I paesi scandinavi per le loro caratteristiche geopolitiche rappresentano un interessante e valido esempio di cosa si possa fare per l’ambiente. In Svezia il consumo di energia derivante dal petrolio è diminuito del 70% negli ultimi trent’anni e gli investimenti in fonti alternative di biocarburanti di produzione locale intendono portare il paese ad una totale indipendenza da fonti non rinnovabili per il 2030. Numerosi sono gli incentivi messi in atto, anche per limitare il consumo di energia nucleare, comunque presente sul territorio. Tra gli altri lo sviluppo di una rete di riscaldamento urbano per il recupero del calore proveniente dalle industrie e dallo smaltimento dei rifiuti. Nelle grandi città sono previsti parcheggi e pedaggi gratis per i veicoli “verdi”, mentre da noi niente incentivi ma solo divieti. In Norvegia la principale risorsa energetica è idroelettrica. I molti ghiacciai ad altezze modeste e i numerosissimi corsi d’acqua da ripide pendenze permettono questa scelta.
La Norvegia è anche detta “l’emirato d’Europa” per il proliferare di piattaforme per l’estrazione di petrolio nel proprio mare. Nonostante sia quindi ricchissimo di greggio, il paese dei fiordi per scelta politica non ha raffinerie sul proprio territorio e tutti gli introiti dalla vendita del combustibile sono riversati in investimenti nel sociale. Sorprendentemente la benzina costa solo qualche centesimo meno della nostra, mentre altissimo è il prezzo dell’alcol e delle sigarette. Con i proventi determinati da queste scelte il governo norvegese finanzia la politica del decentramento, mantenendo la sopravvivenza di piccoli villaggi lungo i fiordi. Tali villaggi costituiti anche da due, undici, cinquanta abitanti, ricevono sussidi dallo Stato e conservano la secolare organizzazione territoriale norvegese. La Norvegia mantiene così il più alto tasso di natalità d’Europa e la minore densità di popolazione. D’altra parte le fattorie possono produrre solo erba da foraggio per gli animali, coltivazioni di mele e vantare diritti sulla pesca del salmone se vicine ad un corso d’acqua. L’istruzione è garantita per tutti e lo Stato paga anche gli studi universitari con prestiti trentennali ad interesse zero. Una volta laureato il giovane norvegese considera un punto d’onore il rimborso del debito, senza che lo Stato mobiliti agenzie delle entrate per riscuotere il prestito. Qualora il prestito non venisse onorato non succede niente.
La Finlandia, un immenso territorio di boschi e laghi, ne sono stati censiti 180.000, punta invece sul nucleare con molte centrali ai confini. Tale scelta è determinata dalla necessità di essere totalmente indipendente dal punto di vista energetico dalla vicina Russia e dal preservare il proprio patrimonio boschivo. I finlandesi furono gli unici nella seconda guerra mondiale a resistere agli attacchi dell’esercito sovietico. La scelta nucleare è accettata anche dai politici verdi, presenti nell’attuale governo di coalizione destra-sinistra con i centristi all’opposizione. Ve lo vedete un Casini all’opposizione da solo in Italia? In Finlandia succede.
I verdi, volenti o nolenti, hanno accettato la creazione di una nuova, costosissima centrale nucleare. Anche in Finlandia l’istruzione è gratuita fino all’università, perfino per i residenti senza cittadinanza, cosa non ben vista da tutti. Includendo nella Scandinavia anche la prospicente Danimarca ne ricaviamo alcuni dati interessanti. La conformazione del più esteso paese mitteleuropeo, con il trucco dell’aggiunta della Groenlandia, è rappresentata da un territorio assolutamente pianeggiante e molto ventoso. La scelta dell’energia eolica è così stata decisiva e vincente. Anche al largo del porto di Copenhagen si trovano numerose pale eoliche che punteggiano un po’ tutto il territorio. Nella capitale danese l’uso dell’automobile è centellinato e trovare un ingorgo da traffico è pressoché impossibile. I cittadini si spostano sui mezzi pubblici ma quel che colpisce è la diffusione della bicicletta. Sono trentacinquemila i pendolari che ogni giorno raggiungono pedalando il posto di lavoro in città, in ogni stagione. Le ciclabili sono diffuse capillarmente ed i posteggi organizzati per bici sono ovunque. Non si vedono scheletri di bicicletta abbandonati attaccati a qualche lampione come nelle nostre città. Anche i ciclisti danesi usano catene antifurto ma poi nessuno ruba niente.
In Italia si parla tanto di estendere la rete delle ciclabili in città ma oltre a fare poco o niente, le amministrazioni comunali non comprendono cosa veramente serva al ciclista. In una città come Milano, per esempio, al ciclista interessa sapere di poter avere un parcheggio per la propria bici a destinazione e di poterla poi ritrovare per il ritorno a casa. Ancora oggi molti condomìni non permettono il posteggio della bicicletta nei cortili o non destinano spazi appositi. Se all’uscita dal lavoro un ciclista non trova più la propria bici sa che il sabato successivo con ogni probabilità sarà in vendita al mercato di Sinigaglia. Basterebbe vietare la vendite di bici usate nei mercati milanesi per incentivare l’uso del ciclo a Milano. Parlarne con il sindaco Pisapia è però tempo sprecato.
Da questa breve disamina si desume che in questi paesi la politica energetica è dettata da scelte chiare e conformi alle caratteristiche geofisiche di ogni paese. Non ci sono preclusioni ideologiche se non quelle volte alla salvaguardia dell’ambiente. I cittadini sanno a cosa sono destinati i proventi derivati dal surplus di energia, niente finisce nel mare magnum della spesa pubblica. In Italia la politica energetica è a macchia di leopardo, esiste una totale dipendenza da paesi esteri, con i quali guarda caso in questo momento i rapporti non sono idilliaci. Viviamo ogni giorno sperando che nessuno ci stacchi la spina.
Intanto compriamoci delle candele.