Forse è già arrivato il momento di fare una breve riflessione sulle reali ragioni che hanno portato allo spacchettamento culturale che ha sgonfiato e sta sgonfiando la politica milanese.
Non è naturalmente necessario scomodare il solito esperto politologo che alla fine ne azzecca una su dieci ma è sufficiente una lucida osservazione dei fatti priva di condizionamenti interessati. A nessuno potrà quindi sfuggire come la banalità delle rimasticature di strabismi ideologici pure scombussolati da infezioni pseudo-insurrezionaliste si sia infiltrata nell’amministrazione pubblica con la venuta di Pisapia e compagni.
Di fatto al termine di quel quinquennio la città non ha ereditato altro che un brodino culturale dove le parole avevano finito per marciare per un uso eccessivo oltre ad una voragine contabile nelle casse comunali.
Per farla breve si era dato vita ad una pluralità di significati indeterminati tali da produrre l’attuale debolezza politico istituzionale che ha poi creato un vuoto incolmabile tra necessità ed interessi di parte. A farne le spese sono state le classi sociali meno abbienti spremute da un rapace sistema di tassazioni sostanzialmente cieco difronte alla profonda crisi economica che tocca soprattutto le aree periferiche della città.
Le motivazioni che hanno trascinato la sinistra verso questo strabismo complicato da vistose crepe morali le troviamo nella mutazione genetica della sua intera classe dirigente appartenente ora nel suo complesso ad una borghesia fortemente corporativa, elitaria e selettiva lontana anni luce dalle categorie sociali più modeste o non inserite nel giro magico, a cui viene graziosamente concesso di partecipare con il ruolo obbligatorio di portatori di voti.
L’ex Sindaco Pisapia vantava entrate tra gli 800/900 mila euro l’anno perlomeno quelle dichiarate, ora è arrivato il Beppe Sala, manager strapagato prima in Pirelli, poi a Telekom infine ad Expo, un uomo che per tutta la sua vita ha giocato al rialzo delle sue quotazioni senza essere mai stato sfiorato nemmeno per sbaglio da possibili suggestioni politiche al punto di confessare di aver votato sempre a casaccio o di essersi astenuto.
Selezionato dalla sinistra per una sofisticata operazione di marketing ha da subito dimostrato il suo senso civico mentendo spudoratamente nella presentazione dei redditi su proprietà immobiliari ed azioni di società estere. Una sconfortante presentazione da Sindaco senza contare i misteri che ancora avvolgono il suo operato in Expo.
Naturalmente una volta eletto è stata sua premura contornarsi di collaboratori appartenenti alla confraternita fino a cucire su misura un Assessorato alla trasformazione digitale alla manager di Microsoft Roberta Cocco.
La Dottoressa Cocco ha da subito impressionato per le sue assenze in aula consiliare e per aver giocato a nascondino con la sua dichiarazione dei redditi da cui alla fine sono emersi emolumenti per € 250 mila l’anno, in patrimonio immobiliare di tutto rispetto ed un bonus in azioni Microsoft da 3 milioni e mezzo. Microsoft è partner ufficiale del Comune di Milano! Se questo non è un conflitto d’interessi allora il conflitto d’interessi che cos’è?
Tornando dunque al cuore della nostra riflessione appare inequivocabile che questo tipo di persone non siano in grado di comprendere le difficoltà del vivere quotidiano non le possono capire perché vivono nella sfera di cristallo di un surrogato di società chiusa in se stessa tesa unicamente a favorire gli interessi di una casta, progressista nei termini ma nei fatti conservatrice di privilegi e posizioni maturate nel tempo.
In soldoni proprio quelli che vagheggiavano la fine dello stato borghese ora sono più borghesi dei borghesi con l’aggravante di un distacco presunto dalle vere necessità della gente.
In fondo per la sinistra si tratta sempre e solo di una questione di affari!