questa (temporaneamente, si capisce) è impresentabile.
Ci scusiamo per la democrazia – L’interruzione sarà ripresa il più presto possibile
Giusto o sbagliato, ragionevole o irragionevole che sia il compromesso a cui si è pervenuti, rimane innegabile come il nostro presente rechi sulla fronte il numero della bestia di questo sinistro new deal come nessun’altra era fino ad oggi. Siamo totalmente dentro a quella che Evola chiamava la demonia dell’economia, lo strapotere del principio quantitativo su quello gerarchico e qualitativo, il predominio dei calcoli economici applicati a livello generalizzato e globale e per automatismo, non più strumentali alla risoluzione dei problemi del focolare domestico di questo o quello stato. È il primato dei mezzi sui fini, il sultanato della tecnica slegata da ogni vincolo. Ma questa tanto strombazzata economia no border, senza più l’ancoraggio di un oikos – casa, con il suo perimetro ad abbracciare un nucleo di comune di coesione ancorato a un mito fondatore – è un cavallo impazzito che corre nel buio della notte più nera, pura ideologia sbrigliata da ogni controllo. Ecco così avanti a noi l’ultimo Leviatano che ci tocca in sorte, e non si da nemmeno più pena a nascondere il suo piede caprino: è una forza soverchia e travolgente almeno quanto il peggior totalitarismo, forse anche ben più minacciosa, perché in veste di nuovo spirito del mondo ha avuto l’astuzia di farsi endemica, permeando ogni cosa e rendendosi inafferrabile pure se in bella vista.