Caro Mimmo, Quando militavamo nel M.S.I. ed eravamo accusati di essere dei “nostalgici”, sentivo l’accusa come una calunnia, perché facevo parte di un gruppo umano, del quale facevi parte pure tu, che guardava essenzialmente al futuro. Molti di noi sacrificarono gioventù, studi e professione per combattere contro la Prima Repubblica in attesa della Seconda. Poi è venuta la Seconda, e allora sono diventato nostalgico di quella Prima che avevo in tutti i modi avversato. Era la nostalgia dei nostri vent’anni? Forse. Ma soprattutto era la nostalgia di un clima politico che si era totalmente perduto.
Ricordo che tu ci spronavi affermando che occorreva “ tenere alta la tensione politica e morale nonostante la vischiosità dei processi, i rallentamenti dell’iniziativa determinati anche dall’esigenza di gestire il difficilissimo presente”. Devo darti atto: tu hai tentato di dare un determinante contributo a tener alta la tensione politica e morale attraverso quella fucina d’idee, di progetti, di dibattiti, di polemiche che è stata “Ideazione”, la rivista che chiamò attorno a sé le migliori intelligenze del paese, che poi si dispersero con la sua chiusura.
Siamo stati travolti, confessiamolo, dal Partito Azienda, dagli interessi personali che prevalevano sull’interesse generale, e, vogliamo dirla tutta? non solo dall’assoluta mancanza di tensione politica e morale, ma dalla totale assenza di politica e di morale. L’intelligenza, la cultura, l’acume politico che ti ho sempre riconosciuto, scaturiva certamente dalla frequentazione e dal legame con il migliore uomo politico della Destra del dopoguerra, Ernesto De Marzio, attorno al quale siamo cresciuti.
Certo, oggi sono nostalgico di quei momenti, di quella politica, di quelle battaglie, di quel clima. Viviamo, oggi, nel deserto. Oggi, con la tua mancanza, ancora più deserto.
Sto accarezzando il tuo ultimo libro, che porta la dedica “ A Enrico con vecchia e cara amicizia”.
Ciao, Mimmo, vecchio e caro amico